La seconda stagione di The Handmaid’s Tale è forte ed evocativa, allarga i confini della storia, parla al nostro tempo riesumando fantasmi del passato e alcuni personaggi chiave hanno preso coscienza.
Si riparte con June/Difred in fuga. I luoghi che attraversa sprigionano tutta la loro potenza e hanno parlato direttamente alle nostre ansie: il toccante tour della sede del Boston Globe (quello de Il caso Spotlight) le cui le ferite ancora sanguinanti e sanguinose hanno raccontato la brutale repressione di giornalisti e media liberi; la tesa scena al Fenway Park, stadio trasformato da palcoscenico per partite di baseball e concerti rock in tetra scenografia da una dittatura latinoamericana, sequenze di una intensità capace di attutire i sensi e lasciare un senso di assoluta impotenza, la stessa di June/Difred legata e con il volto stretto in una museruola, la telecamera stretta su di lei che la guarda dall’alto dalla prospettiva del cappio mentre la sentenza viene pronunciata, un’immagine che rischia di alimentare il vostro sonno travagliato per mesi.