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No time to die, recensione e podcast

Male “Malek” per il capitolo che chiude la saga di Daniel Craig dentro la storia di 007. No time to die è un film dall’action convenzionale (non c’è una scena che resta impressa alla fine della proiezione, l’inseguimento con le auto dentro Matera non tiene mai col fiato sospeso, non è eccitante quanto quella dentro gli Uffizi in 6 Underground per capirci, ma poi vogliamo parlare delle pecore teleguidate dalla Spectre?) con bei personaggi a cui qualche volta sono regalati bei dialoghi – con qualche eccezione – ma una sola sequenza davvero forte (interrogatorio di Blofeld/Hannibal Lecter).

Per il resto, un villain irrisolto (ma che vuole? Ha visto troppo gli Avengers e vuole fare il Thanos?), una Lea Seydoux sottotono; troppo poco spazio per M, Q e Moneypenny, ingoiati dalla necessità di mostrare continuamente sullo schermo un Bond progressivamente invecchiato e stanco; alla grande Ana De Armas, vero effetto (e agente) speciale di Not time to die).

Sotto per il podcast in cui parliamo anche di Tre pall… scusate Tre Piani di Nanni Moretti:

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