Come un padre – recensione
Come un padre è il docufilm di Alessio Di Cosimo, incentrato sulla figura di Carlo Mazzone, iconico allenatore degli anni Settanta, Ottanta, Novanta e Duemila, recordman di panchine in serie A, 795, icona di un calcio che non c’è più. Come un padre è disponibile su Prime Video.
Con le battute, con la filosofia, con il modo di stare in campo e, di conseguenza, al mondo di Carlo Mazzone si sarebbe potuta girare una serie tv di 8 ore, alla faccia di Ryan Murphy, dei suoi serial killer invecchiati male e finti misteri della provincia americana (si capisce che ce l’ho con Dahmer e The Watcher?), ma giustamente Alessio di Cosimo ha scelto di raccontarla in un’ora e mezza, ha messo dentro le squadre, le gioie, i traumi, i dolori, le vittorie, i calciatori, i collaboratori, la vita, la morte e, per fortuna, una parte molto limitata di fiction, forse il momento più debole, finalizzata a raccontare la gioventù di Carlo nella sua Roma .
Ne esce fuori la narrazione di un allenatore, il recordman di panchine nella nostra Serie A, l’affresco di un calcio senza tempo, senza inutili belletti, ma sincero, nelle sue tristezze e le sue glorie ruspanti, ma soprattutto ne esce vincitore – e come se no? – l’Uomo, pieno di valori oggi in disuso, perfettamente sintetizzati nella ferrea volontà di rispettare lo sport anche quel 14 maggio 2000 quando, da romanista, battendo la Juve all’ultima giornata, regalò lo scudetto alla Lazio. Un Uomo contro l’establishment e il potere, con i fatti non solo con le parole, un Uomo tutto di un pezzo anche quando coccolava i suoi calciatori più rappresentativi, uscendone sempre in disimpegno a testa alta con una battuta, con un lancio lungo verso la vita, sempre nel rispetto di tutti.
La testimonianza viva è nell’ammirazione di ex calciatori, bolsi, pelati, lampadati, coi pizzetti imbiancati, con le rughe del tempo, alcuni oggi sulla breccia come allenatori; un’adorazione riflessa nella nostra, nella mia, di noi che abbiamo amato Carletto anche e soprattutto quando non era allenatore della Roma, perché la sua romanità vinceva anche i colori delle altre squadre.
Constatare l’ammirazione di Guardiola per Mazzone, come Pep generosamente si concede per raccontare Carletto, il ricordo di quando “mi disse, ‘Guardiola Io nun te volevo, io preferivo Giunti’” e veder brillare gli sguardi di Guardiola, di Totti, di Baggio e di calciatori-ballerini di seconda e terza fila come Cappioli, Muzzi o i gemelli Filippini amore e riconoscenza mentre spiegano quanto Mazzone abbia inciso nelle loro vite di calciatori e uomini è un riconoscimento per Mazzone, ma un privilegio per noi che assistiamo dagli schermi di Prime Video. In quel momento chiunque comprende: le vere coppe e trofei della vita le alzi al cielo quando entri così profondamente dentro le persone, cambiandole e lasciando un po’ di te, un legame che il tempo non può affievolire o scalfire. “Time is undefeated” diceva Rocky, ma Carletto ne esce solo a testa alta. Quando sarà.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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