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Jurassic World

jurassic worldFurbata senza precedenti questo Jurassic World, che si vende sull’effetto nostalgia degli appassionati che negli anni Novanta impararono ad amare i dinosauri di Steven Spielberg, sull’esercito di teenager che chissà per quale turba psicotica sanno tutto sui dinosauri e sul concetto dei grandi blockbuster del nostro tempo: più è grosso, più fa rumore, più è bello e più incassa. Che poi è la stessa filosofia alla base del parco divertimenti protagonista del film
Vent’anni dopo le vicende narrate nel primo film, Jurassic World è diventato realtà, uno zoo per dinosauri grande quanto un’intera isola al largo delle coste del Costa Rica, piena zeppa di tantissime specie che l’uomo ha riportato in vita, la cosiddetta de-estinzione. Ma non basta. Anche per tenere in vita un parco così straordinario ci vuole il colpo ad effetto, animali sempre più grandi, sempre più grossi, sempre più rumorosi, sempre più spaventosi, in sintesi con più denti. Ed è per questo che la proprietà ha creato l’Indominus Rex grazie all’ingegneria genetica. Come è capitato anche negli altri film della serie, è la stupidità umana a dare il via a una serie di eventi che mettono in pericolo i nostri protagonisti.

Bryce Dallas Howard è la manager del parco e, vi giuro, guardando la sua carriera e anche la sua “brillante” interpretazione in questo film, io credo che avrebbe più possibilità come manager di Disney World piuttosto che di impressionarmi per le sue doti di attrice sul grande schermo. Perché lavora Bryce Dallas Howard? La direttrice del Jurassic World è circondata da gente più inetta di lei e con i due nipotini in visita al parco presto smarriti, l’unico aiuto che potrà ottenere per riportare in gabbia l’Indominus Rex fuggiasco è quello di Owen Grady interpretato dal sempre più indianajonesque Chris Pratt.

Il nuovo dinosauro, più grande, più grosso, più cattivo, con più denti e oltretutto cresciuto in cattività completamente isolato il cui unico contatto con il mondo è un enorme manzo scuoiato che i suoi carcerieri gli danno come pranzo, è anche molto intelligente e con poteri da X-Men tipo controllare la temperatura per ingannare le cellule termiche presenti nella sua gabbia e la possibilità di mimetizzarsi.

A creare una un essere così letale è stato lo stesso ricercatore matto che aveva fregato già John Hammond nel primo episodio. Un po’ come gli americani che dopo la Seconda Guerra Mondiale assoldano gli scienziati pazzi nazisti per sviluppare il loro programma missilistico e spaziale o lo S.H.I.E.L.D. che si affida ad Arnim Zola. La stupidità dell’Uomo non cambia mai e Spielberg, che qui produce, lo sa perfettamente tanto che ne fa il motore principale dei suoi film più importanti. Un film sull’idiozia umana e sul perché meritiamo #TeamEstinzione. La stupidità di uno che non ha il brevetto di pilota e pensa di poterlo guidare in quella che sembra una zona di guerra, la stupidità di un responsabile di una gabbia di un pericolosissimo mostro che pensa bene di aprire la porta all’Indominus Rex. E via così…

Però qui c’è in gioco qualcosa di più, c’è in gioco quell’idea di cinema che sta prevalendo in questo momento. Sì, perché se all’interno del film vagamente si critica questo atteggiamento alla ricerca continua della spettacolarità che non tiene in conto i pericoli che può creare, evidentemente la produzione non si rende conto che con questi filmoni, giocattoloni sempre più grossi e rumorosi, si stanno esattamente comportando come il padrone del Jurassic World. A proposito: il magnate indiano proprietario del parco fa molto new economy e questa scelta dice molto sull’attuale crisi economica mondiale, molto di più di cento puntate di Anno Zero.

Jurassic World è girato proprio come un parco divertimenti: Trevorrow ci porta in giro per le attrazioni, mettendolo semplicemente in mostra, contando semplicemente sul fatto che lo spavento e l’effetto nascano da soli, perché sullo schermo c’è un enorme dinosauro alto 15 metri che si comporta come se fosse Hannibal Lecter e cerca di ammazzare tutto quello che incontra. Jurassic World è la dimostrazione della bulimia che affligge il mondo del cinema. Trevorrow dimentica proprio la lezione del grande Spielberg (che evidentemente era troppo distratto dalle sue partite a Carcassonne per fare le pulci al lavoro del suo sottoposto): il terrore, la paura, la tensione vanno costruite inquadratura dopo inquadratura. Ricordate il bicchiere che tremava a ogni passo del T-Rex? Ricordate il tempo che Steven si prendeva per creare tensione e la percezione del pericolo? Diciamo che Spielberg se lo pomiciava bene il pubblico prima di dargli del buon sesso, invece Trevorrow è per le sveltine: si apre i pantaloni e ti dà due botte veloci e forti… Non che una sveltina non possa essere del buon sesso e Jurassic World un po’ intrattiene. Il domatore di Velociraptor Grady/Pratt è un buon personaggio che crea una buona chimica con Claire/Howard, molto Vecchia Hollywood con l’eroe che protegge la ragazzetta carina coi tacchi a spillo nella giungla, la classica femmina che si nasconde dietro al maschio quando sente un rumore, ma nell’arco di sviluppo del suo personaggio chiude con il caschetto rosso di Bryce che imbraccia un fucile e stecchisce uno pterodattilo per salvare l’eroe.

Nei 124 minuti di Jurassic World ho sentito dire “Il segreto per una vita felice è accettare il fatto che non si ha mai interamente il controllo”. Deve essere il motto di Colin Trevorrow che qua e là mette un ragazzino allupato che guarda a bocca aperta qualsiasi femmina che respira – sembro io da solo a Roma in agosto; il magnate indiano con la camicia viola; il buffo assunto per cui una rossa tettuta con la gonna stretta e i tacchi a spillo possa correre più veloce di un T-Rex incazzato e l’ironia quando il liceale arrapato dice al fratellino “Ti ricordi il fantasma?” evidentemente alludendo al fatto che il fratellino è interpretato da Ty Simpkins, il bimbetto di Insidious 1 e 2 (e Iron Man 3).

La battuta
Che razza di dieta non prevede la tequila?

Sono stato in marina non con i Navajo.

fightclub** Ragazzi, state commettendo un grosso sbaglio.

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