Come ti faccio il teen movie coi supereroi e un villain coi controcazzi: Spiderman: Homecoming
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Scanzonato e divertito, Spiderman: Homecoming si richiama in parte alle commedie teen degli anni Ottanta di John Hughes come The Breakfast Club portando il Marvel Cinematic Universe a bordo del pulmino giallo della scuola tra feste di liceali, gare studentesche, le ore di punizione, il bullismo, le difficoltà di socializzazione.
Dopo aver toccato fugacemente il mondo Avengers, Peter Parker (interpretato da Tom Holland) fatica a tornare alla normalità da studente, costruire modellini della Morte Nera con il suo (unico) amico terribilmente geek, partecipare ai decathlon di scienze e cercare il coraggio per chiedere di uscire alla sua amica Liz; così, dopo la scuola, si sbatte per il quartiere dando la caccia ai delinquenti e a crimini da scongiurare, vecchiette da salvare, assumersi le grandi responsabilità che derivano da grandi poteri. La sua sete di giustizia e avventura è supportata dal super costume che Tony Stark gli ha prestato, che lascia il dubbio su quali siano i poteri di Peter oltre a una super forza. Interessante come Spiderman: Homecoming non sia una origin story: conosciamo Peter già in possesso dei suoi poteri, ma non capiamo dove finisce Peter e inizia il costume, si accenna al ragno morto dopo averlo morso e a qualcosa di terribile accaduto a Zia May (Marisa Tomei).
Quel che è certo, però, è che Spiderman: Homecoming è la storia della nascita dell’Avvoltoio di Adrian Toomes (Michael Keaton), piccolo imprenditore del settore dello smaltimento rifiuti speciali, uno abituato a spaccarsi la schiena insieme ai suoi operai, mandato sul lastrico dopo che si era indebitato per ripulire New York devastata dall’attacco dei Citauri. Il Governo gli toglie il lavoro all’improvviso, ma in un furgone Toomes recupera pezzi di armi e nave aliena che sceglie di utilizzare per vivere fino in fondo il sogno americano: divenire fautore del proprio destino, ad ogni costo, per garantire alla sua famiglia uno stile di vita adeguato, contro la “casta” che lo ha privato dei mezzi di sostentamento. Sfruttando la tecnologia aliena e derubando il Governo, Toomes mette in piedi un commercio illegale di armi e trasforma se stesso nell’Avvoltoio contro il quale Spiderman si imbatte nel suo desiderio di tenere pulito il quartiere in attesa che Tony Stark si ricordi di lui e lo richiami all’azione insieme agli Avengers.
Uno dei segreti di Spiderman: Homecoming è come il regista Jon Watts usi diversi stili narrativi mantenendo alta la fluidità e il coinvolgimento: c’è il found footage e i filmini realizzati con il telefonino da Peter Parker che riepilogano velocemente e con ironia quanto accaduto “dietro le quinte” di Captain America: Civil War; c’è il teen movie a cui abbiamo già accennato, leggero e capace di coinvolgere la Generazione Z. C’è l’azione, sobria e, da tradizione, piena di ironia; c’è il noir con le investigazioni che coinvolgono Peter Parker sostenuto da un sontuoso Michael Keaton assolutamente terrificante, anche quando privo della maschera, forse di più. Nel consegnarci un villain finalmente degno di questo nome nell’universo degli Avengers, Spiderman: Homecoming è un film a 360°, efficace come nella più classica scena spideriana, quando il nostro eroe deve usare le sue ragnatele e immolare il suo corpo per tenere insieme una nave spezzata in due: un po’ come Peter Parker, che deve tessere una tela che sostenga l’essere un adolescente che studia, mantenere il segreto del suo amore per Liz e delle sue avventure notturne, tornare a casa tutte le sere dalla zia May che brucia troppe cene e continua a pagare la trasferta al ristorante thailandese e salvare il mondo. Il tutto dimostrando di essere abbastanza uomo, malgrado la giovane età, per meritarsi il costume magico di Tony Stark a cui lo unisce il bisogno di una figura paterna che fa scopa con la stessa necessità dell’imprenditore-filantropo-supereroe di essere finalmente il mentore di qualcuno.
Nota bene: guardando i trailer, Spiderman: Homecoming sembrava più che altro Iron Man 4 con tanto, forse troppo Tony Stark. Vi assicuro invece che il Tony Stark che vediamo nel trailer è praticamente tutto il Tony Stark del film. Quindi, niente paura, ironmantronomo assolutamente nei limiti.
Ciò che dà spessore a Spiderman: Homecoming è la prova di Michael Keaton, aiutato da un villain finalmente scritto coi controcazzi. Anche Adrian Toomes deve tenere unite due vite, due mondi: padre di famiglia e supercriminale che commercia in armi aliene, ma soprattutto deve tenerle al sicuro, non lasciare che un mondo tracimi nell’altro. Non solo: le sue motivazioni pescano a piene mani da movimenti come il 99%, un’aspra critica delle caste che sembrano condurre per mano il destino del mondo. Finalmente il Marvel Cinematic Universe recupera motivazioni e spinte reali, la lotta per la sopravvivenza e non la ricerca del dominio di questo mondo e di tutti quelli che ci sono sotto il cielo di Odino; Michael Keaton ci va a nozze perché espone in termini basici e tribali le pulsioni di Toomes: (SPOILER) esemplare la scena in auto in cui sfoggia la faccia più terribile del suo Beetlejuice per minacciare Peter, con una empia asprezza da far tremare i polsi a chiunque. Qui, campo e controcampo di Watts restituisce un confronto tra Bene e Male che non vedevamo da tempo a queste latitudini.
PS: se volete sapere cosa accade nelle scene dopo i titoli di coda, cliccate qui.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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Due appunti: il villain sfasciabancomat (“teniamo un profilo basso”) ti sembra veramente uno coi controcazzi?!?
Le scene post film sono da spaccare lo schermo della sala a poltroncine divelte…
Credo che mai si siano raggiunti livelli così bassi.
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Secondo me sì, l’Avvoltoio è una minaccia reale, fisica e anche psicologica come nella scena dell’automobile in cui mi ha ricordato il “say my name” di walterwhitiana memoria.
A me la cosa del bancomat è piaciuta, proprio perché criminalità da tutti i giorni: sono un criminale, ho una superarma, me vado a prende i soldi del bancomat. Come Jeeg Robot, tra l’altro!!!
Sulla scena finale, hai ragione, forse si è creata pure un’attesa eccessiva.
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