Quando in campagna ti fai due palle così: L’infanzia di un capo
Durata della lettura: 1’36’’
Subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, Prescott si trasferisce nella campagna francese insieme ai genitori. Come avrebbe detto mia nonna “se more de pizzichi” e per farlo svagare la mamma lo porta in chiesa per partecipare alla recita di Natale. Quindi, per reazione, Prescott passa il tempo a tirare i sassi ai contadini fuori dalla parrocchia. Suo padre (Liam Cunningham) prende parte alle trattative che porteranno alla firma del Trattato di Versailles in qualità di assistente del Segretario di Stato americano. Mentre la Grande Storia entra in casa sua, Prescott vive dei piccoli e insignificanti drammi familiari che segneranno quella che è L’infanzia di un capo.
Il film di Brady Corbet è ispirato letterariamente all’omonimo racconto di Sartre e al libro di Margaret MacMillan, Paris 1919: Six Months That Changed The World, e cinematograficamente debitore della “gioventù hitleriana” raccontata da Haneke ne Il nastro bianco.
Sfruttando toni horror nell’ambientazione e soprattutto nel drammatico commento musicale per sviare lo spettatore, Corbet vuole dimostrare che Prescott (Tom Sweet) non è l’incarnazione del diavolo o di Hitler, non c’è un misterioso mostro nella cantina, un assassino che si nasconde nei suoi sogni o una strega nei boschi circostanti il suo chateau: Prescott è uno stronzo viziato e, a dodici anni (anche se da una parte ho letto 7 e altrove 8), già si ritrova a desiderare le tettine della sua insegnante di francese ed ex nimphomaniac Stacy Martin (Von Trier è altra fonte del cinema di Brady Corbet), il frutto della mancata educazione di due genitori assenti.

Oppresso dall’educazione repressiva di una madre, un padre che invoca la diplomazia per risolvere i conflitti tra i popoli ma non esita a usare la violenza per piegare il figlio e le domestiche affettuose che pagheranno con la perdita del lavoro l’essere buone con il bambino, Prescott svilupperà un’ostinata volontà di ribellione e la determinazione dei propositi puntati a ottenere il riconoscimento della madre (Berenice Bejo), che lo porteranno a perdere chi con lui è stato gentile, nella sua indifferenza del resto.
Dentro una fotografia che si esalta nel ricordare gli angoli bui della Storia nascosti perfino nelle stanze scarsamente illuminate della casa di Prescott, la colonna sonora di Scott Walker marca i momenti drammatici grazie a un missaggio che ha violato gli standard Dolby per suonare più forte del solitamente consentito. Perfino Robert “Vampiro che cammina alla luce del sole” Pattinson sembra bravo in un insolito fassbenderiano doppio ruolo, Corbet lo utilizza con giudizio, conoscendo bene il mestiere essendo stato anche lui attore-pippa e aver lavorato con Michael Haneke (Funny Games), Gregg Araki (Mysterious Skin), Lars von Trier (Melancholia).
First reaction per l’ufficio stampa
«’Sto ragazzino è uno stronzo»
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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