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La classifica degli episodi numero 9 di ogni stagione di Game of Thrones/Il Trono di Spade, dal più brutto al più bello

Il_Trono_di_Spade

La puntata numero 9 di ogni stagione di Game of Thrones è sempre lo snodo narrativo più importante. Qui si risolvono le questioni aperte nelle precedenti otto episodi, i conflitti esplodono, le battaglie si combattono. Solitamente la puntata successiva – il season finale – serve a porre le basi per le “Wars to come” per usare un’espressione molto utilizzata nella serie, ovvero preparare il terreno per l’annata successiva.

Ormai da sei anni l’appuntamento con l’episodio 9 è quello più atteso per i fan de Il Trono di Spade, una tradizione che, a volte, costringe gli showrunners ad allungare la minestra per tenersi le cartucce da sparare tutte in quell’episodio. Ma cosa ci hanno riservato negli anni questi appuntamenti? E qual è la puntata migliore e la peggiore delle sei stagioni di Game of Thrones?

Quella che segue è la classifica dei sei episodi numero nove, dal più brutto al più bello, il termine “brutto” è puramente esemplificativo o perché si è trattato di sei esperienze uniche nella storia dello show e forse della televisione.

La Danza dei Draghi – The Dance of Dragons
Diretto da David Nutter
Scritto da David Benioff e D.B. Weiss

Da Coccinema dell’8 giugno 2015

La puntata gira intorno due eventi drammatici: il sacrificio di Shireen e i 16 minuti e 2 secondi di battaglia della fossa da combattimento. Il primo è una scena da grande tragedia greca. Tutta la sequenza che si svolge tra le tende immerse nella neve dell’accampamento di Stannis non sarebbe stata così intensa e penosa e capace di strapparti il cuore dal petto se gli attori non fossero stati – per tutta la durata di questa storyline – così bravi e (in)credibili: Stephen Dillane distrugge uno dei personaggi più positivi de Il Trono di Spade, ma il conflitto tra ciò che ritiene essere fatto e il dramma del suo cuore è contenuto ma al tempo stesso contenuto che sembra quasi di sentire il suo cuore incrinarsi. Tara Fitzgerald/Selyse resta in stato di ipnosi, soggiogata al Dio della Luce fino al momento in cui la figlia non grida il suo nome dal rogo, in quel preciso momento si rende conto e dice a Stannis “non possiamo”. Cercherà di liberare la figlia ma il re dà ordine ai soldati di fermarla. È un peccato perdere Kerry Ingram nei panni della piccola principessa, sognatrice e dolce, vittima del gioco de Il Trono di Spade e che nell’ultima scena con il padre dimostra di aver capito che per essere un leader non bisogna seguire il proprio destino e scegliere tra le opzioni che ci sono imposte dagli eventi, ma che la strada è da costruire con le proprie mani. E’ vero, il suo è proprio sangue di re. Alla fine niente è più inquietante delle grida di Shireen che si mescolano con le urla di giubilo del pubblico raccolto a Meereen per assistere all’apertura dei grandi giochi.

