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CategoriaFilm da vedere

Robottoni belli, belli, belli in modo assurdo: Pacific Rim – La Rivolta. La recensione

Il film di Steven S. DeKnight è chiaro, fila via leggero con un bel ritmo, ci sono i robottoni che prendono a botte i mostri, che sculacciano altri robottoni, che usano la frusta nella peggiore tradizione sadomaso per infliggere dolore a robottoni o kaiju in egual misura. Però come hanno insegnato Derek Zoolander e il suo amico Guillermone del Toro Mazzanti Vien dalla Forma del Mare nella vita non si può essere solo robottoni robottoni robottoni in modo assurdo. Purtroppo nella vita capita uno Scott Eastwood.

Ready Player One: recensione. La magia di Spielberg, nerdgasmico ma senza stupore

Il gioco di Steven Spielberg è il cinema e con la trasposizione di Ready Player One trasforma in realtà il sogno di ogni nerd, geek e cinefilo: giocare con i film e con i personaggi di celluloide e dell’universo videoludico come fa un bambino chiuso nella sua stanzetta. Se siete Steven Spielberg non giocherete a “fare finta” che un qualsiasi robottino sia Jeeg Robot o che una scatola si possa trasformare nel Millenium Falcon, non riprodurrete con la bocca le esplosioni o non canticchierete la sigla del cartone animato preferito. Se siete Steven Spielberg comprerete tutti i giocattoli che servono; il che, tradotto, significa acquisire i diritti per riprodurre questo o quello, entrare nel tal film o nel tal altro e rigirarlo come fosse un videogioco. “Proprietà intellettuale, tu m’hai provocato e io me te magno”. 

Red Sparrow: I miei tre minuti con Jennifer Lawrence – recensione

Remake di Nikita, il film di Vedova Nera che tutti vorremmo vedere ma non lo gireranno mai, ispirato agli Americans Matthew Rhys e Keri Russell, Red Sparrow è pensato in verità più con l’aplomb de La Talpa con le tette piuttosto che con la verve e l’effervescenza fluo di Atomica Bionda di cui può aspirare a essere il prequel. 

Interessante il cast: Jennifer Lawrence, Matthias Schoenaerts, Joel Edgerton, Charlotte Rampling, Jeremy Irons, Joely Richardson, Ciaran Hinds.

Il Filo Nascosto – recensione

Uno straordinario vestito cucito da un sarto sontuoso. Il Filo Nascosto di Paul Thomas Anderson e, apparentemente, ultima interpretazione in carriera di Daniel Day-Lewis narra la storia dello stilista Reynolds Woodcock, i problemi a consumare una colazione tranquillo e i due rapporti sentimentali disfunzionali che ne caratterizzano l’esistenza: con la sorella (e socia in affari) Cyril e la goffa cameriera Alma. 

Chiamami col tuo nome: recensione – Vivere, trombare, mangiare come se non ci fosse un domani

Siamo nell’estate del 1983, lo studente universitario Oliver (Armie Hammer) è ospite nella casa di campagna del professore Perlman (Michael Stuhlbarg) per trascorrere le vacanze. Qui conosce il figlio del professore, Elio (Timothee Chalamet), ragazzo schivo, già notevole pianista malgrado abbia appena 17 anni. All’inizio tra i due c’è attrito, la rudezza yankee di Oliver mal si incontra con l’educata timidezza di Elio, ma si capisce subito che si tratta di tensione sessuale. Rincorrendosi tra sottintesi, passeggiate in bicicletta, bagni negli stagni, tra i due nasce qualcosa. 

The Post: recensione – La donna e la difesa della democrazia

The Post di Steven Spielberg inizia con uno schermo nero che, poi, apre sulla giungla vietnamita, nel 1965, tra i soldati americani che si preparano a una missione. Si dipingono il volto per mimetizzarsi, con loro, in qualità di osservatore, c’è Daniel Ellsberg, uomo del Pentagono che riferirà all’amministrazione governativa la situazione sul campo; poco dopo lui e gli altri cadono in una imboscata dei vietkong. È qui che inizia la storia dei Pentagon Papers ovvero il rapporto commissionato dall’allora segretario alla Difesa di Kennedy prima e di Johnson dopo, Robert McNamara sull’impegno americano nel Sud-Est asiatico, documenti che, giunti in possesso del New York Times e del Washington Post sei anni dopo, rivelarono le menzogne del governo USA circa il reale stato della situazione della guerra, sostenendo pubblicamente la vittoria, ma sapendo che non sarebbero mai riusciti ad avere la meglio. 

