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Doctor Strange nel Multiverso della Follia

Doctor Strange nel Multiverso della Follia LOCANDINAHanno chiamato Samraimi per far uscire dalla crisi la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe in cui l’ha precipitata la morte di Iron Man e Chloe Zhao. Samraimi una parola sola come una targa personalizzata amerigana, perché Samraimi è una targhetta di qualità per gli studenti del Dams e i critici delle pagine Facebook e Instagram di cinemi a cui “toglietemi tutto ma non gli horrorini di Samraimi”. Scusate ma sto sassolino ce l’avevo nella scarpa dal 2009 e cominciava a fare male. 


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Il ritorno del Maestro nei pascoli del cinecomics, dove brucò l’erba con gli Spider-Man con Tobey Maguire, lascia Doctor Strange nel Multiverso della Follia esattamente nello stesso punto di tutti gli ultimi Marvel: nell’iperuranio dei viaggi nel multiverso, Cgi spinta, ormai più videogioco che altro, riuscendo solo qua e là a lasciare un segno da horror classico. 

I problemi iniziano subito perché Strange-Cumberbatch è stato invitato al matrimonio di Christine e deve sfoderare un bel catalogo di faccette per compensare il nulla, mentre sopra i suoi occhi pesa un’imbarazzante parrucca. Poco prima, un suo alter ego con un codino a mezza nuca tipo Totti agli Europei dello sputo (che tutti chiamano Defender Strange ma io preferisco Tamarro Strange) salta di colonna in colonna attraverso lo spazio tra gli universi per trovare il Libro dei Vishanti che è custodito in una teca che le ampolle del sangue e le ossa di San Gennaro je fanno na pippa. Tamarro Strange muore cercando di proteggere una ragazzina che si chiama America Chavez e, come vuole l’ultima ondata di buon gusto a stelle strisce, è di origine messicana. America può attraversare lo spazio tra i multiversi ma, nella migliore tradizione dei teenager rincoglioniti dagli ormoni e dal telefonino, non riesce a controllare il suo potere. Ma torniamo allo Strange al matrimonio: qui Steven è sottoposto a un interrogatorio da un tizio a cui sono morti due gatti durante il blip e interpretato da quell’attore enorme che risponde al nome di Michael Stuhlbarg. Io me lo immagino il casting andato più o meno così:

Feige: Michael Stuhlbarg, lo vuoi interpretare uno coi capelli unti a cui sono morti due gatti e pone domande moralmente inquietanti a Steven Strange senza cappa?
Stuhlbarg: Se mi dai i big money.
Feige: Ecco i big money.
Stuhlbarg: Presende.
Feige: Perchè parli burino?
Stuhlbarg: Sono entrato nel personaggio.

 

Insomma Stuhlbarg gattaro chiede a Strange se non c’era proprio un altro modo per risolvere la questione Thanos e lui non è che risponde “sai ho verificato 14.000.605 futuri possibili e avevo un po’ di mal di testa potrebbe essermi sfuggito qualcosa”, ma preferisce dire semplicemente “No”. Vabbè ma non c’entra niente. Nel bel mezzo di un gelido matrimonio, la ex di Strange, Christine, gli dice, “ho sposato un altro e non ti amo” (strange eh?) proprio nel momento in cui America Chavez arriva con un enorme polpo monocolo attaccato alle chiappe e con attaccato tra i tentacoli il cadavere di Tamarro Strange.

 

America fa uno spiegone a Wong e Strange sull’accaduto e i due tizi che dovrebbero difendere la Terra dalle forze oscure decidono di portare la ragazzina da una a cui è girato il boccino in WandaVision, dimostrando di aver riccamente perduto la serie tv su Disney+, trasformandosi in Scarlet Witch. Lei sta dando la caccia ad America perché vuole trovare un universo alternativo in cui stare insieme con i suoi figli, i figli avuti da Visione, ma che in questo universo non ha concepito. Come lo sa che lei da qualche parte nel multiverso ha avuto figli con Visione? Perché li ha sognati. E qui c’è una cosa divertentissima: a quanto pare quando sogni, sogni te stesso nel multiverso e quindi io ora sono molto felice perché sognando tutte le notti di trombare Margot Robbie o una sconosciuta che assomiglia a Sara Gama, ma bionda, posso morire felice pensando che c’è un Me, da qualche parte nel multiverso, che se la spassa alla follia. Da qui il titolo “Nel Multiverso della Follia”. Fine della recensione.

