The Young Pope: recensione, riassunto, migliori battute e altre cazzate degli ultimi due episodi e commento alla chiusura della prima stagione
Che cos’è The Young Pope?
La serie tv con la prescrizione medica: contro l’insonnia scaricare da Sky On Demand, una puntata prima di coricarsi. Firmato Il prof. dott. Paolo Sorrentino primario della clinica Villa Vaticana convenzionata con le mutue.
Come è stato?
Gli ultimi due episodi di The Young Pope sono stati la perfetta consustanziazione della luce e dell’ombra sorrentiniana. Episodio 9 è un perfetto gioiello in cui il discontinuo talento visivo del regista si combina con una narrazione perfetta, in cui tante piccole storie esemplari confluiscono in un fiume narrativo che chiude alcune delle linee di racconto che ci avevano accompagnato nei precedenti otto episodi. Bernardo risolve il caso degli abusi di Kurtwell incastrando l’arcivescovo e nel suo indagare incrocia tanta umanità disperata che cerca di fuggire la forza di gravità delle proprie paure. Intanto, Spencer (James Cromwell) e Pio XIII (Jude Law) dibattono nella Cappella Sistina sull’aborto e sulle differenti posizioni teologiche non facendo altro che evidenziare l’oltranzismo di Lenny. Ma il suo amico e mentore è giunto alla fine dei suoi giorni: sul letto di morte chiede al giovane Papa di raccontargli il miracolo che fece da ragazzo quando salvò la madre di un suo amico da morte certa sotto gli occhi della famiglia, di Suor Mary (Diane Keaton) e di Andrew.
Episodio 10 torna a essere incentrato sul nostro Papa, per me sempre più un eroe mentre fa piangere una scolaresca di bambini spiegandogli che la pioggia altro non è che le lacrime di Cristo causate dai loro peccati; anche il suo percorso umano, spirituale e temporale sembra giungere a una svolta, quando decide finalmente di apparire ai fedeli: a Venezia, non come gli aveva chiesto Spencer per seppellire i suoi genitori, ma nella speranza di ritrovarli. Quando li vede tra la folla, grazie a un binocolo che Bernardo gli regala durante una sosta in autostrada, Pio XIII si sente male e si accascia a terra. Vedi che succede a mangiare una cosa al volo e magari una bibita gassata ghiacciata all’Autogrill?
L’assenza è presenza.
Luce e grazia, ma anche noia, ridondanza, inutilità come 20 euro dati a un gatto. The Young Pope ha la tracotanza di voler fare cinema ignorando le differenze con il piccolo schermo (non provate a fare bingewatching con The Young Pope, potrebbe indurre pesanti attacchi di narcolessia), ma anche l’ambizione di chi aspira a un obiettivo alto. The Young Pope annoia, ha perso spettatori, ma ha anche espresso un anelito divino, raccontando una “chiesa” ideale che si sostanzia nel corpo di un retrogrado, un ultra conservatore capace di compiere miracoli, che parla con Dio ma non crede in Dio. Perché Pio XIII crede nell’uomo anche se l’Uomo probabilmente gli fa schifo, crede in Suor Maria e la Beata Juana, e in quella scintilla che tutti abbiamo. Quando implora “datemi la pace e vi darò Dio”, quando chiede “Sorridete, perché Dio sorride”, esprime qualcosa di supremo, una preghiera laica e umana: dio siamo noi, basta crederci. Sorrentino sembra pensarlo: Dio dovrebbe essere un’incitazione ad aspirare a essere migliori, ad abbracciarci e sorridere per rendere davvero il mondo il “Regno dei Cieli”, anche se a quanto pare, per Lenny sembra essere necessario un Dio medievale, terribile, spietato, un Dio da Antico Testamento per indurci a unirci come un unico popolo. Un po’ come Ozymandias e Dottor Manhattan in Watchmen.
Hai rott’ ‘u cazz’!
