Robottoni belli, belli, belli in modo assurdo: Pacific Rim – La Rivolta. La recensione
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Vorrei scrivere una cosa e vorrei scriverla forte e chiara. Se mi chiedete come è Pacific Rim – La Rivolta io vi rispondo che mi sono divertito tantissimo e che mi ha lasciato di buonumore per due giorni e anche ora se ci penso ho un leggero irrigidimento nella zona basso-inguinale. Jaeger vs Kaiju, quasi un Roma-Juventus.
Il film di Steven S. DeKnight è chiaro, fila via leggero con un bel ritmo, ci sono i robottoni che prendono a botte i mostri, che sculacciano altri robottoni, che usano la frusta nella peggiore tradizione sadomaso per infliggere dolore a robottoni o kaiju in egual misura. Però come hanno insegnato Derek Zoolander e il suo amico Guillermone del Toro Mazzanti Vien dalla Forma del Mare nella vita non si può essere solo robottoni robottoni robottoni in modo assurdo. Purtroppo nella vita capita uno Scott Eastwood. Sono cose brutte, più che altro, cose inespressive. Io già non mi spiegavo come, qualche anno fa, a qualcuno fosse venuto in mente di metterlo tra i giovani più interessanti di Hollywood visto che io, malgrado i sacri lombi da cui è stato generato, non lo vorrei manco in una fiscion. Scott Eastwood ti fa scattare la violenza, ogni volta che è sullo schermo ti fa venire voglia di menarlo o portarlo ai gonfiabili per farlo saltare mentre i grandi stanno al telefono e si occupano di cose serie. Ti viene voglia che un Gipsy Avenger e un Kaiju grosso come l’Antartide gli rompano le ossa.

E se proprio vogliamo dirla tutta Pacific Rim – La Rivolta non è che sia recitato proprio benissimo, tutto il cast dei comprimari sembra essere arrivato sul set il giorno prima senza avere la benché minima idea del cosa stesse facendo, mentre i cinesi sembravano sbarcati da un torpendone chiedendo dove fosse la Sirenetta, mancavano loro solamente le macchine fotografiche. Si salva John Boyega che dopo Star Wars – Gli Ultimi Jedi ha visto il baratro da vicino, l’oscurità gli ha restituito lo sguardo e lui ne è uscito tutto sommato bene (a proposito anche quella oscurità come la luce di Pacific Rim è stata fotografata da Dan Mindel, vorrà pur dire qualcosa).
Detto ciò, reduce dal successo televisivo di Daredevil, Steven S. DeKnight consegna un lavoro abbastanza standard su due eroi reticenti, costretti a lavorare insieme e a salvare il mondo, a fare un comizio per motivare le truppe, a battersi prima contro un robottone misterioso che fa un casino e scatena tutti gli eventi successivi ma che poi nessuno si sforza di spiegare chi cazzo fosse e soprattutto chi cazzo lo guidasse. Insomma, per muoversi in tanti passaggi così riconoscibili, la sceneggiatura calpesta una serie di già sentito che ci potremmo saldare il pacific rim. Se poi questa serie di passaggi così rimasticati li metti in bocca a mento di ferro Scotteastwood il risultato sembra recitato da un T1000.
Se c’è una cosa che un po’ mi è mancata è la boraggine del primo film: niente petroliere usate come mazze da baseball per prendere a botte i kaiju, ma scazzottate, botte, grandi scene d’azione tutte alla luce del giorno perché a DeKnight mancherà anche un po’ di originalità deltoriana ma lui non si fa parlare dietro e se deve fare qualcosa la fa coi controcazzi. I robottoni li vediamo belli, chiari, cristallini, jaeger alla luce del giorno o sotto la neve, niente pioggia o notte per mascherare il budget limitato. Non solo, DeKnight ci ha sparato un bel rapporto d’aspetto 2.40:1 girato con lenti anamorfiche. Curando la forma ha pensato di miscelare la chiarezza del formato Marvel/Avengers con qualcosa dei Transformers grazie alle battaglie tra robot agilissimi, sempre meglio copiare da quelli bravi che a far di testa propria spesso si sbaglia e si fa la fine di Chris Miller e Phil Lord. A proposito, la logica conseguenza è che Pacific Rim si appresta a diventare una saga e già tutti stanno a nascondere le erezioni sotto il cappotto pensando al terzo film di cui c’è un’anticipazione nella scena durante i titoli di coda (cosa avevamo detto? Avengers?). Vorrei scrivere tante altre cose su Gundam, i cinesi, Mako Mori (Rinko Kikuchi) un po’ sprecata, Charlie Day e l’assenza di Charlie Hunnam (anche se DeKnight ha quasi promesso che tornerà) ma il tempo a nostra disposizione è finito.
La frase
Non me ne starò qui ad aspettare che qualcuno mi salvi il culo.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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