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Il ponte delle spie

il ponte delle spieRitorna la coppia Spielberg-Hanks. Siamo ancora in guerra, quella fredda: è Il ponte delle spie.

Nel 1957 l’FBI arresta una spia sovietica a Brooklyn. Le prove contro Rudolf Abel sono schiaccianti. Il clima è saturo di anticomunismo. Per celebrare il processo e condannarlo serve un avvocato che accetti di difendere Abel. L’ordine degli avvocati di New York sceglie James Donovan (Hanks) che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Osteggiato dal giudice, dalla moglie e da tutta l’opinione pubblica, Donovan prende a cuore il caso della spia, portandolo fino di fronte alla Corte Suprema. Il destino di Abel si intreccia con quello del pilota dell’aereo spia catturato dai sovietici dopo averlo abbattuto sopra i cieli della Russia. Il ponte delle spie smette così di essere un procedurale e si trasforma nella storia segreta della trattativa tra due superpotenze che si guardavano in cagnesco, attraverso il nascente muro di Berlino.

Mentre ci domandiamo a quanta libertà e a quanti diritti le democrazie occidentali debbono rinunciare pur di salvaguardare sicurezza e benessere, Steven Spielberg sceglie di ricordarci che sono proprio quelle libertà e quei diritti che ci rendono migliori, che ci hanno fatto vincere la guerra fredda e che ancora oggi rappresentano la grande differenza tra noi e il nascente impero del male del XXI secolo. Che il loro rispetto non è solo una questione di procedure e burocrazia, ma la differenza tra un sistema di regole che tuteli il singolo di contro all’imperio dell’abuso e del totalitarismo.

Temi non casuali, che seguono il biopic dedicato a Lincoln, uno dei padri nobili della grande democrazia americana. Ne viene fuori un grande racconto che vive di enormi emozioni. Per questo salto all’indietro alla fine degli anni Cinquanta, Spielberg rivuole con sè l’uomo che salvò il soldato Ryan. Tom Hanks veste i panni attoriali di James Stewart interpretando l’avvocato Donovan che difende la spia russa e poi si offre per trattare con i sovietici al fine di scambiare la spia con il soldato e uno studente americano imprigionato. Lo fa perché è giusto e perché questa giustizia è uno dei valori della “diversità” della democrazia.

Fuori dalla democrazia e dentro il grande schermo, siamo di nuovo di fronte a un grande racconto nel solco della tradizione americana, messo in scena dal più grande narratore che ci sia oggi in giro. Spielberg può lavorare con le nostre emozioni, toccare tutti i tasti giusti e non ha paura di farlo. Spielberg ti manipola il cuore e quando narra una storia, lo fa come fosse l’Omero del nostro tempo: maestoso ed esemplare. E se Omero avesse avuto la luce per illuminare i suoi personaggi, non avrebbe potuto farne un uso migliore come nella scena del dialogo tra Donovan e Abel, girata tutta in controluce con una cura unica (Kaminski è stato direttore della fotografia di Spielberg nel bianco e nero di Schindler’s List e in mezzo al sangue di Salvate il soldato Ryan), ricordandoci, malgrado  Terranova ed Extant, War Horse e Tin Tin, chi è il numero 1.

Il suo Ulisse è Tom Hanks, l’attore a cui ancora una volta si rivolge, gonfio, è vero, e con un naso che continua a crescere, ma ancora una volta l’espressione e il corpo che riesce a nobilitare un cappotto, uno che indossa il cappello e porta l’ombrello come se nessuno lo avesse mai fatto prima dai tempi dei Lumiere. Così come sembra la prima volta che vediamo una carrellata lungo il muro di Berlino in costruzione, con i disperati che cercano di scavalcare. Persino i luoghi ne Il ponte delle spie sono più che simbolici. L’aereo spia abbattuto dei sovietici è partito da Peshawar. Il ponte dello scambio si trova in una Berlino ancora in macerie. Qui le due superpotenze di incontrano e si accordano, in un ballo diplomatico condotto dal KGB, da una parte, e dall’uomo qualunque Donovan, mai eterodiretto dalla CIA, ma pieno di quel senso del decente e della giustizia a stelle e strisce, pieno di colazioni nutrienti al mattino e straconvinto che nessun accordo può essere dignitoso se lascia qualcuno indietro.

Visivamente due cose mi hanno colpito: le dissolvenze che alimentano il confronto tra due poli e Hanks/Donovan sempre al centro dello schermo. Forse proprio a evidenziare come sia la decenza e il senso di giustizia di un singolo a prevalere sulle opposte fazioni e la follia della politica di potenza.

Il ponte delle spie esce il 17 dicembre 2015. 

Curiosità

Nel cast ci sono Eve Hewson da The Knick, Sebastian Koch da Homeland 5 e Jesse Plemons da Breaking Bad

La battuta

Tutti meritano una difesa, ogni uomo è importante (questa l’hai copiata da Schindler’s List, Steven!)

One thought on “Il ponte delle spie Lascia un commento

  1. Insomma, 4 stelline per il senso civico? Nonostante Steven S. sia colluso colla lobby di nasoni che da 60 anni impedisce la paciFCAzione del mediooriente (oltre a governare tutta ollivùd)?

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