Harley Quinn, Margot Robbie e il panino al colesterolo
L’unico motivo ragionevole per vedere Suicide Squad è lei. Visto una volta, non di più, sia chiaro, anche se io l’ho rivisto e lo rivedrei solo per lei, ma diciamocelo, Suicide Squad vale solo per Harley Quinn e Margot Robbie.
Come direbbe il conte di Mirabeau: “Ebbene, guarda, divora e scuotiti”.
Suicide Squad è monnezza.
Ecco perché hanno deciso di girare Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn. Così si intitolava quando ho iniziato a scrivere questa specie di recensione tragicomica e piena di parolacce, sarò io che sono lento oppure oggi i film durano meno di un paio di mutande in un porno? Comunque oggi parliamo di Harley Quinn: Birds of Prey, il film in cui Margot Robbie è sullo schermo il 99% del tempo, in shorts, turpiloquio, botte in faccia e calci nelle palle, top attillati, panino al colesterolo strizzato fra le tette, capelli colorati, panino al colesterolo strizzato fra le tette e il 100% del tempo c’è la sua voce che dice altre parolacce e cose molto cattive. Tipo:
«Per fortuna, le idee migliori mi vengono da ubriaca».

Sì gente, Margot Robbie-Harley Quinn ubriaca che la dà via per comprare un cane. Diciamolo che infine 115 minuti di voce narrante possono essere un po’ troppo anche per Margot, ma è una scelta mirata a raccontare la “fantasmagorica rinascita” di Harley Quinn e anche ad architettare la costruzione narrativa del film, influenzata dal coronavirus della precaria salute mentale della protagonista: continui salti avanti e indietro, cose messe lì un po’ a cazzo, altre inserite perché magari fa fico o perché Margot aveva voglia di fare una cosa alla Marylin Monroe. Il risultato è “sono questa qui, piena di casini, scazzata, zoccola, violenta e non riesco mica tanto a mettere le cose in sequenza logica. Prendere o lasciare”. Alla fine Harley Quinn: Birds of Prey (come è stato rinominato il film perché sembra che la gente su internet non riuscisse a trovare il titolo, cercava “Harley Quinn” o “Margot Robbie Bona in top e panino al colesterolo strizzato fra le tette” e finiva per andare a vedere Muccino) è sconclusionato come la sua protagonista e come lei divertente, colorato, pieno di azione bella (merito di Mr. John Wick Chad Stahelski, chiamato al capezzale della regista Cathy Yan).
Un’emancipazione è tale se c’è uno status di dipendenza e se Harley Quinn la trova, lasciando Joker, facendo esplodere il luogo in cui si innamorarono e trascorrendo almeno un’ora a schivare le pallottole e le mazzate di coloro che la vogliono morta, c’è da capire cosa sarà della regista messa di lato perché non sa girare l’azione, che in fondo, di un cinecomics, sarebbe anche il core business. Tié, beccate Piccole Donne e giocaci.
Alla fine, Harley Quinn: Birds of Prey percorre una sua strada abbastanza efficace: si allontana dal pessimo Suicide Squad di cui sarebbe in fondo uno spin off e inizia subito a vivere di vita propria, perché è la storia di Harley Quinn raccontata da Harley Quinn, componendo un manifesto programmatico per un futuro possibile per l’universo DC a livello di stile – ottima l’idea dei cartelli di presentazione dei personaggi, anzi l’idea di esagerare con i cartelli di presentazione dei personaggi.
Nel giudicare, non va sottovalutato come Harley Quinn: Birds of Prey presenti non solo la storia della fantasmagorica emancipazione di Harley Quinn da Joker ma anche l’origin story di diverse supereroine collaterali come Cacciatrice (Mary Elizabeth Winstead), Black Canary (Jurnee Smollett-Bell), Montoya (interpretato da Rosie Perez, un personaggio tagliato da una sceneggiatura di Shane Black, molto poliziotto problematico anni Ottanta, ma femmina) e due cattivi, tanta roba da raccontare in meno di due ore, mantenendosi abbastanza veloce e spigliato. Brava Cathy in fondo.
Qualcuno ha detto villain? Forse qui arriviamo alla vera nota dolente, perché se lo scuoiatore Victor Zsasz (Chris Messina) è abbastanza inquietante, il Roman Sionis/Maschera Nera di Ewan McGregor è debole, mai evidentemente minaccioso, non pervenuto, sembra un figlio di papà che ha avuto una giornata storta, iniziata con la stipsi mattutina.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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