Rogue One: A Star Wars Story e lo zombie di Peter Cushing
Chi ha visto Rogue One: A Star Wars Story è stato sorpreso da alcuni fatti incredibili: esiste una motivazione per cui la Morte Nera fu costruita con un fatale problema strutturale, la resurrezione di Peter Cushing e di pelle, tette e sedere di Carrie Fisher. Su questo tesseratto umano ci riserviamo di interpellare Stephen Hawkins e il capitano Cooper di Interstellar, il ritorno in vita di Peter Cushing alias Grand Moff Tarkin potrebbe dare vita a un nuovo culto protocristiano. Anzi diciamo prototarkiniano.
Il signor Peter Cushing era celebre per aver partecipato a molte produzioni horror della Hammer nei panni di Van Helsing o Viktor Frankenstein o anche come un ottimo Sherlock Holmes. Il suo tono british di algida indifferenza ai temi della vita e della morte lo resero un perfetto Governatore Tarkin, l’uomo che ordinò il totale annientamento di Alderaan solo perché la base ribelle indicata da Leia era troppo lontana e c’era traffico, il Raccordo è sempre bloccato. Era il 1977 anno in cui Cushing aveva già deciso di non indossare mai gli stivali ed ecco perché in Guerre Stellari non c’è una sua inquadratura dalla testa ai piedi: un Grand Moff dell’impero non poteva certo indossare i mocassini! Così, quando nel 2013 e seguenti, gli eredi designati di Lucas e compagnia decidono di girare Rogue One si rendono conto di non potere fare a meno di Tarkin e -zac! – non ci sono immagini da utilizzare che fossero state tagliate del 1977. La genialata è stata trovare un attore che per altezza e taglio e colore degli occhi ricordasse Cushing e poi appiccicargli sulla testa la faccia digitale e ringiovanita dell’attore inglese. Lo “interpreta” Guy Henry, vi ricorderete di lui come Pius O’Tusoe, capo dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia del Ministero della Magia in Harry Potter e i Doni della Morte ed anche per Holby City e una partecipazione a uno Sherlock Holmes per la televisione con protagonista Rupert Everett.
Il risultato è un gommoso Tarkin, certamente più vivo del Jeff Bridges riportato alla gioventù per Tron Legacy. La questione se sia legale non sussiste: negli States c’è una legge apposita e la Disney ha discusso i dettagli della cosa con l’erede di Cushing, la sua segretaria. Sembra poi che molte celebrità stiamo facendo la scansione dei loro volti e corpi per consentire l’utilizzo delle loro prestazioni attoriali anni dopo la loro dipartita.
Sono tecniche che si stanno sviluppando velocemente. Di strada ne è stata fatta da quando Robert Zemeckis fece rivivere personalità del passato in Forrest Gump o resuscitò Bogard in una serie tv per HBO, I racconti della cripta. Anche in Zelig ci furono dei tentativi. Più recentemente, Fred Astaire ballò con un aspirapolvere diversi anni dopo essere deceduto e Paul Walker tornò in vita per Fast&Furious 7 dopo essere tragicamente scomparso in un incidente d’auto. In quel caso furono i fratelli Cody e Caleb a fare da stunt, poi effetti speciali e riprese riciclate dai film precedenti.
Ci fu poi il caso Oliver Reed. L’attore morì improvvisamente durante le riprese de Il Gladiatore. Per completare le scene previste per Reed venne usato del materiale girato durante le prove del film «per creare una maschera digitale che fu aggiunta sul corpo di una controfigura». Due minuti di riprese costarono circa 3,2 milioni di dollari. Anche ne I Soprano ci fu una resurrezione, il tempo necessario per far scomparire dalla serie il personaggio della madre di Tony, Livia, interpretata da Nancy Marchand, dopo che la stessa era morta per una grave forma di enfisema, anche lei con una testa appiccicata digitalmente sulle spalle di un’attrice che faceva da modello.
Poi, a volte, sceneggiatori e staff creativo cercano di spremersi le meningi per cinque minuti, far fare ginnastica ai neuroni e inventarsi qualcosa. Accadde per l’ultimo capitolo di Hunger Games, quando Philip Seymour Hoffman morì prima di completare il girato o con Heath Ledger, scomparso prima di riuscire a terminare il suo lavoro con Terry Gilliam per Parnassus. Ne è valsa la pena? Mah.

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