Cosa c’è di bello da vedere su Netflix? Jim & Andy

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Un modo per definire Jim & Andy sarebbe spiegare che si tratta del racconto di come Jim Carrey applicò Il Metodo nella sua acclamata interpretazione del comico Andy Kaufman in Man on the moon, non uscendo mai dal personaggio tra una ripresa e l’altra, nemmeno tra un giorno e l’altro, nemmeno per pisciare, nemmeno mentre si asciugava il sudore sotto le ascelle. Eh sì, anche le stelle di Hollywood sudano e si asciugano. Sarebbe vero, in parte, ma non sarebbe la verità al 100%. Perché la questione al centro del documentario di Chris Smith, prodotto, tra gli altri, da Spike Jonze, e disponibile nel catalogo di Netflix, è come calarsi nel personaggio di Kaufman abbia cambiato la vita e la carriera di Jim Carrey.
Jim & Andy esplora l’artista e il mestiere del comico in 3D , mettendo in discussione la relazione tra il personaggio che si esibisce di fronte al pubblico e la persona che si cela dietro la maschera. I momenti della carriera di Kaufman e i passaggi del film sono incrociati come in una doppia elica del DNA a quelli di Carrey nel backstage che non esce mai dal personaggio fino a culminare nella comprensione del perché, l’attore che alla fine degli anni Novanta era una delle stelle più brillanti dello star system hollywoodiano, sostanzialmente sia scomparso dai radar, ad eccezione del seguito di Scemo e più scemo e, dal 2011, praticamente non faccia film, limitandosi a produrre e a comparsate come in The Bad Batch.
Kaufman ha rotto il tubo catodico della televisione presentandosi negli show televisivi più importanti cantando in playback la marcetta di Mighty Mouse o leggendo il Grande Gatsby, è passato attraverso gli odiosi tormentoni, come il Latka di Taxi che gli diede un successo incredibile, ai quali, tuttavia, si ribellò, ha costruito un personaggio che scatenasse una reazione nel pubblico, diventando quello da odiare, che insultava le donne, e poi ne ha creato un altro, Tony Clifton che fosse ancora più odioso, addirittura negando che fossero la stessa persona. Così Andy Kaufman ha indossato una maschera. Così come XFactor ha creato Rita Bellanza solo per farci incazzare e scrivere sui social che non sa cantare.

Dall’altra parte, nella lunga intervista concessa inframezzata alle immagini della lavorazione di Man on the moon, Carrey spiega come tutta la sua esistenza fosse stata una lotta per costruire il personaggio che gli desse il successo. “Cosa vuole la gente?”, questa la domanda che lo ossessionava durante la gavetta, poi l’illuminazione: “Non avere pensieri”. Carrey divenne il ragazzo senza pensieri, quello delle mossette, delle faccette, delle imitazioni. Il successo gli fu profetizzato da una cartomante dopo anni da stand up comedian e arrivò Hollywood, i film demenziali e poi quelli impegnativi. Intestò a se stesso un assegno da dieci milioni di dollari per i servizi resi nell’arte del cinema, per poi metterlo nel taschino della giacca con cui fu sepolto il padre. Quando gli fu proposto di interpretare Andy Kaufman rimase in contemplazione dell’oceano, fin quando lo stesso Kaufman entrò in contatto telepatico con lui, trenta delfini emersero dall’acqua e capì: questo film lo interpreterà proprio Andy. Giuro, lo ha detto veramente. Davanti a una cinepresa, con il microfono acceso.
Così Carrey si trasformò in Kaufman e in Clifton, facendo uscire di testa il regista premio Oscar Milos Forman, litigando con crew e colleghi, picchiato dal wrestler Jerry Lawler – colui che combatteva con Kaufman negli incontri di wrestling che il comico organizzava, i due erano grandi amici e in Man on the moon interpreta se stesso –, facendo irruzione negli studi della Amblin in cerca di Steven Spielberg, per spiegare al regista che dovrebbe tornare fare film come Lo Squalo. Addirittura i familiari viventi di Andy hanno chiesto e ottenuto di incontrare Carrey/Kaufman, per rivedere il “padre” o il “figlio” redivivo. O almeno illudersi.
Al termine di quella che si è rivelata una prolungata ed estenuante seduta di autocoscienza, Jim Carrey è uscito completamente cambiato: come Truman ha varcato la porta nera al termine dell’orizzonte, ha abbandonato il suo alter ego, Clifton, Jim o chiunque fosse, accettando di essere semplicemente energia che viaggia nell’universo danzando su una palla di terra, acqua e aria. Non ha più aspirazioni, non ha più sogni.
In alcuni passaggi di Jim & Andy si oltrepassa il limite della follia: figlie e sorelle che si rivolgono all’attore come fosse il fratello o il padre morto 15 anni prima, delfini che emergono dal mare, telepatie ed energia che danza nell’universo: ce ne è abbastanza per internare Carrey. Dall’altra parte però, non può non toccare le corde più intime il parallelo di due personalità a cui l’arte e la commedia hanno dato tanto, ma tanto hanno tolto. Se Kaufman se l’è portato via la malattia, Carrey si è perso per sempre cercando Andy, ed è un peccato.
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.