Butcher’s Crossing, recensione
Nicolas Cage si alliscia la pelata con un rasoio a secco, lì dove c’erano milioni di acconciature, niente e Nic ci tiene, si tiene la pelata liscia ogni giorno. Sono le emozioni forti di Butcher’s Crossing. Il western di Gabe Polsky racconta la caccia al bufalo che quasi estinse il mammifero e il sogno di un cacciatore – il Cage di cui sopra – di ammazzarne il più possibile e fare un mucchio di soldi e quello di un ragazzo di vedere il mondo, chissà forse per raccontarlo un giorno nel libro da cui è tratto Butcher’s Crossing.
1874, Will lascia Harvard per andare nell’Ovest e scoprire la Nazione, si unisce all’allegra brigata di Miller (Nicolas Cage). Si scontreranno con la natura selvaggia e le difficoltà di una terra ancora inesplorata, con i loro demoni più nascosti e con la mancanza del bagno. In effetti Butcher’s Crossing è una testimonianza di quanto metta a repentaglio la sanità mentale la mancanza di un bidet o di una doccia.
E in effetti la battuta migliore del film è “sei divertente come una puttana con una gamba sola”. A un certo punto la storia vira su temi particolarmente attuali e (SPOILER) non vi stupite se la bolla speculativa del mercato delle pelli di bufalo suona a noi uomini e donne del XXI secolo così familiare. Così come il cambiamento, perché tutto cambia continuamente, tranne la necessità di un cesso.
P.S.: in Butcher’s Crossing ci sono alcune preziose inquadrature di Rachel Keller e a noi fan di Legion batte forte il cuore. Rachel è una prostituta e i nostri cacciatori ne parlano per tutto il film. Te credo.
***½ Non hai mai sentito nominare il Millenium Falcon?
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