Alien Nation: il film con cui Netflix si è sballata prima di Bright
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Quando ho raccontato la trama di Bright al mio amico (e collega) Gianluca, lui mi ha guardato con la faccia sorpresa e ha detto: «Sai cosa mi ricorda, Ste’? ‘Na cafonata anni Ottanta con James Caan che è costretto a fare coppia con un poliziotto alieno. Il film si chiama Alien Nation». Da un po’ di tempo do retta a Gianluca perché quando io recriminavo sulla cessione di Salah e Rudiger, lui mi diceva “Sta tranquillo, alla Roma ce pensa Eusebio”. Ora, ‘sta cosa di Alien Nation è arrivata un po’ a cavallo tra la goleada casalinga con il Chelsea, la vittoria nel derby e la qualificazione a spasso per gli ottavi di finale di Champions League, quindi tendevo a dare credito a Gianluca. E a Eusebio. Poi siamo stati eliminati dalla Coppa Italia e abbiamo perso a Torino e un po’ della mia fiducia nei confronti di Sor Eusebio si è incrinata, ma non verso Gianluca. E questa è tutta un’altra storia.
Insomma, dopo aver visto Bright, Alien Nation è rimasto nella mia testa e così l’ho fatto. L’ho visto. Eh sì, in effetti, molto lo accumuna a Bright. Siamo nel 1991, tre anni prima un’astronave aliena è atterrata nel deserto statunitense del Mojave e sono sbarcati circa 300mila alieni antropomorfi, che, al posto dei capelli, hanno delle voglie stile Gorbachov, posseggono una forza sovrumana che li rende simili a Hulk e adatti a tutti i lavori più faticosi. La piccola comunità aliena di inserisce nel contesto urbano di Los Angeles e capite da soli che, insomma, so’ cazzi.
Ai più attenti, ma anche ai meno, la premessa non può non ricordare District 9, ma il parallelo finisce qui. In effetti, è molto più simile a Bright : l’extraterrestre è la metafora di una difficile integrazione razziale, proprio come gli orchi nel film Netflix. E se Ayer sceglie la strada del buddy cop in un mondo dove magia, Signori Oscuri, orchi, elfi e centauri sono all’ordine del giorno, al regista di Alien Nation Graham Baker interessa poco tutto ciò che arriva da un altro mondo. Prodotto nel 1988 da Gale Anne Hurd, che nel curriculum poteva scrivere Aliens e Terminator, e alla sceneggiatura non accreditato James Cameron, Alien Nation non smette mai di essere un poliziesco anni Ottanta con qualche notizia sfiziosa sulle abitudini degli E.T., tipo sballarsi di latte acido e accoppiarsi a vita con la propria partner come i piccioni o i cattolici.
Pesantemente rimontato dopo una prima versione giudicata troppo lunga e pasticciato nel mentre, il risultato finale è un puntatone di un’ora e mezza di un telefilm poliziesco tipo Sulle strade di San Francisco o TJ Hooker, senza la voglia stupire: tutto accade nell’esatta sequenza e con le precise parole con cui lo abbiamo visto accadere centinaia di altre volte in quelle mattine in cui Italia 1 trasmetteva uno dopo l’altro telefilm e serie tv. Produttori e regista devono aver pensato “Facciamo un Arma Letale con gli alieni”, così James Caan fa il matto, è un poliziotto vecchia maniera che dialoga con i pugni, chiama le segretarie del distretto “pupa” o “Amore”, quando gli ammazzano il collega impreca “Oh Cristo”, ha un divorzio alle spalle e un rapporto difficile con la figlia, odia i diversi, ma alla fine comprenderà che anche gli alieni hanno un cuore, anzi due, e lo stesso attaccamento alla famiglia e alla comunità. Solo che si sballano con il latte acido. E non sopportano l’acqua.
Il poliziotto James Caan e il collega alieno George (il primo non umano a diventare poliziotto a Los Angeles, proprio come lo Jakoby di Bright) indagano su una misteriosa droga che potrebbe compromettere definitivamente la già complicata convivenza tra le razze. Un’indagine per smantellare un traffico di stupefacenti: non c’è nient’altro, nessun piano misterioso, nessuna invasione dallo spazio profondo. Guardi il film e pensi “ora arrivano da Alfa Centauri degli invasori extraterrestri-spaccaculi e James Caan chiama Clemenza e insieme li massacrano”. Niente. Droga. Come un Sollozzo qualsiasi. Avanguardia pura.
È talmente telefilm nell’animo (badate, non serie tv, ma telefilm) che l’anno successivo ne tirarono fuori un’intera stagione per la televisione, 22 episodi. L’ideatore era Kenneth Johnson, già dietro a robe clamorose degli anni Settanta/Ottanta come La Donna Bionica, L’Incredibile Hulk e Visitors. In seguito ne tirarono fuori anche 5 film tv. Insomma, a volersi impegnare materiale c’era.
Tra l’altro la colonna sonora non è niente male: Four Tops, Michael Bolton, Jane’s Addiction, David Bowie, Beach Boys, Smokey Robinson. Gli alieni hanno tutti nomi buffi tipo Richard Nixon, Rudyard Kipling o Sam Francisco (eh sì, la morte di un film quando fai giochi buffi coi nomi dei personaggi, Roger Ebert insegna) anche perché, ad esempio, il personaggio interpretato da Mandy Patinkin sotto chili e chili di trucco e voglio alla Gorbachov si chiamerebbe Ss’tangya T’ssorentsa. Meglio George!
Ah, dimenticavo, nel futuro alternativo del 1991, c’era già Rambo 6.
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Con che li stendi i criminali? Gli mostri i voti degli scritti?
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-E cede fino a quel punto?Impariamo ad affrontarle le cose che temiamo.
Aveva la faccia di chi caca noccioli di pesca.
Una volta l’ho visto cacciare dentro la mano e staccare a uno la spina dorsale e fargliene una collana. E non ho potuto farci niente, ero troppo impegnato a vomitare.
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