L’altro momento che entra di diritto nel best five de Il Trono di Spade è la carneficina nella fossa da combattimento. Siamo al livello di Blackwater o Hardhome o Le Nozze rosse (tra l’altro il regista è proprio lo stesso della 3×9, David Nutter, su Wikipedia, alla voce corrispondente al suo nome deve esserci il rimando alla definizione di “ritmo”). Non si tratta di un semplice attentato a un monarca, è un vero e proprio massacro indiscriminato. Tutti sono vittime dei Figli dell’Arpia: i soldati e gli spettatori del grande evento, compresi coloro che avevano un posto nei pressi del palco reale. Ciò mi fa riflettere su chi ci sia veramente dietro gli attentatori. Chi ha letto i libri, ha ben compreso il ruolo che Hizdhar gioca nella ribellione: quando Daenerys  scompare portata in salvo da Drogon lui controlla Meereen anche perché nei libri è già sposato alla regina e, di fatto, è il re. All’inizio della sequenza nella fossa da combattimento Daenerys chiede all’uomo il motivo del suo ritardo. “Controllavo che fosse tutto in ordine”. Chi di voi non ha pensato che stesse finendo gli ultimi dettagli dell’attentato? Ora potete abbassare le mani. Però lo vediamo cadere sotto i colpi di pugnale dei Figli dell’Arpia e allora sorge il dubbio: è una messa in scena? Il terrorista infligge a Hizdhar dei colpi superficiali di modo che nessuno possa avere dei dubbi sulla sua fedeltà? Ma subito dopo lo vediamo agonizzante a terra e i contorni dell’attacco divengono inquietanti. E se i mandanti non fossero i Padroni di Meereen quanto una potenza esterna che vuole conquistare la città? Dubbio supportato dal fatto che i Figli dell’Arpia affluiscono a centinaia dentro la fossa da combattimento: come hanno potuto nascondersi per così tanto tempo, tenendo nascosto il loro piano? Sembravano un esercito non dei congiurati appartenenti a una setta segreta. E se il complotto fosse esterno a Meereen? Se fossero i padroni di Junkai a cercare di prendere la città? All’inizio della quinta serie ricordiamo proprio Hizdhar relazionare Daenerys al suo ritorno da una missione a Junkai: e se in quella occasione si fosse accordato proprio con i padroni della città schiavista per rovesciare la khaleesi? Aldilà delle teorie complottiste, resta una delle sequenze più imperiose, piene di ritmo e bene coreografate di tutta la serie: prima i duelli tra i gladiatori, poi la lotta per la sopravvivenza e la salvezza della regina fino a quando Drogon irrompe nella scena. La fine è bellissima con la regina che ordina ansuo figlio “Vola” e il drago che si alza in volo.

Il resto di The Dance of dragons è contorno che probabilmente serve a traghettare la serie nei colpi di scena che ci saranno nell’ultima puntata, Mother’s Mercy. Dorne continua a rivelarsi fonte di risate e scene francamente incomprensibili. La vendetta di Trystanne nei confronti di Bronn è più umiliante per il ragazzo che per il cavaliere delle Acque Nere. La scenetta tra le due Serpi delle Sabbie che giocano a Scaldamani, ovvero darsi degli schiaffi sulle mani, è degno di un film con Tomas Milian: Schiaffi nelle Celle nere con Bombolo e il Commissario Giraldi. Forse Ellaria che chiede scusa a Jamie può rientrare in un disegno più generale in cui si vuole dimostrare il pentimento della donna e giustificare così il perdono di Doran. Spero solo che la fatica sopportata questa stagione per tollerare i minuti trascorsi a Dorne sia ripagata il prossimo anno.

Sotto la Barriera, con migliaia di Bruti alle sue spalle, Jon si è cagato sotto quando Ser Alliser Thorne ha esitato prima di aprire il tunnel. Lo sguardo di Olly/Lee Harvey Osvald la dice lunga su cosa possa accadere nel finale della quinta stagione.

A Braavos aspettiamo di vedere se Arya avrà la sua vendetta: conoscendo la storia degli Stark, attendo che il suo piano le si ritorca contro. Qualunque esso sia.

C’è un altro filo conduttore in The Dance of Dragons: gli sguardi. Solo una grande prova corale di attori e attrici ha potuto trasmettere così intensamente i sentimenti, i drammi,  gli animi tribolati e le trame che hanno pervaso come un fiume carsico l’episodio, così fortemente inespresse ma cosi vigorosamente evidenti allo spettatore perché affidate non alle parole, ma al lavoro degli attori su ogni singolo muscolo dei loro volti. Le occhiate di Meryn Trant ad Arya, cercando di ricordare dove può aver visto la piccola venditrice di ostriche o come lo stesso Trant (interpretato da Ian Beattie) muova il corpo scosso da un brivido di piacere quando la tenutaria gli offre l’ultima ragazza. Gli stessi sguardi di Arya che cerca di studiare il suo avversario e capirne il punto debole per poterlo colpire. La bonarietà di Mace Tyrell che cerca di ammorbidire il dirigente della Banca di ferro a suon di pacche sulle spalle, ma tutti i suoi trucchi – come il promettere una cassa di buon vino di Alto Giardino oppure il trasformare un appuntamento di lavoro in una scena da osteria con canti in strada – non scalfiscono la corazza rigida dell’uomo: “non bevo” è la sua risposta e di certo non tratterà sui debiti dei Sette Regni verso la Banca di ferro. Circa lo sguardo di Olly a Jon abbiamo già commentato come sia foriero di cattivi presagi, o quello che Alliser Thorne lancia ai Bruti dall’alto della Barriera. C’è Jaime che rimprovera alla figlia/nipote il vestito scollacciato e la ragazza che risponde pepata dimostrandosi ormai una perfetta dorniana. Il siparietto tra Daario, Hizdahr e Tyrion in seconda fila è un ballo di guerra tra maschi alfa che si disputano la stessa femmina: anche qui sarebbe carino soffermarsi sui sottintesi delle schermaglie verbali tra i tre. E poi c’è Emilia Clarke/Daenerys, che, ci spiace notarlo, è forse la peggiore di tutta la compagnia, elargendo facce da mal di pancia a Jorah e Drogon, indistinguibili come se provasse per l’uomo che l’ha tradita e dice di amarla lo stesso sentimento che ha per Drogon e credibile solo quando ordina “Vola” al drago.

