Mud, l’insostenibile leggerezza del bambino
I film coi bambini me stanno sui cojoni. Diciamolo subito, così usciamo allo scoperto. D’altra parte, Jeff Nichols mi piace da pazzi. I suoi primi due lavori, Shotgun stories e Take Shelter, sono due scorrette visioni, al limite del delirio, di un’America violenta e scossa da una natura indifferente.
Mi ha colpito quando ho scoperto che Nichols avrebbe fatto un film con protagonista un bambino e mi sono anche preoccupato che ci fosse Michael Shannon, attore feticcio del regista, presente in tutti i suoi film.
Quello che colpisce di Mud (la M è fonica) è che il suo svolgimento è piuttosto ordinario: classico film di formazione, Mud è la storia di due quattordicenni che scoprono su un’isola deserta lungo il Mississippi un Matthew McCounaghey nel ruolo del titolo, in fuga dopo aver ucciso l’uomo che picchiava e aveva fatto perdere un figlio alla sua amata, Juniper/Reese Witheespoon. Uno dei due ragazzi (Ellis) si lascia coinvolgere dalla storia dei due innamorati – anche se lei è una zoccola – mentre il suo amico è interessato solo a prendere la pistola che Mud gli ha promesso in cambio dell’aiuto a rimettere in sesto una barca finita su un’albero e che serve all’uomo per tentare una fuga d’amore. Nel mezzo, le difficoltà del matrimonio dei genitori di Ellis, il governo federale che vuole spazzare via la tradizione delle famiglie che vivono sui barconi lungo il fiume, una natura prepotente e violenta.
Come è Mud? Lungo, lento (come direbbe mia madre) e si regge su due o tre concetti forti: l’interpretazione di Mister Dolce&Gabbana, il ragazzino nei panni di Ellis (che abbiamo visto anche ne The Tree of life), una scena di sparatoria che però ho visto fare di meglio.
Li vale 8 euro? Mah, sì dai.
C’è il 3d? No.
C’è la fica? Reese è bona ma c’ha quella scucchia che secondo me l’ha sempre limitata.
In una scala in cui 1 è Sahara e 10 è True detective, come valuti l’interpretazione di McCounaghey? Diciamo 7,5 anche se dopo averlo sentito recitare in inglese, ormai McCounaghey in italiano nun se po’ propio sentì. Più.
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.
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