Figli, la recensione dell’ultimo film di Mattia Torre

«Io però l’ho detto a tutti de fermasse ar primo figlio. L’ho detto a tutti sui social. Ho scritto pure un articolo sull’Espresso. L’ho gridato al quartiere! Lo sanno tutti… Ti sono vicino». Scandita con crescente passione da Stefano Fresi, questa è una delle tante citazioni di Figli che mi hanno, allo stesso tempo, colpito dritto al cuore e fatto cadere dal divano dalle risate. Un’iperbole inarrestabile che Fresi consegna con quello stile agitato ma bonario, che gli riesce alla perfezione, un po’ come la finta di Marco Delvecchio, sempre la stessa, ma ci cascavano sempre tutti, da Nesta in giù… Quando ho sentito «Ho scritto pure un articolo sull’Espresso» sono andato kappao. Saranno passati dieci minuti e Figli già mi entusiasma. Sì, perché la sceneggiatura di Mattia Torre, che per colpa del destino cinico e baro sarà l’ultima, è vera, perché dietro gli occhi di tutti gli amici che dicevano “ma dai dove se magna in tre se magna pure in quattro”, io li vedevo distrutti e devastati. La forza di Figli è nella verità che trasuda, dalle risate che suscita, dall’amara testimonianza di riflessioni che qualsiasi genitore ha fatto. Perfino nelle scene della colazione con interrogazione annessa ho ritrovato il libro di scuola di mia figlia e nel tizio vestito da pirata che riporta i recenti studi sul Neolitico, nei family park, nel pediatra guru rivivo gli incubi di qualcosa che mi/ci ha cambiato per sempre, abbattendo certezze e punti di riferimento.
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Senza contare che in Figli sono inanellati almeno tre monologhi amari sul nostro Paese, sulla tirannia dei vecchi, sul puro spirito di avventura e sprezzo del pericolo di chi decide di avere non due, ma anche solo un figlio. Robe che andrebbero pubblicate a tutta pagina sul Corriere della sera. Perché la sceneggiatura di Mattia Torre non dimentica mai “la comunità”, il “Paese”, “la città”, come se dovessimo stare bene non solo come unità indipendenti, ma come gruppo unito da legami e guidato da leggi giuste. E quegli “andrà tutto bene” di Nicola/Valerio Mastandrea e Sara/Paola Cortellesi risultano particolarmente beffardi in questo tempo di quarantena, covid19 e umanità in disfacimento.
Figli è bello perché è vero, è divertente, è amaro, è amaro in quelle corse fuori di casa o quel catapultarsi dalla finestra aperta; è amaro quando il farmacista dice “sono 329 euro” e mi prende un colpo come a Nicola/Mastandrea; è amaro perché quando Cortellesi e Mastandrea piangono, io rido; Figli è amaro con noi e con il Paese ingiusto in cui viviamo, Torre racconta se stesso, racconta me, soprattutto racconta mia moglie – raramente ho sentito le rivendicazioni femminili espresse così chiaramente, così crudamente in faccia alla controparte maschile, grazie anche alla straordinaria Paola Cortellesi che ormai solo un deficiente potrebbe definire semplicemente “attrice da commedia”.
Figli è su Sky Cinema. Se avete figli, guardatelo, se non ne avete, forse meglio di no.
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.
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