Captain Marvel, la recensione: le più grandi Marvel-bombe di sempre
Siamo giunti al penultimo capitolo della Fase 3, a un passo dal gran finale di Avengers: Endgame, a forza di fuochi d’artificio a chi la spara più grossa sui social network, tra “il miglior Marvel di sempre” o il “più rivoluzionario Marvel di sempre” o “i più addominali Marvel di sempre” o “il più etnico Marvel di sempre”, slogan urlati con l’entusiasmo di un Calboni per un megadirettore in coincidenza dell’arrivo di ogni nuova puntata del Marvel Cinematic Universe. Sul ciglio della porta, mentre tutti i personaggioni che ci hanno fatto compagnia negli ultimi 11 anni si apprestano a salutare, arriva Captain Marvel, con le stigmate della supereroina destinata a salvare quel che resta degli Avengers, riportare indietro il tempo su una Delorean (“ehi ti ricordi quel vecchissimo film in cui uno sfigato cercava di far mettere insieme i genitori?”), andare a recuperare i leftovers del pianeta Terra ovunque siano nascosti, senza birra, barzellette, martelli di Thor o battute strafottenti. Arriva Captain Marvel e dal giorno dell’uscita italiana tutti aspettiamo Avengers: Endgame, col pensiero dell’afflato di vedere la risposta alla domanda fondamentale dell’universo: come cazzo fa Iron Man a tornare sulla Terra? Risponderà al telefono a Captain America? A Thor ricrescerà l’occhio? Come cazzo s’è tagliato i capelli Occhio di Falco? Soprattutto: in quante strisce Captain Marvel farà il culo a Thanos?
Per stuzzicarci l’appetito ci propinano le bombe di Brie Larson, premio Oscar alle prese con tute aderenti, pugni fulminanti e duetti al pepe nero e rosa, degni di un poliziesco televisivo anni Ottanta-Novanta, con Nick Fury o semplicemente Fury, tanto anche la madre lo chiama Fury, la figlia lo chiama Fury, tranne il barista che lo chiama Nannì Nannì. Ma questi sono evidentemente fatti loro.

Per ora ti prendono subito alla gola, ti sparano il logo Marvel con le facce di Stan Lee tanto per ricordare il nonno che tutti avremmo voluto avere e farti scendere la lacrimuccia. Del resto avrò scritto un numero sufficiente di volte “Marvel” per il SEO? Marvel e basta.
Ora a dirla tutta Captain Marvel (ops) fa alcune cose molto bene, altre così così, altre ancora male. Vince il contesto anni Novanta, con i sorrisi facili a vedere un Blockbuster esclamando “anvedi ma te ricordi quanno dovevi uscire pure per vedere un film a casa?” o un colpo di raggi gamma disintegra il cartonato di Schwarzenegger che abbraccia Jamie Lee Curtis in True Lies o ridere dell’abbigliamento grunge con maglietta dei Nine Inch Nails, che sarebbe un po’ come se Fury indossasse la maglietta de Lo Squalo come satira politica verso i registi di Captain Marvel (aridaje).
Dentro le battaglie stellari, le indagini e le sfide uno contro uno a chi ce l’ha più grosso, Captain Marvel funziona davvero quando racconta i suoi personaggi. Ci affezioniamo, ridiamo, tifiamo per loro. I registi Anna Boden e Ryan Fleck, che hanno firmato la sceneggiatura con Geneva Robertson-Dworet e Jac Schaeffer tengono davvero a Carol, Maria e Monica Rambeau, Nick, Talos e perfino a Yon-Rogg – no, scherzo, a lui un po’ meno, recitato da Jude Law come fosse il cattivo di un film medioevale di Guy Ritchie.
Le debolezze, i dubbi, le passioni: tutto è portato sul grande schermo senza appesantire storia e intreccio, facendoci parteggiare davvero per Captain Marvel e la sua ostinazione a rialzarsi dopo ogni fallimento. E quando la piccola e la grande Carol continuano a rialzarsi in faccia agli ostacoli, a una famiglia difficile, alle istituzioni che ti osteggiano, allora sì, è in quel momento che capisci di essere di fronte a uno dei momenti più emozionanti dell’intero Marvel Cinematic Universe, perché dentro c’è il cuore, c’è la passione di chi ha perso e si è rialzato, non solo l’inseguimento a strattonare lo spettatore con fulmini e pianeti che esplodono. La forza e la determinazione che ci rendono umani, riescono a trasformare anche un film di supereroi, soprattutto se, nella evoluta su Hala, patria delle Starforce, le truppe d’elite dell’Impero Kree, scopriamo che c’è un efficiente servizio di trasporto pubblico: Virginia Raggi, ti prego, trai ispirazione.
Per riuscire a farti tenere per personaggi in tute attillate, che sparano fotoni dalle mani, hanno il sangue verde o indossano un costume di gomma, ci vogliono grandi attori. Brie Larson non è stata una scelta banale, riesce a comunicare la strafottenza, il dinamismo e l’empatia per Carole/Vers/Captain Marvel; di spalle Annette Bening fa la sua porca figura ancora oggi; Samuel L. Jackson fa con dignità le coccole al gatto Goose; Ben Mendelsohn come sempre giustifica i soldi con la solita algida interpretazione ricca di sorprese.
Reaction per l’ufficio stampa
Un extraterrestre con le bombe così grandi, accogliamolo subito
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
Categorie
Bel post! :–)
Con “il film medievale di Guy Ritchie” mi hai fatto venire i brividi (di terrore), ma si intuisce quale sia l’unica cosa che merita di questo film. Cioè, le due cose. Ma non sono comunque abbastanza per farmi andare al cinema a vedere l’ennesima Marvelata!
"Mi piace"Piace a 1 persona
😉
"Mi piace"Piace a 1 persona