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Tom à la ferme di Xavier Dolan: recensione, trama, migliori frasi e battute

tom a la ferme xavier dolanC’è una scena che corre via veloce in Tom à la ferme, è un istante, uno scatto. Il nostro eroe sta fuggendo dal suo carceriere, camminando lungo una strada nella sterminata e semivuota campagna francese che sembra abitata solo da mucche, galline, grilli e zanzare. Lo vediamo per un secondo o meno dal finestrino di una automobile che sfreccia in senso contrario al suo. Tom (Xavier Dolan) è una macchia che trascina un trolley su uno sfondo indistinto di luci e sterpaglie. In quell’automobile ci siamo noi, vediamo con la coda dell’occhio il protagonista, passando casualmente sulla strada, magari dentro un suv, protetti, al sicuro nelle nostre vite normali e normalizzate, piatte, il lavoro, i figli a scuola, correre-correre dalle prime luci della mattina quando gli odori della moka del vicino ti entrano in casa e sei colpito dai ricordi dei passi leggeri di tua madre quando dovevi andare a scuola ma oggi invece è solo correre-correre fino a dimenticare di vivere, per tornare a casa quando è buio sbattuti e incazzati nella nostra automobile, forse un suv, e mentre passiamo c’è lui, nemmeno lo vediamo, lui, Tom, che fugge dal suo carceriere, che scappa da un rapporto malato, in cui la paura è il minimo comun denominatore di tutti i coinvolti, la paura di essere inadeguati, la paura di essere incapaci di amare, la paura di essere incapaci di comprendere, la paura di essere di non essere “normali”.

È un flash di realtà dentro 105 minuti in cui siamo stati trascinati, più o meno casualmente, in un dramma d’amore, di gelosia, di violenza, di paure represse e mai raccontate.

Tom ha perso il compagno, Guillaume, suicidatosi. Sua è la lettera di addio vergata su un tovagliolo con il pennarello blu che vediamo a inizio film e di lui avremo sono reminiscenze, odori, foto e piccoli ricordi, un flashback. Tom raggiunge il paesino natale di Guillaume per il funerale e fare visita alla famiglia. Non sa che ha nascosto la sua omosessualità in tutti questi anni. Il fratello di Guillaume, Francis (Pierre-Yves Cardinal, visto anche in Mommy di Dolan e in Polytechnique di Villeneuve), è determinato a mantenere la madre all’oscuro. Qui inizia la prigionia di Tom: trattenuto con la forza alla fattoria, dovrà mungere le vacche, far nascere vitelli, pulire la stalla, fango e merda, morte e pioggia.

A modo suo, anche Francis è prigioniero: dei suoi preconcetti, dell’amore della madre che non vuole abbandonare in una casa di riposo, la continua ad accudire e instaura con Tom un rapporto di amore-odio, botte e carezze. Francis dice a Tom le classiche cose che dicono i pazzi che picchiano le proprie compagne ma urlano che non possono fare a meno di loro, che le amano. Come nelle storie di violenza e disperazione che purtroppo quotidianamente leggiamo sui giornali. Durante la prigionia, Tom riesce a raggiungere telefonicamente un’amica, Sarah, con la scusa di reggere il gioco circa l’eterosessualità di Guillaume nei confronti della madre e fingere di esserne la ragazza. Sarah tenta di convincere Tom a fuggire, ma il ragazzo rifiuta, schiavo di quel legame, della paura, di un tango ballato in un granaio, della precedente fuga attraverso un campo di mais finita male, con le botte.

Tratta da una pièce teatrale, Tom à la ferme è una storia di violenza domestica, di una sorta di sindrome di Stoccolma, in cui una ragazzo che pensa di non meritare altro diventa vittima e schiavo della violenza di qualcuno che fatichiamo a chiamare uomo. Nel raccontare tutto ciò, Xavier Dolan è complice, nella cattiveria sembra nascondere erotismo, nell’essere carnefice, amore, ma è proprio per questo motivo che Tom à la ferme è grande cinema, grande racconto: è un distillato di classe, eleganze e semplicità, con una colonna sonora da thriller alla Hitchcock, archi inquietanti mentre noi per un attimo e con la coda dell’occhio entriamo in un universo malato, come guardare da un suv in corsa un ragazzo che trascina un trolley, va nella nostra direzione opposta e non capiremo mai il suo dolore e ignoriamo, come lui, la direzione che sta prendendo la sua vita.

Le migliori frasi

La prossima volta che cerchi di scappare senza motivo passa per il campo di soia, siamo in ottobre il mais taglia come un coltello

bianca nanni moretti pagelle stellette cinema coccinema****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.

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