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Hammamet, Episodio 3 – La vendetta del PSI

hammamet locandinaHammamet è il film in cui Pierfrancesco Favino si trasforma in Bettino Craxi, ma in Hammamet non sentirete mai né il nome e né il cognome Bettino Craxi.  Quindi per comodità, lo chiameremo Craxvino. Il regista di Hammamet, Gianni Amelio, è colmo di pietà nei confronti del Craxvino uomo e di rispetto per il Craxvino politico. Craxvino espone a più riprese la strenua difesa del sistema di finanziamento della politica che travolse la cosiddetta Prima Repubblica, mentre ad altri personaggi sono lasciate le argomentazioni a difesa della legalità. Craxvino dice “un politico deve guardare le cose dall’alto, non può preoccuparsi dei peccati veniali, perché deve tenere gli occhi sull’obiettivo finale”, ma poi, quale sia stato effettivamente questo obiettivo non si sa e non si esprime. Allo spettatore è lasciato il giudizio, ma è difficile capire quale potranno formulare coloro i quali non hanno vissuto l’era-Craxi e magari lo hanno conosciuto solo attraverso la sua controversa questione giudiziaria. Sinceramente, Hammamet cita le due condanne di Craxvino, non come certe serie tv che di politici altrettanto controversi hanno ricordato più le assoluzioni che le condanne. Allo spettatore giovane o meno attento, sfuggiranno i mille riferimenti e le mille italiche polemichette che echeggiano nelle frasi a effetto di Craxvino.

hammamet film craxi favino

Hammamet non scorre veloce come le parole furiose, argute, filosofeggianti di Craxvino, perché impone allo spettatore, con pregiudizio o meno, uno sforzo: capire che tutti contengono un Lato Oscuro e un Lato Chiaro, ma essere un nonno tenero assolve dai crimini e dalle condanne? Amelio sembra pensarlo. Sembrerebbe più interessante comprendere e analizzare come il Lato Oscuro corrompe il Lato Chiaro. Perché e attraverso quali passaggi e cunicoli della storia personale, un uomo, un politico con quelle evidenti capacità dialettiche e intellettuali diventi non solo il terminale di tangenti, ma il deus ex machina di un sistema che ha minato le basi di questa nazione, un prezzo che ancora paghiamo? Purtroppo non ci arriviamo o non interessa. Che bello sarebbe stato vedere Mani Pulite – Episodio III: La vendetta del PSI. Peccato.

Amelio non ha niente di nuovo da esprimere e da dire su Craxi, anzi no “Del Politico Precedentemente Conosciuto Come Bettino Craxi”, anzi no, di Craxvino, se non la tenerezza dell’uomo, dell’amico, del padre e del nonno, a dispetto dei suoi eccessi di ira e di arroganza. Lo osserva nella sua “prigione” tunisina sempre con compassione e pietà. Una prigione dorata e protetta. Chissà con quale moneta Craxvino ha pagato quella protezione, quei bravi che lo seguivano ovunque e la tutela dell’esercito tunisino: erano garanzie provenienti esclusivamente dal suo stipendio di deputato? 

Nel mezzo, diversi passaggi onirici, duri più per noi, figli e figliastri di questa Italia vendicativa e incapace di analizzarsi e imparare dai propri errori. È noi che guarda Amelio, l’Italia “feroce e vendicativa”, che se la prende con i potenti caduti. 

(Qui un resoconto e un riassunto delle condanne di Bettino) 

La voce dell’Italia civile resta confinata ai personaggi secondari, che, a turno, vanno a trovare Craxvino, ma quasi tutti sono collusi, corrotti o corruttori, esponenti della politica che predicavano l’onestà a parole, ma non nella pratica, nel migliore dei casi sono dei mezzi sciroccati, cresciuti col pantalone fino a trent’anni. C’è Sartori, interpretato da Giuseppe Cederna, il vecchio amico e compagno di partito con la coscienza che lo morde per il malaffare che copre; il figlio Fausto (Luca Filippi), che raggiunge Craxvino in Tunisia per consegnare una lettera del padre ormai defunto e finisce per diventare l’antagonista di Bettino, duellando con lui emotivamente e moralmente, ma senza averne lo spessore. C’è il rivale politico interpretato da Carpentieri, che ricorda: “I soldi finanziavano la politica, ma qualcosa restava sempre attaccato alle mani”. Sono tutti parte del sistema e col “sistema” si sono arricchiti, salvo poi pentirsi, giusto per farla franca; poi c’è l’Italietta iraconda, rappresentata dai turisti che insultano Craxvino al porto. Hammamet non riesce a librarsi sopra i vizi italici, senza trovare salvezza se non nel dolce cuore di nonno Craxvino, i piatti di pasta mangiati di nascosto, i dolci arabi, i soliti accordi del Belpaese: famigghia e magnà. 

Hammamet zoppica come il suo protagonista e lo spettatore all’asciutto di Craxi e di ciò che è stata la politica italiana negli anni Ottanta e Novanta, rischia di uscire spaesato e di cogliere solo la prova magistrale di Favino: sotto al trucco prostetico di Andrea Leanza, c’è un attore enorme in cui impressiona la voce, imitazione perfetta di Bettino, tanto che in alcuni momenti è intervenuto dentro di me il dubbio che ci si trovasse di fronte a registrazioni d’epoca del politico milanese. Se il cinema italiano non fosse così asfittico e se Craxi non fosse un personaggio di rilievo meramente nazionale, Favino meriterebbe davvero un Oscar.

C’è un’altra domanda a cui Hammemat non risponde ovvero non scioglie il dubbio che mia madre nutriva circa le origini genetiche di Bettino: era figlio di Benito? 

in bruges**½ Non sei andato malissimo ma neanche troppo bene… come il Tottenham

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