Il coraggio di pochi – The Watchers on the Wall
Diretto da: Neil Marshall
Scritto da David Benioff e D.B. Weiss

Da Coccinema del 17 giugno 2014

Finalmente ‘sti cazzo de Bruti sono arrivati alla Barriera e sferrano il loro attacco ai regni degli uomini. La puntata si svolge tutta sulla Barriera. Iniziamo tergiversando un po’. Gli sceneggiatori vogliono ricordarci che Jon-Una-Faccia-Un-Corvo-Snow il pisello ce l’ha e si trombava la fica rossiccia di Ygritte, quindi lo troviamo sulla Barriera mentre Sam gli chiede come è trombarsi una roscia (-Portano davvero sfiga? Chiede Sam. -Hai visto dove cazzo siamo finiti? risponde Jon guardando la profondità che si stende sotto i suoi piedi). Ok non va esattamente cosi. Sam è tutto ingrifato, lascia Jon e va a cercare della buona pornografia in biblioteca ma lo becca il Maestro Aemon Targaryen che gli racconta di quando doveva essere Re e un sacco di signorine si offrivano per alleviare la sua pesantezza alle palle. Va be’ dai non va esattamente cosi ma sarebbe bello immaginarlo. Alla fine arriva Gilly con il neonato e Sam li nasconde nella dispensa. Finalmente si balla. I bruti attaccano da sud, con l’avanguardia guidata da Tormund, i Thenn e con Ygritte. Mance Rider lancia il suo attacco da nord con mammuth, giganti e scalatori. Ser Alliser fa la prima cosa decente da quando lo conosciamo: ammette di aver sbagliato non accettando il suggerimento di Jon di sigillare il tunnel, poi corre a difendere Castle Black dai Thenn battendosi come un leone. Slynt invece corre a nascondersi insieme a Gilly.

Seguono 40 minuti di battaglia che puntano tutto al momento in cui il cuore di Ygritte è trapassato dalla freccia scoccata dall’arco teso dal bambino a cui la donna uccise i genitori durante una delle prime incursioni dei Bruti. Morirà tra le braccia di Jon. Nella puntata perderemo anche un paio di Night Watch che avevo imparato a sopportare più di Snow.

