Blood Red Sky
Sembra il prequel di The Strain, invece Blood Red Sky è un’interessante rilettura sul tema vampiri, disponibile su Netflix. Il vampirismo è una malattia, la protagonista Nadja tenta di curarla o quanto meno contenerla, prendendo regolarmente delle medicine, ma Nadja è anche la madre di Elias. La vita di Nadja si muove su questi due binari, quando durante un volo che la dovrebbe portare verso una cura, dei terroristi dirottano l’aereo e tutti i suoi passeggeri. A sto punto essere un vampiro incazzoso diventa utile e Nadja inizia a fare il culo a tutti. Ah ma c’è anche il #metoo… sto film è proprio interessante.

Blood Red Sky ha anche un’altra chiave di lettura. A un certo punto il regista Peter Thorwarth (che ha scritto la sceneggiatura insieme a Stefan Holtz) vira sul tema “bambini nordici che risolvono problemi”: i figli del freddo non sono come tutti gli altri, sarà almeno il terzo film nordeuropeo in cui i bambini non si limitano a sbattere le palpebre per risolvere situazioni con la loro innocenza o convincere qualcuno a comprargli la droga, ma i bambini del Nord Europa risolvono delle cazzo di situazioni di tensione geopolitica con botti, esplosioni e gravi dilemmi morali da risolvere, tipo Rambo e Commando, ma coi bambini. L’ho sempre detto che noi dell’Europa del Sud siamo troppo mammoni.
L’ambientazione nell’aereo crea un costante clima di tensione: vampiri, terroristi e passeggeri cacacazzi usciti dalla pagina Instagram di Ambra Garavaglia tutti insieme, chiusi a pressione, a 10mila chilometri di altezza, tra pallottole, iniezioni, esplosivi, automobili e cene a base di pesce, Blood Red Sky è una drammatica lotta per la sopravvivenza, arricchita da flashback che ricostruiscono il come e il perché Nadja sia diventata una vampira. Insomma, pensavo peggio.
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