T2 – Trainspotting 2 di Danny Boyle: non è tempo per tossici
Prima di andare a vedere T2-Trainspotting 2 ero perseguitato da una terribile sensazione che aveva nome, cognome, indirizzo e titolo ben precisi: Wall Street 2, un altro classico del passato (gli anni Ottanta) resuscitato a uso bancomat senza avere veramente niente da dire se non il pin.
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Il seguito del seminale Trainspotting del 1996 (fa davvero fico scrivere la parola “seminale”, lo ha detto un big della critica cinematografara alla Masterclass di Danny Boyle al Maxxi di Roma) ci restituisce i personaggi 20 anni nel futuro rispetto a quando li avevamo lasciati, ad affrontare i fantasmi del passato, ma soprattutto quelli degli anni a venire, mettendo da parte Porno, il seguito letterario di Trainspotting firmato Irvine Welsh, per cercare una strada propria che celebrasse la delusione del presente e la paura del futuro. Ce ne era bisogno? Il box office pronuncerà la sua amara verità, quel che può restare a noi morti di fame che abbiamo nella mente quel cinetico pezzo di cinema del 1996 narrazione di un mondo che viveva oltre i limiti di velocità è rimpianto e rammarico nei confronti del tempo che passa e che cambia e che distrugge.
E anche Boyle deve provare del rammarico, costretto a piegarsi a esigenze finanziarie e a recuperare tagli e ritagli del vecchio film per riportare in vita l’antica passione; ormai non è più l’età per droghe leggere o pesanti, tanto meno di corse a perdifiato per la Edimburgo della gioventù: mostrarcela sullo schermo non riuscirà certo ad avere l’effetto di una iniezione di adrenalina nel petto di Trainspotting 2. Il rischio è di morire correndo su un tapis roulant come il nostro caro Renton che, dopo aver avuto un infarto in palestra, causa decesso della madre torna dall’Olanda dove era in esilio e ritrova gli amici che aveva fregato 20 anni prima quasi congelati nella loro vite insensate.
(SPOILER) Dopo quasi due ore di film, qualcosa sembra muoversi: chi troverà la catarsi nella parola scritta (Spud, trasformato nel narratore delle storie dei quattro ragazzi), chi nella forza di guardare negli occhi il figlio e intravedere quel futuro che a lui è sfuggito, altri ancora ritornano nella stanzetta tappezzata con i disegni dei treni di quando erano fanciulli sciogliendosi in un abbraccio paterno.
Ewan McGregor (Renton), Jonny Lee Miller (Sickboy), Robert Carlyle (Begbie), Ewen Bremner (Spud) e Kelly Macdonald (Diane, in un parte davvero sacrificata e misera per il suo talento) si ritrovano di fronte alla cinepresa di Danny Boyle tra vecchie impressioni del passato e coazioni a ripetere vecchi incubi e devastanti vizi dentro un mondo irrimediabilmente cambiato tra telecamere di sicurezza, social network, denaro elettronico e buffi scherzi del passato come i nostalgici delle guerre religiose del 1690 che non si rassegnano a scomparire e sognano un mondo più semplice, ma anche loro sono una burletta, un fantasma, una vecchia macchina che cammina a singhiozzo, un orologio rotto che casualmente segna l’ora giusta.
Alla fine, qual è la risposta di Danny Boy(le) al mondo che cambia e macina le anime? Choose disappointment, “Scegliete la delusione” rievocando la frase magica del primo film (tra l’altro non manca il monologo di Renton aggiornato al 2016). Anche per Trainspotting 2 non resta che la delusione tra virtuosismi che cercano un’energia che non c’è più dissipata tra troppa caffeina e troppi vizi, discorsi consunti su un divano logoro, beffe, sberleffi e la critica alla cara vecchia Inghilterra di Blair trasfigurata nella generica amarezza verso un presente che non c’è, come visto a pixel troppo grossi attraverso le telecamere di sicurezza di città troppo controllate.
** Ragazzi, state commettendo un grosso sbaglio.
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