The Americans 4: come è stato? Recensione, citazioni e altre c
Che cos’è? (Spoiler)
La serie che sembra pensata negli anni Ottanta, fatta negli anni Ottanta, girata come negli anni Ottanta e ti fa esclamare ottanta volte a episodio “Oh. Mio. Dio”.
Cosa è successo?
Per i Jennings (Keri Russell e Matthew Rhys) i pericoli sono dentro e fuori la loro casa, dentro e fuori loro stessi. E’ stata una stagione che ha scandagliato come mai prima le emozioni dei due protagonisti. Se i dubbi di Philip/Rhys risalgono ormai alla prima stagione, ha sorpreso la rivelazione che anche Elizabeth ha un cuore. Phil ha continuato a frequentare i corsi EST, rivelando in quella sede ciò che poteva di se stesso e delle sue paure, esigenze scatenate dal riemergere di episodi come quando, da ragazzino, uccise dei ragazzi che lo bulleggiavano a Smolensk oppure il rimorso che lo spinge fin sulla tomba di Eugene, il tecnico FBI che collezionava robot e che Phil ha ammazzato per salvare Martha; Phil ha così continuato costruendo un’amicizia con Sandra, l’ex moglie di Stan rischiando di compromettere anche il rapporto con il suo amico, e ha scelto di affrontare con Martha tutti i pericoli del suo coinvolgimento e confessando lei tutto quanto; la scoperta da parte di Elizabeth di queste crepe nella adesione del marito alla comune missione, ha probabilmente aperto degli spazi nel suo cuore. Elizabeth è sempre stata la più integerrima e rigida, la più ideologizzata, ma l’amicizia a cui ha dovuto rinunciare con la donna coreana conosciuta durante una missione ha lasciato delle ferite nel suo animo.
In ciò si inserisce un altro aspetto fondamentale della quarta stagione: il legame genitori-figli. Sappiamo i guai che ha combinato Paige con la sua rivelazione al pastore Tim. La scelta dei Jennings è stata di aprirsi al religioso, cercando di far capire lui che il loro lavoro consiste nel lavorare con la pace, un po’ quello che fa il pastore Tim nelle sue attività con la parrocchia; allo stesso tempo, Paige è stata costretta dai genitori a “marcare” stretto l’uomo, facendogli sempre sentire la vicinanza dei Jennings in modo che non debba mai temere niente da loro e allo stesso tempo possano spiarlo.
Anche Martha ha avuto i suoi momenti struggenti con i genitori e proprio il figlio del Pastore Tim e sua moglie Alice allungano nuove relazioni quando Paige corre in ospedale ad abbracciarlo, mentre Oleg deve recuperare il rapporto con il padre e la madre dopo la tragedia del fratello morto in Afghanistan. E se sulla prossima stagione, nell’ultimo episodio Persona Non Grata, allunga la sua ombra la decisione dei figlio “illegittimo” di Philp, Mischa, di andare a cercare il padre negli Stati Uniti (di cui, in una bella ellissi, parlano Elizabeth e Philip in un appostamento nel primo episodio della quarta serie), i legami che letteralmente legano i personaggi si estendono a tela di ragno. Philip ha rischiato tutto confessando a Martha la sua doppia vita perché lei ormai fa parte della sua vita, della sua famiglia, mentre abbiamo accennato l’amicizia a cui deve rinunciare Elizabeth, la quale sembra cercare conforto dal Pastore Tim. Paige intreccia una relazione con Matthew, il figlio di Stan (Noah Emmerich), anche se non è chiaro se per una cattiva interpretazione del concetto di “missione” o per reale amore. La rete è così fitta che quando l’FBI cattura la talpa sovietica in una delle aziende fornitrici della Difesa americana che rubava virus letali dai laboratori americani, mette in pericolo i Jennings. Forse è necessario tornare in Russia per salvare le proprie vite, ma come abbandonare il “sogno americano”, una casa, l’automobile, il giardino e il superbowl?
Così, se nelle immagini che arrivano dall’Unione Sovietica vediamo la spietata esecuzione di Nina, senza alcun preavviso, senza alcuna umanità, semplicemente un colpo alla testa in uno stanzone con le piastrelle bianche, oppure l’appartamento dove vivono almeno due famiglie della casa di Mischa, la villetta a schiera dei Jennings si trasforma nel season finale, in una casa del terrore che ricorda Poltergeist o qualche altro film horror. Philip, Elizabeth, Paige e l’ignaro Henry sono braccati, dentro e fuori, dai loro fantasmi e dall’FBI.