Dal punto di vista tecnico è stato un episodio magistrale: a un certo punto Neil Marshall (regista di Blackwater tanto per far capire) si inventa un 360 gradi che a me è sembrata una di quelle cose mirabolanti come un coast to coast di Lebron James, un assist no look di Totti dove neanche pensavo ci fosse lo spazio per far passare una palla, le pennellate di Monet o le frasi asciutte di Carver. Con quel piano sequenza Marshall mi ha fatto pensare a tutte le cose belle della vita, mentre corvi e bruti si squartavano. Anche l’ascia non è stata niente male. Ma il problema di The Watchers on the Wall non è tecnico, semmai umano. Prendiamo proprio Blackwater, l’altra grandiosa battaglia di Game of Thrones. In quell’episodio tanti nostri personaggi preferiti ebbero Il Momento: Sansa, Cersei, Tyrion, Davos, Stannis. C’era tanto in gioco e i personaggi tirarono fuori il meglio. Qui, il principale antagonista manco se vede (cioè Mance Rider è interpretato da Ciaran Hinds, mica ho detto Ciccolini, ma Ciaran Hinds e tu me lo tieni nascosto!), Jon Snow continua co ste faccette contrite, Ygritte gli muore tra le braccia una delle tre cose più telefonate di tutta Westeros, na cosa, per inciso, che il ciccione malefico non ha mai fatto nei libri). Poi ci sono Alliser, Edd e quello che schiatta sotto il tunnel che non mi ricordo il nome… Capito? Manco me ricordo come se chiama!!! Gente che avrò visto cinque minuti in tre stagioni, non mi ci posso affezionare così solo perché sparano una battuta fica in quattro anni.

Ygritte_dies

La confessione – Baelor
Diretto da: Alan Taylor
Scritto da David Benioff e D.B. Weiss

Inutile girarci intorno, Baelor ha il merito di insegnarci che nel mondo di Martin e di Game of Thrones nessuno è al sicuro. Eduard Stark era l’eroe positivo, il cavaliere che si batte per il Giusto e il Bene, ma ce lo tolgono, decapitato per ordine di un giovane re folle figlio dell’incesto. Baelor è fondamentale anche per un altro paio di snodi narrativi come il Comandante dei Gurdiani della notte che regala la spada della sua famiglia a Jon Snow, Lungo Artiglio, come ringraziamento per avergli salvato la vita. Scopriamo per la prima volta Walder Frey che accetta di far passare le truppe di Re Robb in cambio del matrimonio del giovane Stark con sua figlia, un giuramento che avrà conseguenze. Allo stesso tempo Robb prende prigioniero Jaime, un altro evento che prolungherà i suoi effetti fino alla sesta stagione – Ser Jaime Lannister è ancora legato al giuramento fatto a Catelyn Stark di riportare le giovani figlie di Ned a casa loro, a Grande Inverno.
Game of thrones si rivelò come la serie capace di tutto, di uccidere chiunque. Il momento della decapitazione è un piccolo gioiello, la scena ha un respiro tutto suo che ti resta addosso dopo anni interi trascorsi dalla “prima volta”, con lo sguardo di Ned che vaga, scioccato dalla piega degli eventi malgrado lui abbia confessato e in cambio non abbia ottenuto il perdono promesso. Poi tra la folla trova Arya ai piedi della statua di Baelor, e quasi impercettibilmente pronuncia una parola che sembra suggerire “proteggila” al guardiano della notte che è con lei.

L’assedio – Blackwater
Diretto da: Neil Marshall
Scritto da: George R. R. Martin

Quando durante la prima stagione furono costretti a rinunciare alla Battle of the green fork per mancanza di fondi, allo staff creativo di Game of Thrones rimase la voglia di mettere in scena una grande battaglia. Il successo della prima stagione consentì di avere budget più importanti che furono investiti nella grande battaglia per Approdo del Re. Si tratta del culmine della Guerra dei Cinque Re: Stannis Baratheon reclama il trono del defunto fratello, Robert, non riconoscendo la discendenza di Joffrey. Colui che all’epoca era considerato il miglior comandante e stratega dei Sette Regni, stringe di assedio la capitale, attaccando con la sua flotta e cercando una testa di ponte per lo sbarco nella baia delle Acque Nere.

