Il segreto dei suoi occhi
Ho avuto per molti mesi un pesante pregiudizio nei confronti de Il segreto dei suoi occhi. Meglio: un’antipatia nata la notte degli Oscar, quando strappó la statuetta a Heneke e a Il nastro bianco. Pensai fosse stato un voto comprato sotto il peso della comunità ispanica degli Stati Uniti o a chissà quale complotto di Moggi, Giraudo, Pairetto e l’autogol di Turone. Vinte le mie ritrosie, con colpevole ritardo mi sono trovato di fronte a un film maiuscolo, uno dei migliori del 2010.
Personaggi tratteggiati con maestria, con poche inquadrature e linee di sceneggiatura essenziali. Bei dialoghi e bella dinamica tra di loro, con la giusta tensione, in bilico tra amore e rifiuto, amicizia e repulsione.
E dentro una regia costruita con sguardi rubati da dietro porte e finestre, c’è spazio per sequenze entusiasmanti come quella dentro lo stadio, capace di trascinarmi in un inseguimento a perdifiato.
La ciliegina è il contesto di una vita vissuta dentro un Paese che scivola nell’imbarbarimento della sua vita civile, che precede quello della politica.
Senza parlare apertamente di dittature, Il segreto dei suoi occhi è un film che descrive una nazione che perde i suoi valori, una piccola storia di omicidi che racconta come, senza giustizia, si suicida un Paese preparandosi all’irreparabile.
***** A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…
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