E chi chiamerai? Non le Ghostbusters
In senso letterale e figurato Ghostbusters di Paul Feig con Kristen Wiig, Melissa McCarthy, Kate McKinnon e Leslie Jones è una cagata pazzesca e questo no, non è uno scherzo, e non è nemmeno la prima frase della recensione di un film costato 144 milioni di dollari e girato come se fosse un Vacanze di Natale con gli effettoni speciali che sembrano i carri del carnevale di Ronciglione mentre la cosa che sarebbe dovuta essere la più a buon mercato e che sarebbe andata via come acqua nel deserto – la comicità – diventa una merce rarissima a dispetto delle interpreti.
I pochi momenti in cui Ghostbusters 2016 funziona è quando le sue interpreti tirano fuori un’idea: i momenti migliori sono certe faccette della Wiig, due battute della McCarthy (la nuova regina della commedia americana? Ma andatevi a ciucciare il calzino) mentre la scienziata pazza della McKinnon e la sboccata Jones danno un tocco di forza alla chimica delle quattro. Ma detto ciò, Ghostbusters è un disastro. Paul Feig ha raramente il controllo della scena e della inquadratura, c’è sempre qualcuno che guarda dalla parte sbagliata o che ride per conto suo perché sta pensando alle puzzette fatte durante le riprese prima del fatidico “cut”.
Esorcismi con lo schiaffo… Gente che si dichiara in “missione segreta”… Giornalisti che fanno domande rimaste a metà… Sacrifici umani, cani e gatti che dormono insieme, masse isteriche!
In questo disastro disorganizzato, in cui qualcuno deve aver pensato di fare come siamo soliti in Italia ovvero fregarsi i soldi per andare a puttane alla faccia del femminismo sbandierato fin dalla scelta delle quattro Ghostbusters, la palma di peggiore in campo va a Bill Murray il quale, evidentemente svogliato come un Vucinic in modalità infradito (ha rinunciato al Ghostbusters numero 3 o al reboot da protagonista perché voleva fare altro… allora fai altro) si presenta sulla scena con un cappellaccio moscio e delle spille improponibili che non fanno ridere e non riesce a dire nulla di senso compiuto, figuriamoci di divertente. Interpreta il Bill Murray che fa lo smascherarore delle fandonie e, in fase di scrittura, si devono essere convinti che la cosa dovesse far scompisciare tutti a crepapelle, senza aver bisogno di giustificarla in qualche modo con una spiritosaggine, una qualsiasi che ne so, una battuta sulla trippa della McCarthy? Colpa del doppiaggio? Speriamo, molto meglio Aykroyd (che conta le royalties di questo remake) ma almeno fa ride’, o la Weaver che dà un tocco sensato al suo intervento nei panni del guru di Jillian Holzmann/McKinnon. Invece la scelta migliore l’ha fatta Harold Ramis preferendo morire piuttosto che vedere ‘sto scempio.
E sia chiaro: il film è brutto in sé, senza nessun tipo di riferimento all’originale, di cui però, ci tengo solo a scrivere che quel prodotto lì, in quegli anni, metteva insieme i migliori della commedia anni Ottanta, mentre qui siamo proprio lontani da poter rappresentare il top della commedia cinematografica a stelle e strisce. Però una cosa gliela riconosco: era essenziale prendere un titolo tanto importante di un franchise così evocativo per fare una commediola e cercare di uscire con una valigia piena di soldi. Se resistete e guardate i titoli di coda fino alla fine, scoprite che la Wiig ha avuto un hairstilist tutto per sé… Malgrado tutto… Una hairstilist che le facesse i capelli di merda… E allora: chi chiamerai? Kristen Wiig… quanto mi ingrifa la Wiig… Soprattutto quando si agita impugnando il coso spara raggi protonici.
La citazione
Io non vado a Chinatown, non carico i matti e non ho paura dei fantasmi. (il tassista Dan Aykroyd)
*1/2 Male, signor Anderson. Sono deluso, molto.
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