Dall’altra parte c’è Tyrion Lannister, facente funzione di Mano del Re per conto del padre Tywyn Lannister che studia una tattica per fermare l’avanzare dell’armata Baratheon. Così decide di mandare una sola ava carica di alto fuoco al centro dello schieramento della flotta di Stannis. Mentre si dirige verso i nemici, la nave disperde il devastante esplosivo nella baia, poi Bronn con una freccia infuocata fa esplodere il pericoloso carico, devastando le navi nemiche, uccidendo il figlio di ser Davos. Stannis ha ancora sufficienti truppe per invadere Approdo del Re, sbarca e si mette alla testa delle sue truppe. I difensori sono sul punto di crollare quando arricciatura il Mastino, Sandor Clegane, decide di disertare, spaventato dal fuoco nella baia che gli ricorda quando il fratello spinse la sua faccia contro un braciere acceso. “Fuck the kings guard. Fuck the city. Fuck the king.” ecco cosa dice Clegane a Tyrion che gli ordina di tornare a combattere. E’ proprio il Folletto a prendere il comando delle truppe davanti alla la Porta del Fango e attaccare l’esercito di Stannis, ma sarà il padre grazie all’alleanza con i Tyrell a salvare Approdo del Re. Narrazione a parte merita il confronto psicologico tra Cersei e Sansa nella Fortezza Rossa dove le donne della corte sono rinchiuse. La regina è determinata a uccidere con il veleno il figlio Tommen pur di non farlo finire in mano agli invasori e il padre insieme a Loras Tyrell arriva appena un attimo prima che la regina portasse a termine il suo proponimento.

L’episodio è altamente spettacolare soprattutto per l’esplosione dell’alto fuoco nella baia che illumina a giorno la notte dell’assedio di Approdo del Re. Malgrado questo episodio è stato quello con il budget più importante nella storia di Game of Thrones fino a Watchers on the Wall, ancora non fu possibile girare l’episodio così come lo aveva pensato e scritto George R.R. Martin. Ad esempio manca la famosa catena che “chiude” la baia delle Acque Nere imprigionando la flotta di Stannis.

Al termine della puntata, sui titoli di coda suona una versione di Le piogge di Castamere interpretata dai The National. Prima, Bronn l’aveva canticchiata. L’attore che interpreta Bropnn, Jerome Flynn, negli anni Novanta piazzò un paio di singoli al numero uno della chart inglesi come membro del duo Robson and Jerome.

Battle of the Bastards
Diretto da Miguel Sapochnik
Scritto da David Benioff e D.B. Weiss

