The Wolf of Wall Street
Jordan Belfort, un broker di Wall Street ridotto sul lastrico dal venerdì nero dell’ottobre del 1987, cerca di rimettere in piedi la sua vita trovando lavoro in una piccola agenzia che vende nel cosiddetto penny market, aziende “emergenti” non quotate. Da lì inizia la sua scalata al cuore della Finanza del mondo libero, gli Usa. È legale? All’inizio ha delle zone d’ombra ma nelle mani di Jordan, be’, diventa completamente illegale. Mentre ammucchia soldi, fedele al motto che gli hanno insegnato quando era solo un aspirante broker ovvero di prenderli dalle tasche dei clienti e di metterle nelle proprie, Jordan non si fa mancare nessun tipo di eccesso: alcol, puttane, droga, orge. Senza alcun tipo di etica e di morale tira dentro nella sua scalata al sistema economico Usa una banda di idioti, falliti, mezzi delinquenti o criminali totali, allargandosi cosi tanto da attirare l’attenzione dell’Fbi. Beccato a causa della sua stessa ingordigia – una prima proposta di accordo con l’autorità di controllo della Borsa gli avrebbe consentito di cavarsela tenendosi gran parte dei suoi guadagni illeciti ma Jordan rifiuta – grazie a un accordo con il procuratore se la cava con 36 mesi di prigione dove passare il tempo giocando a tennis. Una volta fuori, potrà dedicarsi al mondo dei corsi per sfigati e poveracci che vogliono, come lui, imparare a fare fesso il prossimo. Insomma, togliergli i soldi dalle tasche per metterli nelle proprie. E qualche anno dopo, pure un film di Martin Scorsese con DiCaprio protagonista.
Ora.
The Wolf of Wall Steeet è un cazzo di film della madonna, puro Scorsese della depravazione del nostro tempo, pulsioni viscerali, ingordigia, lussuria, diretto come solo Obi Wan Martin sa fare, interpretato meglio con un DiCaprio gigante e un McConaughey gigantesco (anche se lo vediamo soli cinque minuti), montato magnificamente, costumi e scenografie da premio e Dio mi aiuti se dimentico qualcosa.Ora. Un’opera tanto gigantesca non è solo forma ma anche fottuto contenuto. Ecco perché il lungo prologo sulla trama che, chi ha la bontà di conoscerci, sa che ricorriamo al riassunto della sinossi raramente. Perché la storia, vera verissima, da cui Scorsese su impulso – e anche qualcosa di più – di DiCaprio ha tratto il film è emblematica per raccontare il nostro tempo, la crisi economica, noi.
È perfetto.
E lo è senza spiegare assolutamente i meccanismi della Borsa. Lo è perché racconta gli uomini. Ricordate l’ingordigia di Gordon Gekko? Be’ Jordan Belfort – quello vero! – era un fan di Gekko. Un mondo senza regole, un mondo stordito e intossicato, senza dio e senza valori, un mondo in cui il vuoto spinge a stordirsi, ad assumere tranquillanti e sedativi per non sentire l’eco dei propri pensieri nella testa. Non essere mai sobri.
Senza soffermarsi su tecnicismi – io di tanto in tanto vado ancora sulla pagina Wikipedia de Una poltrona per due a cercare di capire come Winthorpe e Billy Ray fregano i fratelli Duke – The Wolf of Wall Steeet è l’epopea di un gruppo di bravi ragazzi che – impreparati, ignoranti, mezzi criminali o completi delinquenti – sono riusciti a saccheggiare Wall Street e derubare migliaia di persone. Quando Matthew McCounaghey “inizia” DiCaprio/Belfort su come funzionano le cose in Borsa – “prendi i soldi dalle tasche dei tuoi clienti e li metti nelle tue”, gli suggerisce di masturbarsi continuamente e di farsi di cocaina – capiamo tutto. Lo capiamo ancor di più alla fine quando il nostro “eroe” se la cava con tre anni di prigione trascorsi a giocare a tennis e uscirne come ideatore di un programma che insegna a vendere, un’autobiografia e, oggi, un film di Scorsese con DiCaprio che gli presta la faccia. E se The Wolf of Wall Street ti riempie gli occhi per quasi tre ore lasciandoti alla fine esclamando “ne voglio di più”, la cosa davvero azzeccata da Scorsese è il tono. Sebbene possa sembrarlo, The Wolf of Wall Street non è Quei bravi ragazzi. Quel film è stato già fatto ed è perfetto così. Per la sua barocca ricostruzione di un sistema che fa acqua da tutte le parti se gli uomini che lo incarnano sono dei narcisisti disposti a tutto, Scorsese ha usato il tono della commedia riuscendo dove David O. Russell ha fallito con American Hustle. The Wolf of Wall Street fa ride’, e tanto. Durante la proiezione stampa un collega ha quasi sputato un polmone dalle risate. Situazioni ridicole che camminano sulle gambe di uomini piccoli: emblematici i pochi momenti di sesso da “sobrio” di Belfort: brevi e insignificanti.
Dopo averci tramortito, il colpo finale te lo danno gli straccioni e la gente dimessa che ritorna a casa dopo una lunga giornata di lavoro nella metropolitana, su cui l’agente dell’Fbi che ha preso Belfort, Patrick Denham (interpretato da Kyle Chandler), allunga uno sguardo pieno di pietà e disperazione pensando a quanti vivono con poco, pochissimo e chi conduce un’esistenza di eccessi degni delle monarchie assolute. O come quando vedi i corsisti di Belford, si capisce la disperazione, la voglia di arrivare, l’ingordigia. Loro sono il vero pugno allo stomaco di una società senza controllo, di una giungla con l’illusione del controllo. E alla fine ti aggrappi al personaggio di Kyle Chandler, gli vuoi più bene di quando ha interpretato il papà di Super 8.
L’ultima cosa la voglio scrivere sugli effetti speciali. Ma come? Effetti speciali da 100 milioni di dollari per un film ambientato per lo più in uffici, ristoranti, appartamenti, ville e barche? Anche in questo Scorsese si dimostra più all’avanguardia dei suoi colleghi più giovani, indicando la strada a tutti – come aveva fatto in Hugo Cabret e attenendosi a quella lezione: come gli effetti e la computer graphic possono essere usate per raccontare storie di questo lupo senza appesantire la struttura del racconto, anzi.
The Wolf of Wall Street è già il film dell’anno, dopo averlo visto potete dimenticare il cinema fino al 2015.
La battuta
I nodi vengono al pettine, qualsiasi cosa voglia dire.
Il momento che non potrete dimenticare
No, non è il nudo integrale di Margot Robbie ma Gloria di Umberto Tozzi.
***** A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…
Categorie
Scrivere questo sapendo che sta per uscire (nel 2014) il nuovo film di Christopher Nolan (col Matthew McConaughey di questi tempi -True Detective è semplicemente un capolavoro) è, per usare un eufemismo estremamente garbato, indice di una certa qual mancanza di lucidità.
"Mi piace""Mi piace"
Per me, Martin Scorsese è ancora il più grande regista vivente. Lui è dio, chris nolan lo spirito santo
"Mi piace""Mi piace"