Il Sol dell’Avvenire: recensione, migliori frasi e citazioni
Il Sol dell’Avvenire è il film del 2023 di Nanni Moretti con Silvio Orlando, Margherita Buy, Barbora Bobulova, un ritorno ai temi morettiani in una chiave più felliniana.
Il Sol dell’Avvenire potrebbe sembrare un ritorno al Nanni Moretti duro e puro della fine degli anni Settanta, gli Ottanta e buona metà del Novanta, ma in verità è molto più raffinato ed elegante. Nel raccontare la storia di Giovanni, regista alle prese con un film su come i militanti del Partito Comunista Italiano reagirono all’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956, Moretti rappresenta se stesso, forse in una crisi personale e di ispirazione, alle prese con una separazione, mentre sogna di girare un altro film ancora, uno con delle canzoni.
Così, il Moretti di Caro Diario, Palombella Rossa, Sogni d’oro spinge fino in fondo la metafora felliniana del cinema nel cinema e la rappresentazione del regista in crisi. Tra circhi, parate, sogni, monopattini che sostituiscono l’amata Vespa (ormai in pensione al Museo del cinema di Torino) e traffico cittadino metafora di un blocco personale ma anche via di fuga dal reale, Moretti raccoglie sogni e auto citazioni, commenti aspri al cinema di oggi, rimembranze della vita politica di ieri pur di non costringersi a fare un film come fu il dolente Tre Piani e il sofferto Mia Madre.
Il Sol dell’Avvenire è il ritorno di Moretti al cinema bello, divertente e caustico: rivediamo sullo schermo quell’asociale che abbiamo amato e in cui io, ma credo molti, si siano riconosciuti, quella voglia irrefrenabile di dire quello che passa per la testa, che sia prendersela con chi indossa i sabot o con i giovani registi che banalizzano la violenza cinematografica. Ricordate quando esclamava “ve lo meritate Alberto Sordi”?
A tratti è inquietante come, ancora una volta, Nanni Moretti percepisca vibrazioni nell’aria e immagini, eventi di cronaca grande e piccola che regolarmente si verificano. Dall’Hebemus Papam che profetizzava le dimissioni di un papa, ne Il Sol dell’Avvenire, Moretti racconta la Russia che invade un vicino (nella sua versione “imperiale” dell’Unione Sovietica), la guerra vista alla tv tra pizza e mortazza, ungheresi (o ucraini?) che scappano dalle bombe, accolti nelle case degli italiani, animali che in montagna e in città assalgono uomini e donne – e il riferimento ai cinghiali ma soprattutto agli orsi è veramente da brividi.

È un Caro diario felliniano, dentro ritroviamo il cinema di Moretti come in un sogno da raccontare a qualcuno che è sempre se stesso e, malgrado sostenga il contrario, un po’ è cambiato, incontrando di nuovo i personaggi della sua storia di artista e chissà, forse, aprire una nuova fase. A quasi settant’anni Moretti è il più giovane dei nostri registi, perché guarda al passato, vede il futuro, commuove e fa ridere contemporaneamente: è questo è il dono più grande de Il Sol dell’Avvenire.
Che dire della storia? Silvio Orlando è Ennio, giornalista de L’Unità e responsabile della sezione del PCI del Quarticciolo, sposato con Vera (Barbora Bobulova), sarta e generosa militante del partito (al “generosa” ho immaginato la desse in giro ai compagni, ma io sono una brutta persona). Su invito proprio della sezione di Ennio, nel quartiere arriva il circo ungherese Budavari, proprio nei giorni in cui i carri armati sovietici invadono l’Ungheria, scatenando in Ennio e in Vera il conflitto interiore tra fedeltà al partito e ribrezzo per questo atto di guerra per soffocare una rivoluzione.