Una puntata di strategia, alleanze, battaglia, battaglia e battaglia. Il nono episodio della sesta stagione de Il Trono di Spade, The Battle of the Bastards, annuncia fin dal titolo il cuore della sua narrazione: Jon Snow (Kit Harrington) contro Ramsay Bolton (Iwan Rheon) e sebbene l’esito della lotta tra i due bastardi sia piuttosto prevedibile, ciò che resta dopo la visione è di aver assistito a un’ora di televisione tra le migliori degli ultimi anni. O forse proprio la migliore.
Almeno fino alla trasmissione di The Winds of Winter, il season finale di questa stagione che, almeno in lunghezza, è già annunciato che supererà questo 6×09 (69 minuti contro 60).
Un’ora di televisione mai così densa, con ben due battaglie altamente spettacolari. Si inizia con Meereen sotto assedio. Nella sala delle udienze Tyrion (Peter Dinklage) cerca di giustificarsi con la regina per come la situazione sia precipitata in sua assenza. “Meereen è rinata”, spiega il Folletto, Daenerys  (Emilia Clarke) lo guarda sorpresa mentre un proiettile infuocato dell’esercito schiavista esplode nei pressi della piramide. Però Daenerys non ha perso fiducia in Tyrion e lo ascolta quando suggerisce come affrontare gli assalitori. Ora. In un episodio così, pieno di esplosioni, budella sparse nel campo di battaglia, uomini decapitati, fuoco e sangue è difficile spiegare che spesso tutto si gioca dentro uno sguardo. Il primo è quello che Daenerys allunga alle spalle degli schiavisti sbarcati per trattare la resa. Daenerys guarda oltre e noi, con lei, vediamo, lontano, Drogon che arriva in soccorso della madre, la quale lo monta e lo guida all’attacco delle navi degli schiavisti, presto seguiti da Rhaegal e Viserion, i quali, evidentemente sentito il richiamo del fratello, escono finalmente dalle catacombe di Meereen e si uniscono a Drogon nell’attacco.
Segue una grande battaglia aerea, con la cinepresa che volutamente fatica a seguire il volo dei draghi, i quali attaccano all’unisono, probabilmente guidati (telepaticamente?) dalla madre. Però a Meereen non tutto si conclude con il fuoco e il sangue. C’è ancora il tempo per assistere alla nascita di una nuova alleanza e l’abbozzo del disegno del nuovo mondo voluto da Daenerys. Nella sala delle udienze ci sono Theon e Yara Greyjoy. La principessa delle isole di ferro propone il più classico “tu aiuti me, io aiuto te”, ti sostengo per riprendere il trono di spade, tu mi aiuti a liberarmi dei miei zii. Yara gioca sulla comune appartenenza al genere femminile: è un mondo che teme le donne di potere, dobbiamo e possiamo aiutarci. Daenerys va oltre: “I nostri padri erano terribili. Tutti quanti. Hanno solo peggiorato questo mondo. Noi non lo faremo  Lasceremo il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”. Così accetta la proposta di Yara a patto che gli uomini di ferro smettano di razziare, rapinare e stuprare. Yara risponde “è il nostro modo di vivere” e Daenerys “No more”, “Mai più”. E quando la Greyjoy a sua volta risponde “No more”, nasce una nuova politica a Westeros ed Essos sancita dalla stretta di mano tra le due donne, un’alleanza, tra pari, nessuno di inginocchia, è un patto, sembra quasi la nascita di un nuovo genere umano, la fine della legga della forza e della sottomissione e l’inizio dell’imperio della Giustizia.
Invece, durante il loro parlay prima della guerra, Ramsay Bolton chiede a Jon Snow di inchinarsi di fronte a lui e riconoscerlo Signore di Grande Inverno e Protettore del Nord. “Sono un uomo che perdona”. Giuro, Ramsay lo dice, di fronte a un divertito Jon Snow, una Sansa che trattiene a stento i conati di vomito e una Lady Mormont che ha la faccia di una che ha appena visto una enorme cacca. Il parlay si trasforma presto in una guerra psicologica. Snow assesta il primo colpo, propone di risolverla alla “vecchia maniera”, in uno scontro tra i due comandanti in capo per evitare la carneficina. Ramsay rifiuta, spiega di avere il doppio dei soldati e la vittoria è sicura; Jon lo incalza: “Combatteranno per te i tuoi soldati ora che sanno che tu non ti batteresti per loro?”. Sembra aver assestato il colpo ma Ramsay si gioca la carta Rickon. Ha un ostaggio importante, poi annuncia che tutti i presenti saranno divorati dai suoi mastini. Solo Sansa riesce a colpire il bersaglio: “Domani morirai Lord Bolton, dormi bene”.
All’incontro segue un consiglio di guerra: il piano di Snow e Davos è di farsi attaccare, per lasciare il centro del campo all’armata Bolton in modo da prenderla su due lati. Sebbene Snow e Davos siano sicuri del fatto loro, Sansa ha dei dubbi: non credo abbia riflettuto sulla probabilità per l’armata Stark di accerchiare un esercito circa il doppio del loro ma invita Jon Snow a non cadere nei tranelli psicologici di Ramsay: (l’ex) bastardo di Roose Bolton gioca al gatto col topo da tutta la vita. Jon si sente punto nell’onore e ribatte: “Alla Barriera ho combattuto contro cose ben peggiori di Ramsay Bolton”. Poi Snow va da Melisandre. Chiede alla sacerdotessa di non riportarlo in vita se dovesse cadere in battaglia. Un giorno dovremmo riflettere sul fatto che nessuno vuole obbedire agli ordini di Jon. Infatti la sacerdotessa rossa si rifiuta affermando che le risponde solamente al dio della luce e che se il volere del dio della luce e di tenerlo in vita lei dovrà eseguire cercare di riportarlo indietro dalla morte.
È una splendida mattina di fronte le mura di Grande Inverno, il sole è alto ma non c’è possibilità di vederlo nascosto dietro il cielo grigio che pesa come una cappa sugli eserciti disposti sul campo. Con un’entrata degna di Angelina Jolie sul tappeto rosso della notte degli Oscar, Ramsay arriva portando al guinzaglio Rickon. Lo libera, lo invita a giocare, dovrà correre più forte che può per raggiungere il fratello verso l’altro lato del campo di battaglia. Come il giovane Stark parte, Ramsay inizia a scoccare le frecce per colpirlo. Ma sbaglia volutamente. Decide di colpire il ragazzo solo quando è in prossimità di Jon Snow. A questo punto il comandante in capo del #TeamSnow  è solo in mezzo al campo di battaglia, troppo lontano dai suoi per tornare indietro e allora Jon decide di buttarsi a capofitto verso il campo avversario ormai disperato per la morte del fratellino.
Qui c’è uno dei momenti visivi più belli della televisione degli ultimi anni. Dopo che Ramsay gli ha ammazzato il cavallo grazie alle frecce scoccate dai suoi arcieri, Jon guarda la cavalleria dei Bolton avanzare verso di lui, allora impugna la spada e si prepara al martirio solo contro centinaia di cavalieri all’assalto. C’è tutta la drammaticità del Lord Snow resuscitato: un’accettazione dell’inevitabile, della morte, la rassegnazione alla sconfitta.