Tutti, o quasi, hanno dubbi sulla loro missione, il loro convincimento, su come le scelte giovanili debbano o possano avere ancora conseguenze ed effetti sulle vite presenti. Le adesioni alle ideologie adolescenziali o post adolescenziali continuano ad avere un impatto sul presente, cambiandolo continuamente, in una sorta di paradosso dello spazio-tempo. William ha dei dubbi, non voleva compiere la sua ultima missione: Phil ha dei dubbi e ne parla all’EST anche se si riferisce ufficialmente al suo lavoro di agente di viaggio. Elizabeth sembra avere dei dubbi quando si chiede “Come sarà oggi Smolensk? Sarà migliore?”. Stan ha dei dubbi, l’uomo integerrimo che nella vita ha sacrificato tutto alla causa della difesa della Nazione e della legge ha perso la moglie e praticamente il figlio che non vede mai anche se si è battuto per poterlo avere più spesso a casa, e continua a pensare a Nina, anche se alcuni suoi momenti sembrano tratti dal filmetto “Mi sono innamorato di una spia russa”. E quasi in un atto di diserzione, dice addio alla sua “risorsa” Oleg, mentre elenca le vittime di questa guerra combattuta tra spionaggio e controspionaggio nella fredda Washington: il collega Amador, la bella Nina, la sua famiglia, Frank Gaad. Stan Beeman non vuole avere sulla coscienza anche Oleg dopo che ha davvero perso tutto e l’unica cosa vera della sua vita sono i Jennings, la famiglia dove si presenta “all’ora di cena” e quasi è felice come un bambino quando becca suo figlio sul divano a pomiciare con la figlia di Philip, pensando, chissà?, che con quel legame possano diventare “famiglia” e condividere nipotini.
Lo spazio tempo
Come è inevitabile per una serie ambientata nel passato, molte sequenze sono scandite da episodi fondamentali della nostra storia recente. Non mi soffermerò sulla vittoria del Superbowl da parte dei Los Angeles Raiders il 22 gennaio 1984, serata che chiude la quarta stagione; in precedenza abbiamo intravisto il celebre discorso di Reagan sullo Scudo Spaziale; la trasmissione del film The Day After è un evento che coglie tutti i personaggi immobilizzati davanti la tv a riflettere come la pioggia di rane in Magnolia. Diverso l’impatto di David Copperfield il quale, in diretta televisiva, fa scomparire la Statua della Libertà, oppure il viaggio del principe Carlo e il piccolo William in Australia o lo scampato olocausto nucleare quasi provocato da un errore nei sistemi di difesa sovietici a cui accenna Oleg. C’è anche un Under pressure che ci ricorda David Bowie e Freddie Mercury, oppure l’assassinio al ritmo di Tainted love nell’episodio 2, tutti momenti che perfettamente si inseriscono nelle storie personali dei personaggi.
Altre considerazioni
In questa quarta stagione abbiamo visto Keri Russell sempre con enormi cappotti o coprirsi la pancia con le lenzuola o addirittura un cuscino. Sappiate che è l’attrice è incinta di Matthew Rhys, suo compagno sul set e nella vita. Adesso che diventa una cattocomunista, voglio vedere come la mettiamo con quella bella lingerie che hai mostrato in passato. La bruciamo?
Nel primo episodio, Paige non saluta la bandiera americana. Gli dici che sono russi e si vendono subito il Paese che gli dà il pane.
Frank Langella si conferma un attorone maestoso.
Il futuro?
Ciò che accomuna tutti i sovietici sono i dubbi sulla tenuta del sistema: William non si fida di mettere in mano un virus letale agli impreparati scienziati sovietici; Oleg dubita del sistema di difesa russo; Arkady è cosciente che, quando rientrerà in patria, Oleg non sarà soddisfatto degli standard qualitativi della burocrazia sovietica.
L’URSS ha già perso la Guerra Fredda ma cosa accadrà ai Jennings? Siamo sul finire del gennaio del 1984… Fx ha annunciato che restano due stagione di The Americans, la serie chiuderà nel 2018 con la sesta stagione.
Citazioni
La febbre di Lassa è un modo molto indecoroso per andarsene. Praticamente ti dissolvi all’interno, poi schizzi fuori dall’ano, in forma liquida. Prima un sibilo, poi un gocciolio.
Sono cresciuta in una piccola città che si chiama Smolensk. È stata quasi completamente distrutta durante la guerra. La Seconda guerra mondiale. Quando è finita avevo solo due anni, ma crescere lì è stato duro, intorno a me non c’era altro che distruzione. E chi era sopravvissuto lo aveva fatto con poco cibo, al freddo e tra le battaglie. Hanno lavorato tutti insieme e hanno reagito, in qualche modo. Penso di aver voluto essere sempre come loro. In qualche modo. Reagire.
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