Questo è il film che Giovanni sta girando con la moglie e produttrice Paola (Margherita Buy) e il sostegno dell’altro produttore, lo squattrinato Pierre (Mathieu Amalric). Però, come i personaggi ripetono continuamente, “tutto è diverso”: nemmeno il rito di inizio riprese, la proiezione familiare di Lola di Demy, va come deve andare, tra la figlia distratta da un nuovo amore e Paola impegnata nella produzione di un altro film, uno di quelli che piacciono oggi, sui criminali e con la violenza. E allora Giovanni comincia a deambulare pensoso nel suo set, tra le scenografie e gli scheletri delle impalcature ben visibili, nella sua casa, mentre riflette sulla voglia di fare un film sulle canzoni italiane, canta in macchina Noemi e De André, gira in monopattino a Roma attraversando il quartiere Mazzini (“In ogni mio film devo sempre girare almeno una scena nel quartiere Mazzini”) e addirittura occupa il set del giovane regista, prodotto dalla moglie, per iniziare una seduta psichiatrica collettiva sul cinema e la perdurante rappresentazione della violenza sciatta e per puro intrattenimento, mai per generare catarsi nel pubblico. Nell’intrecciarsi di privato e di pubblico, di scenografia e della sua stessa costruzione, Moretti pensa bene anche di farsi dei nuovi amici attaccando frontalmente Netflix, l’abuso di termini inglesi e l’algoritmo che vorrebbe tutto uguale: slowburner, turning point, what a fuck finiscono in una sorta di recita dei numeri al lotto e rievocano il dibattito sulla parola trend in Palombella rossa.
Passato e presente si intrecciano nella mente di Moretti ma soprattutto nel suo alter ego sullo schermo e, se ci pensiamo bene, il privato, il film sul comunismo e quello delle canzoni sono “tre piani” in completa opposizione ai precedenti: vitali, ironici, divertenti ma soprattutto divertiti, ma comunque fonte di ispirazione e di consolazione perché insieme a Moretti ci si ritrova a pensare le stesse cose, senza mai poter avere la libertà di dirle a voce alta. Nanni ti prego continua a parlare per noi, annoiati sociopatici imprigionati nel dover vivere a contatto con gli altri che sputano sentenze sul cinema, senza avere la possibilità di portare dalla nostra parte un Renzo Piano o un Corrado Augias.
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.
Ecco le migliori frasi e citazioni de Il Sol dell’avvenire.
Le migliori frasi e citazioni de Il Sol dell’avvenire
I sabot proprio no. Giovanni
Un rito deve essere sempre lo stesso altrimenti andrà tutto male. Giovanni
Io faccio un film una volta ogni cinque anni. Cosa ti costa vedere Lola una volta ogni cinque anni? E poi non va bene che faccio un film una volta ogni cinque anni qui bisogna stringere, accelerare. Giovanni
È un sopralluogo. In ogni film che faccio io devo girare almeno una scena nel quartiere Mazzini. Che dici? Ricorda un po’ la Budapest degli anni Cinquanta? Giovanni
Il tuo film è un film sovversivo. Pierre
Trent’anni insieme e 13 film insieme. Io tre divorzi e quattro famiglie. Pierre
Lui ha sempre altre preoccupazioni, con Giovanni non è mai il momento giusto. Paola
Se cambi una parola, una sola parola cambi il senso di tutto il film. Giovanni
Per quanto riguarda l’improvvisazione noi con questo film siamo all’estremo opposto di Cassavettes. Giovanni
Se il piede è coperto davanti allora deve essere coperto anche dietro, se non vedo le dita allora non devo vedere nemmeno il calcagno. Giovanni
I sabot sono come le pantofole che non sono come le scarpe, sono una visione del mondo una tragica visione del mondo. Unica eccezione che possiamo fare sull’uso delle pantofole è Aretha Franklin in The Blues Brothers. Musica! Giovanni
Il fatto è che a te la violenza proprio piace, ne sei affascinato. Giovanni
Il mio modo di guardare al mondo è illuminare il male, accecandolo. Il giovane regista
Ora chiamo Martin Scorsese e mi faccio dire come è cambiato il suo modo di raccontare la violenza da Taxi Driver a oggi. Giovanni
Non è solo una questione di coerenza. È una questione di principio. Nella vita due o tre principi bisogna averli. Giovanni
Questa violenza qui è intrattenimento, è come diresti tu adrenalina. È violenza senza peso. Giovanni
Silvio ma ti ci metti anche tu? Giovanni
Ho le statine per il colesterolo, le vitamine gli antidepressivi. La crema per il viso ce l’hai? Giovanni
Ho sempre sognato di interpretare un personaggio che si impicca. Finalmente. Silvio
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