In The Young Pope, Paolo Sorrentino assedia tanta grazia e magia ricorrendo all’assurdo, al paradosso, al grottesco e al sarcasmo partenopeo, talmente opprimenti e presenti in quasi ogni scena da divenire insopportabili e tali da vanificare i valori filosofici e teologici della serie. Suore che giocano a pallavolo o stendono i panni sorridendo, carrellate lunghe come campi di calcio, “Hai rott’ ‘u cazz’!” di Voiello (Silvio Orlando) al pastore che vede la Madonna. Storie di mezzi intrighi, falsi misteri, spicciolame retorico su orfani e genitori, cardinali, vescovi e papi in preda a deliri onirici inframezzati da Voiello con la maglia del Napoli, le scene prese di peso da video anni Ottanta dei New Order, le chiappe papali mostrate nel primo episodio per garantirsi stigmate da birichino, il guardaroba di Lenny completamente in bianco. Come si fa a prendere sul serio una roba così?
Appassionare agli afflati emotivi di un Papa che cerca il padre e la madre che lo hanno abbandonato evidenziando la retorica del prete che sceglie di non avere famiglia per essere eternamente figlio di Dio o un segretario di stato che espia il male che deve compiere nell’esercizio delle sue funzioni per il bene della Chiesa facendo da assistente a un bambino affetto da paralisi cerebrale (grazie Lina!) usando l’ironia come chiave per entrare nel cuore dello spettatore sarà pure sorrentiniano ma francamente è urticante, è banale, è facile.
Concorda che sia un crimine che la cultura dei cocktail stia sparendo Sua Eminenza?
Nella serie trasmessa in Italia da Sky Atlantic e Sky Cinema, Sorrentino ha cercato di metterci l’attualità – la pedofilia, il celibato dei preti – prendendo banalmente posizione tanto che mentre Bernardo Gutierrez va a caccia di testimoni per montare il suo caso contro Kurtwell, francamente pensavo di vedere spuntare alle sue spalle Rachel McAdams e Mark Ruffalo con le loro borse a tracolla trascinate come un fardello e moleskine usurate dall’inchiostro ne Il caso Spotlight. Alla fine, solo il confronto di dottrina tra Spencer e Pio è stato interessante, perché spiega in maniera dotta (troppo?) le rispettive posizioni e come alla fine anche il tema della vita e il suo rispetto non sia nei toni del bianco, dello scuro, delle battute argute e della fotografia smarmellata di Luca Bigazzi.
Una preghiera non deve essere un elenco di richieste. Deve essere un’occasione di comprensione. Mentre preghiamo riflettiamo nel modo più elevato possibile perché qualcuno possa soffiare pensieri al nostro orecchio. Quel qualcuno lo chiamiamo Dio.
Senza far mancare evergreen come Maradona, le focali corte che appannano il contesto e concentrano l’attenzione al centro dello schermo, personificando la narrazione e sbiadendo tutto il resto, così che l’unico episodio che funziona davvero è quello corale, con le storie esemplari di Kurtwell e il suo padrone di casa, Bernardo e la sua amica che non si vuole operare, il giocatore di tennis o la moglie del fattore miracolata da Lenny, racconto che esprime l’ultimo desiderio di uno Spencer sul punto di morire, una puntata in cui Pio è laterale, quasi nascosto e c’è solo il racconto stilizzato che completa un quadro finalmente complessivo nitido.
Quelli che credono in Dio non credono in niente.
Poi c’è la passione per gli incontri, come quello con il primo ministro della Groenlandia o lo scrittore premio Nobel o il Renzi di Stefano Accorsi, mostrato non casualmente in una puntata piena di tette tanto per esclamare garbatamente e sorrentinianamente “da un’idea di Stefano Accorsi”. Oppure gli incontri casuali come quello di Lenny e Andrew in fuga per una notte dal Vaticano con una escort in un albergo di Roma, in cui il Papa dell’assenza si fa un selfie con la prima zoccola incontrata per strada.

Se il giudizio complessivo è a malapena sufficiente, con la giusta dose di caffé e Red Bull, The Young Pope si può rivelare comunque nella sua noiosa ma importante complessità. Almeno avrete qualcosa di cui parlare in società.
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