Regression di Alejandro Amenabar con Emma Watson
Sei anni dopo Agorà, Amenábar torna con Regression, thriller con Emma Watson e Ethan Hawke.
Finito l’intro per Google, posso dire che qui piace molto Amenábar, per la mano sicura che mostra e la ritrosia a dire ciò che conviene. Era stato così con Agora, quando non esitò a mettere in mostra i panni sporchi del cattolicesimo raccontando la triste fine della scienziata Ipazia, lapidata per le sue idee, e lo fa anche con Regression dove mette in competizione religione e scienza nel tentativo di comprendere il Male che abita nel nostro mondo.
Ne esce fuori un film bello, teso, ambientato negli anni Novanta ma girato come un classico dei 70, pochi movimenti di macchina, una sorta di Tutti gli uomini del presidente alla caccia di un mistero nelle ombre della provincia americana.
Minnesota, 1990. Una ragazzina dai sorprendenti poteri magici (Emma Watson) trova rifugio in una chiesa, accusa il padre di avere abusato di lei. L’uomo confessa. Il detective Bruce Kenner – interpretato da colui precedentemente conosciuto come colui che ha cornificato Uma Thurman – indaga scoperchiando un giro di riti harrypotteriani che complottano per rovesciano il governo democraticamente eletto. Per portarlo dalla sua parte, la ragazzina dai poteri magici tenta di usare la bacchetta magica di Bruce/Ethan Hawke, provocando un anomala produzione di testosterone nonché polluzioni notturne. Ethan non aveva polluzioni notturne da quando trascorreva la notte con Julie Delphy parlando della vita, l’amore e le vacche amiche sue. Per superare la rigidità notturna, Ethan chiede aiuto a uno psicologo che vuole utilizzare la regressione, una sorta di stato ipnotico in cui far riaffiorare i ricordi traumatici del passato. A Ethan resta duro, ma la maghetta gli appare in sogno e rivela: “Vulva machina orbi”.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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