Made in Italy: recensione. Un film di Ligabue da un’idea di Stefano Accorsi

Il rocker emiliano porta sul grande schermo le storie semplici che, da sempre, costituiscono la spina dorsale della sua musica. Luciano Ligabue le ha definite “persone perbene, che hanno problemi e li risolvono”. È così Made in Italy: brave persone affrontano i problemi comuni di tutti i giorni – le corna, gli stronzi sul lavoro, gli stronzi in discoteca, gli stronzi in macchina – però che depressione e che noia, sembra di trovarsi a sfogliare l’album fotografico di una luna di miele in Italia ad agosto, o guardare un film sentimentale commuovendosi come un vecchio davanti a un lavori in corso, mai uno scatto o una sorpresa, una serpentina alla Messi, solo buon senso, solo corsa alla Lele Oriali. 

Ella&John e l’Alzheimer della vicina di posto

Ella&John di Paolo Virzì è la storia di Ella e John, anziana coppia sposata con due figli e due nipotini che sparisce da un giorno all’altro per partire in vacanza con il camper e intraprendere un viaggio della memoria lungo la Route 01; stavolta, la meta è diversa dalla solita: la casa di Ernest Hemingway, scrittore di cui John è grande conoscitore e ammiratore. La sceneggiatura è l’adattamento del romanzo di Michael Zadoorian In viaggio contromano (The Leisure Seeker).

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri: recensione, cast, trama

L’anteprima di Tre manifesti a Ebbing, Missouri è talmente un evento che c’è Nainggolan che gira un video e bestemmia. E il calciatore belga sarebbe stato perfettamente a suo agio nel film di Martin McDonagh dove, nei panni dello sceriffo, c’è Woody “Faccia da Matto” Harrelson che solitamente è sul punto di massacrare qualcuno a manganellate

Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott: recensione, cast, trama, riscatto

Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott è la storia del rapimento di John Paul Getty III (interpretato da Charlie Plummer), avvenuto a Roma nel 1973, nipote dell’uomo più ricco del mondo, Jean Paul Getty, in principio con il volto (pesantemente truccato) di Spacey, ma poi sostituito da un altro premio Oscar, Christopher Plummer, convocato da Mister Ridley Scott a poche settimane dall’inizio della stagio… scusate dall’uscita in sala per rigirare le scene di Spacey, restando nel personaggio del suo precedente lavoro, lo Scrooge che ha interpretato in Dickens. Sapete… Dickens, in cui uno precedentemente conosciuto per aver nascosto la faccia per 120 minuti sotto chili di peli della Bestia ne La Bella e la Bestia interpreta uno scrittore in crisi di ispirazione. “Chi è quell’attore?”. -“La Bestia”. -“Sì ho capito che è grosso ma chi cazzo è?”. Più o meno così, ma ho divagato. 

The Greatest Showman: ballo, ballo, ballo da capogiro

Fin dal primo numero musicale The Greatest Showman promette lo “show più grande” e mantiene la promessa, una roba che Fantastico 3 con Gigi Sabani, Renato Zero e Raffaella Carrà che canta “pazza, pazza, pazza su una terrazza” era una fiera paesana. Prego, Enzo Trapani, mandi il contributo. In effetti, The Greatest Showman è uno “spettacolo spettacolare”. Colori, suoni, scenografie e costumi, soprattutto canzoni che rimangono in testa ben oltre la fine dello spettacolo, scritte dai nuovi fenomeni di Broadway (e di Hollywood) Benj Pasek e Justin Paul che nel 2017 hanno vinto l’Oscar e il Golden Globe per City Of Stars di La La Land e il Tony Awards per il Miglior Musical per Dear Evan Hansen e con This is Me hanno vinto il Golden Globe anche per questo film. 

Come un gatto in tangenziale: i fondi europei ce li ha sputtanati Antonio Albanese

La trama è piuttosto semplice: la tredicenne Agnese si innamora del quattordicenne Alessio. Tra di loro un abisso: la ragazzina è impaccata di soldi, il papà Giovanni lavora in un think tank che promuove la riqualificazione delle periferie e l’integrazione tra le diverse culture, mamma Luce è una creatrice di essenze e coltiva lavanda in Francia, parla francese ma è nata a Milano, a Porta Romana. Giovanni e Luce hanno cresciuto Agnese secondo i principi dell’uguaglianza sociale, ma quando la ragazzina inizia a frequentare Bastogi, periferia degradata e degradante di Roma, la casa di Alessio, sua madre Monica, le zie cleptomani Pamela e Sue Ellen (sì, come i personaggi di Dallas) e il padre ar gabbio (Claudio Amendola francamente superfluo) – o come dicono a Bastogi, “in vacanza” – tutti i loro valori entrano in crisi. 

Coco: recensione del film de zombi della Pixar

In Coco funziona il coloratissimo aldilà e il recupero di alcuni trucchi e movimenti di macchina tipici dei vecchi film anni Trenta, alcune trovate degne di Miyazaki come il cane Dante che fa da guida a Miguel e la tigre volante spirito guida della bis-bis nonna. Spiritualità, magia, vecchie emozioni, Coco consente a Disney-Pixar di ampliare l’universo, non solo etnico, che da due decenni tenta di edificare