Battle of the Bastards è un episodio che ha cannibalizzato l’intera sesta stagione, che sarà costato almeno due volte la media gli altri (ricordiamo che il costo complessivo di 10 episodi di Game of Thrones è circa 100 milioni) e ora capiamo perché hanno risparmiato ai piedi del Tempio di Baelor oppure a Deta delle acque, per investire nella battaglia per Grande Inverno, una sequenza cinematografica, segna di un Braveheart, uno dei film che in passato ha cromatizzato le battaglie medioevali – tra l’altro Ramsay non si fa scrupoli ha far piovere frecce sul campo di battaglia, colpendo i nemici ma anche i suoi soldati, così come fa il sovrano d’Inghilterra, Edoardo I “Il Plantageneto”.

jon snow battle of the bastards.png

Le piogge di Castamere – The Rains of Castamere
Diretto da David Nutter
Scritto da David Benioff e D.B. Weiss

E’ l’episodio delle Nozze Rosse. Tutti conoscono l’impatto di questa puntata sull’immaginario del pubblico televisivo. Per mesi sono girate in rete – ed è possibile trovarle ancora – i video delle persone che reagiscono alla strage durante il matrimonio tra Edmure Tully e la figlia di Walder Frey. E sebbene nella episodio non accada solo questo (c’è il duello tra Jon e i Bruti di fronte al mulino abbandonato dove si sono rifugiati Bran e la sua piccola compagnia dell’anello), Daenerys prende Yunkai grazie all’eroismo di Daario, Jorah e Verme Grigio. Soprattutto è la notte dei coltelli Frey e Bolton che sgozzano gli Stark, Talise accoltellata nel ventre che proteggeva il figlio del Re del nord, il tradimento di Roose Bolton che uccide Robb sospirandogli con la sua viscida e melliflua voce “I Lannister mandano i loro saluti”. Nel momento in cui uno dei figli di Walder Frey chiude la porta della sala dove si celebra il banchetto di nozze e i Coldplay travestiti da musicisti medioevali iniziano suonare Le piogge di Castamere e Vento Grigio, il metalupo di Robb rinchiuso in una gabbia, inizia a guaire e intanto Arya insieme a Il Mastino arriva alle porte della Torri Gemelle nel tentativo di ricongiungersi alla sua famiglia e Walder Frey chiede la parola per il suo discorso e promette un regalo di nozze per la regina e Catelyn vede che Roose indossare l’armatura e lo schiaffeggia e urla “Robb” e Lothar Frey accoltella al ventre Talisa e i musicisti fanno piovere dardi contro il re del nord e tutti gli Stark, mentre gli invitati Frey iniziano il lavoro di coltello, e Walder beve avidamente il suo vino mentre si gode la scena con Robb che cerca di raggiungere Talisa che sta morendo, si alza in piedi e Lord Frey lo deride, “The King in the North arises!” e prende fra le braccia il corpo ormai senza vita di Talisa e Catelyn cerca di convincere Walder Frey di lasciarli andare mentre punta un coltello alla gola della moglie di Walder giurando sui vecchi e sui nuovi dei di dimenticare il tradimento e si offre come ostaggio pur di salvare il figlio il quale non può far altro che guardarla mentre Roose Bolton lo accoltella mortalmente. Catelyn sgozza Lady Frey e poi urla disperata prima che Walder Rivers le tagli la gola a sua volta.

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