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Che Dio ci perdoni, recensione

che dio ci perdoni posterChe Dio ci perdoni, terzo lungometraggio di Rodrigo Sorogoyen con Antonio de la Torre e Roberto Alamo.


Continua il viaggio dentro il cinema di Rodrigo Sorogoyen, il mio innamoramento di questo ultimo anno e mezzo. Dopo Il Regno, As Bestas, passato recentemente alla Festa del Cinema di Roma, e la serie tv bomba su Disney+ Antidisturbos, andando a ritroso nel tempo Sto arrivando!iva la recensione di Che Dio ci perdoni, ambientato nella calda estate del 2011, tra crisi economica, proteste sociali e nell’attesa della visita a Madrid di Papa Benedetto XVI. In un clima appiccicoso e torrido, un serial killer stupra e strazia i corpi di donne anziane. Gli ispettori di polizia Luis Velarde (Antonio de la Torre) e la testa calda Javier Alfaro (Roberto Álamo) indagano, stretti tra la necessità di fare in fretta per non disturbare la visita pontificia e tenere a bada i mass media in un momento politicamente delicato.

Sorogoyen mostra la corruzione della società e il conflitto sociale, ma sono sullo sfondo, in primo piano c’è sempre il degrado morale dei singoli, la crudeltà, l’inadeguatezza, difetti e vizi, derive etiche da cui sgorgano tutti i mali delle sovrastrutture umane. Insomma, l’Uomo fa schifo, tutto ciò che crea andrà sempre a puttane. I mali del singolo e quelli della comunità non sono altro che le due facce della stessa medaglia.

Altro tratto caratteristico di Sorogoyen è la profonda caratterizzazione dei personaggi, tutti con la vita a pezzi, sogni distrutti, violenza e i piccoli difetti che li disegnano anche oltre i loro limiti umani. In Che Dio ci perdoni, il personaggio di de la Torre – attore feticcio che ritroveremo anche ne Il Regno – è balbuziente, fa il poliziotto ma non sa usare le armi da fuoco, dovrebbe difendere legge e ordine – e lo fa, cercando con determinazione il serial killer – ma lui stesso ha un rapporto basato sulla sopraffazione e la violenza sulle donne.

Il risultato è che questo Che Dio ci perdoni – disponibile su Prime Video – è film di straordinaria forza e complessità morale. Non esiste il bene e nemmeno il male, stanno tutti dalla parte sbagliata, anche se perseguono il bene. In ciò lo stile visivo diventa manualmente uno strumento per tenere lo spettatore sotto pressione, la violenza e il dilemma potrebbero sgorgare in qualsiasi momento, anche da un tenero approccio finito male o mentre una domestica sta pulendo, grazie alla capacità di Sorogoyen di scatenare tensione anche da una zoomata, lentissima, su una statua equestre. Le vite dei suoi poliziotti sono distrutte, alla deriva e solo uno strano caso del destino li separa dai criminali a cui danno la caccia. Mariti violenti, predatori sessuali e anche all’interno della caserma, lo spirito di corpo sbandierato nasconde odio, risentimenti, mentre gli atteggiamenti pesantemente discriminatori e vessatori verso le colleghe sono all’ordine del giorno. Un affresco spietato, senza speranza, disperato.

forrst gump**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare

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