Beata Ignoranza di Massimiliano Bruno
Beata Ignoranza quando se sta bene de mente, de corpo e de panza. A me che sono bestia, il titolo del nuovo film di Massimiliano Bruno ha ricordato la mitica frase di Don Buro in Vacanze in America. Il film con Alessandro Gassmann, Marco Giallini, Valeria Bilello (ha sempre il suo perché) e Carolina Crescentini (le occhiaie più belle del mondo) racconta la storia di Ernesto, professore di italiano refrattario a qualsiasi tipo di tecnologia che si ritrova come collega Filippo ex amico da cui lo ha separato l’amore di una donna (la Crescentini, te credo, ucciderei per la Crescentini) e che invece è perennemente in chat, nei social network, twitta, posta, condivide, “laika”. In un litigio di fronte agli alunni e ripreso e illuminato dai telefonini dei loro scolari, i due si lanciano in una scommessa: Ernesto dovrà imparare a usare la Rete e i social, Filippo dovrà disintossicarsi dall’abuso di smartphone. Aggiunge pepe la giovane Nina, figlia di Ernesto che decide di girare sui due un documentario.
Massimiliano Bruno vuole raccontare molte cose nel suo Beata Ignoranza: l’ossessione per la tecnologia (troppa e senza alcun tipo di preparazione), la famiglia sempre più fragile e accerchiata (Filippo rifiuta la sua paternità a favore degli agi di una vita da cane sciolto, ma anche Ernesto rifiuta sua figlia per orgoglio), la scuola incapace di trovare risposte ed essere essa stessa baluardo culturale contro ogni estremismo dell’abbrutimento tecnologico.
Proprio in questo suo afflato ad abbracciare una realtà complessa e che cambia, forse Bruno esagera, il film si sfilaccia, le sue braccia non riescono ad abbracciare tutto con la stessa forza e alcune sezioni non funzionano – penso al rapporto padre-figlia veramente da fiction, con emozioni un tanto al chilo. Giallini-Gassmann salvano tutto con il mestiere e la loro chimica. Per il resto… Beata ignoranza!
** Ragazzi, state commettendo un grosso sbaglio.
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