The Staircase – Una morte sospetta
The Staircase – Una morte sospetta è la miniserie true crime andata in onda su Sky e NOW, otto puntate che raccontano la storia di Michael Peterson e della morte (assassinio? incidente?) di sua moglie Kathleen. È ricostruita la vita della numerosa famiglia Peterson prima della morte di Kathleen e dopo, ovvero attraverso la lunga vicenda giudiziaria che coinvolto Michael tra il 2001 e il 2017.
La prima cosa che balza agli occhi di The Staircase – Una morte sospetta è il bel cast: Michael Peterson è interpretato da Colin Firth; sua moglie Kathleen è Toni Collette; David Rudolf è l’avvocato che difenderà Michael ed ha il volto di Michael Stuhlbarg; Sophie “Sansa Stark” Turner è Margaret figlia adottiva di Michael; Odessa Young è Martha, l’altra figlia adottiva sorella di Margaret; Dane DeHaan è Clayton, Jason Schwarzenegger è Todd altro figlio di Michael; Juliette Binoche è Sophie Brunet, la donna con cui Michael prova a rifarsi una vita e Parker Posey è Freda Black, assistente del procuratore.
«La verità è solo fumo negli occhi: nessuno sa chi ha veramente vicino».
The Staircase – Una morte sospetta ha un cast importante, supportato da una storia piena di sfaccettature. C’è la vicenda giudiziaria, ambigua nei suoi risvolti e compromessa dalla corruzione del sistema giudiziario americano, una macchina succhia soldi che trascina sul lastrico chiunque vi si trovi invischiato; ma al di là di chi abbia veramente ucciso Kathleen – un gufo, una caduta accidentale o davvero suo marito – The Staircase – Una morte sospetta entra dentro la vita della famiglia Peterson, perseguitata dal sogno americano e dall’opprimente necessità di rappresentare e di trasmettere un’immagine di serena e vincente da “upper upper class liberal” americana. Tale “sogno” si trasforma in un incubo, mettendo in moto i meccanismi che la porteranno alla distruzione. Perciò più interessante è il percorso dei figli più fragili, Clayton e Martha, che saranno poi coloro che troveranno in se stessi gli anticorpi per uscire da un circolo di autodistruzione innescato dalle alte aspettative genitoriali. Qui la figura del capofamiglia si fa più imponente. Michael è il classico radical chic benestante, ex marine, scrittore, di simpatie più che liberal, sulla stampa locale si scaglia con affilati editoriali contro la corrotta e conservatrice classe dirigente del North Carolina.

Mano a mano che entriamo dentro le dinamiche familiari, scopriamo che in verità Michael è un mantenuto, si trastulla tutto il giorno tra la palestra, con gli articoletti pubblicati sul giornale locale e le storielle omosessuali. Chi manda avanti la baracca è Kathleen, dirigente della Nortel, società che sta attraversando un momento finanziario molto difficile. E la vicenda delle difficoltà economiche resta sotto traccia per tutta la durata della serie, lasciando intravedere le difficoltà e il dolore di mantenere un alto standard, un veleno che erode la vita di chi detiene l’autorità genitoriale, ma inquina soprattutto i figli. Un veleno che corrompe ognuno dei figli dei Peterson in un modo diverso, mentre tutti continuano a sorride e a mentirsi, continuando ad alimentare la spirale che li distrugge.

È l’America ricca che si scopre povera, di beni materiali ma soprattutto immateriali, che è sempre con un bicchiere in mano. In ciò mi ha ricordato un’altra serie tv molto bella, Omicidio a Easttown, che racconta una fascia sociale più bassa, ma annientata dagli stessi veleni del successo, del denaro e dell’autocompiacimento. Un mondo tossico come le droghe, legalizzate o meno, che ingoia continuamente.
Così, The Staircase – Una morte sospetta è una miniserie tv in otto puntate su un caso controverso di cronaca giudiziaria, riflesso di una macchina delle giustizia impantanata, ma anche un racconto su un maschio tossico, sul patriarcato, sui radical chic vanesi e nullafacenti, su famiglie che evitano di affrontare i problemi e li nasconde sotto il tappeto, ma di come a volte sono i cuccioli più deboli a rivelarsi in fondo i più forti.
In tutto ciò il cast è magnifico in ogni suo elemento. Si capisce perché una stella in ascesa come Sophie Turner abbi accettato un ruolo in effetti “minore”, ma sicuramente scritto davvero molto bene, come tutti del resto. E segnatevi il nome di Odessa Young: la vedremo presto in Mothering Sunday in cui è straordinaria, ma qui è davvero incredibile, capace di restituire ogni briciolo di dolore e voglia di trasformarlo in crescita.
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