Suburbicon: cast, trama, recensione in campagna elettorale
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Suburbicon è il film che George Clooney ha girato per garantirsi il voto degli afroamericani d’America quando si candiderà per diventare presidente degli USA. Anni Cinquanta, nella perfetta cittadina di Suburbicon, tutto funziona a meraviglia, famiglie provenienti da ogni angolo del Paese usufruiscono di strade ordinate e pulite, dell’attenta sorveglianza di vigili del fuoco e delle solerti forze di polizia, dell’ottima assistenza sanitaria e ospedaliera. Tutti sono sorridenti e ben disposti verso il prossimo. Ah che bel posto, sembra Cogne prima di Natale. Ciò che dimenticano di spiegare nello spot pubblicitario che Clooney piazza a inizio del film è che le persone di colore non sono bene accette.
Quando i Mayers si trasferiscono a Suburbicon, l’intera popolazione si ribella contro il “corpo estraneo”: sguardi infastiditi diventano presto carognate al supermercato e presidi h. 24 in strada, urla nell’assemblea municipale e votazioni per alzare staccionate alte due metri in un crescente clima di intolleranza che echeggia anche nei servizi del telegiornale che evidenziano l’insofferenza dei bianchi verso i neri che cercano di emanciparsi, fino “all’Incendio del Reichstag”, la notte in cui la folla inferocita attacca la casa dando fuoco all’automobile dei Mayers.

Tutto ciò Clooney lo racconta nei ritagli di tempo, tanto per non essere troppo sfacciato. Suburbicon non è però il racconto dell’intolleranza o non è solo quello, è soprattutto la storia di una rapina in una delle perfette case della perfetta America che aveva appena vinto la seconda Guerra Mondiale e tutta la sequenza di imponderabili conseguenze che ne derivano, nel perfetto stile dei fratelli Coen, autori della sceneggiatura. Così, mentre i Mayers sono accerchiati dalla cittadinanza in pieno delirio razzista, i loro vicini sono al centro di una spirale di violenza, truffe, criminali da strapazzo dopo che l’esemplare wasp Gardner Lodge (Matt Damon) tenta di incassare i soldi dell’assicurazione sulla vita della moglie Rose (interpretata da Julianne Moore) in combutta con la sorella gemella Margaret (interpretata da Julianne Moore), accerchiati da autisti di autobus psicopatici e detective maneggioni (interpretato da Oscar Isaac che interpreta George Clooney molto meglio di come farebbe Clooney stesso). Insomma i miti e cordiali Mayers sono nell’occhio del ciclone per il colore della loro pelle mentre i Lodge, che hanno il colore della pelle giusto, ne combinano di cotte e di crude alla luce del sole e nessuno si accorge di niente, perfettamente mimetizzati nello squallore umano di Suburbicon.

Così, il candidato presidente George Clooney finisce con il costruire un film su quanto sono imbroglioni e razzisti i bianchi, su quanto diffuso e ampio fosse il clima di intolleranza una settantina di anni fa, mettendo nell’angolo gli unici personaggi davvero umani, gli afroamericani Mayers, che praticamente non parlano mai, subiscono solamente. Suburbicon ha la protervia di voler essere un pamphlet su quanto facciano schifo e siano razzisti i bianchi, senza avere la convinzione di mettere al centro della scena gli afroamericani, raccontandocela come farebbe un attempato senatore americano del Nord – Est ricco e sfaccendato a una raccolta fondi da 25mila dollari a invito, un’operazione che era riuscita con maggiore forza a Jordan Peele nel suo Scappa – Get Out.
Reaction per l’ufficio stampa
Suburbicon è il film che George Clooney ha girato per garantirsi il voto degli afroamericani d’America quando si candiderà per diventare presidente degli USA.
* C’è qualcuno che parla la mia lingua? O almeno il greco antico?
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