Ok, non è così. Passo indietro. Da genitore, a questo punto, sono uscito dal film pensando a una donna bella, giovane (a poi sul giovane vi devo dire un’altra cosa, non vi scordate), potente, evidentemente ricca, ma perché desideri così fortemente due figli cagacazzi ed evidentemente problematici, che si inventano una canzoncina del cazzo per chiederti del gelato manco fossero i figli di Totti e Illary? Fine dell’inciso. 

Ora il nostro Strange può solo rimbalzare in diversi universi paralleli per proteggere America da Scarlet Witch che, a quanto pare, è un Thanos che potrebbe farcela: una profezia sostiene che dominerà il mondo fra indicibile dolore per tutti presenti in sala. Strange incontra altre versioni di sé o di amici o di ex che si è scopato ma poi ha deluso, che lo portano a un nuovo livello di percezione: sono uno stronzo. Nel frattempo, con questa nuova consapevolezza, deve evitare la distruzione di tutti gli universi per mano di Scarlet Witch. Arriva su Terra 838, controllato dagli Illuminati: non i ricconi che organizzano orge in Eyes Wide Shut, ma Mr. Fantastic-Marito-di Emily-Blunt, Maria-Rambeau-Captain-Marvel, Captain Carter (poi ve spiego), Professor Xavier-Picard infilato dentro una macchinina a scontro del Luna Park, un tizio con una forchetta in testa e Morgo, che è il solito Morgo: uno antipatico con una scopa nel culo che odia Strange perché lui è figo e lui è un nero che si è sudato tutto nella vita, mica come Cumberbatch che je basta sorride e je casca tutto in mano.

Su Terra 838 inizio a pensare che a Samraimi tutta una parola cominci a fregargliene qualcosa dei soldi che ha beccato per questo Doctor Strange nel Multiverso della Follia, non prima di aver rifilato l’ennesima battaglia a suon di raggi fotonici tra Captain Marvel e Scarlet Witch. Poi Sam Raimi sembra ricordare che bisogna creare un minimo di legame emotivo con i personaggi, per evitare che lo spettatore debba solo dare i voti alla CGI come in una noiosissima gara di tuffi, tutti perfettissimi. Arrivano alcune intuizioni, anche registiche, niente male, compreso uno strano interesse a inquadrare piedi: piedi che scalciano, piedi che caminano, piedi multiversi, ma non piedi nudi di Rachel MacAdams, vabbè ce ne faremo una ragione. Sam Raimi mette pure dentro un paio di sequenze horror che in Marvel non avevamo mai visto prima, ma senza esagerare che poi non vorrei i bambini vomitassero nella mascherina per il piacere dei poveri genitori, svegliatisi alle 7 meno un quarto. 

Doctor Strange e America incontrano anche Supreme Strange, di cui credo di aver fatto la conoscenza in What If? e in effetti averlo visto mi ha aiutato a comprenderlo meglio, così come capire chi è il Captain Carter che appare su Terra 838. Ma chi invece è povero e non si può permettere 80 euro l’anno per Disney+, che cazzo ha capito? Alla fine salta fuori anche uno Zombi Tamarro Strange che ci rivela l’ennesima verità scontata nell’universo dei cinemi, Marvel, Disney e tutti questi che cercano di disegnare un mondo che alla fine è bello perché loro ce l’hanno fatta: credi in te stesso. A Tamarro Zombi Strange basta dire ad America “credi in te stessa”, che la ragazzina inizia a spaccare culi, mentre Scarlet Witch capisce che i due ragazzini viziati stanno meglio con la madre e che lei in fondo stava meno quando stava peggio, povera senza una casa in un posto che assomiglia all’Ucraina (ma guarda un po’).

A proposito, tutti chiedono a Strange se è felice e lui, come facciamo tutti noi quando ci chiedono “come stai?”, risponde “un trionfo”. In fondo non è vero, convive con il dolore di essere stato costretto a fare quello che ha fatto e a pagarne il prezzo sono stati i nostri ricchi maroni spappolati. 

M’è piaciuto? No. È piaciuto a mia figlia di 11 anni? Ni, pure lei ha percepito che qualcosa non quadra, forse lo focalizzerà quando leggerà queste recensione, rigorosamente dopo i 18 anni, ma secondo me ci arriva prima a capire che i film mentono, soprattutto quelli di supereroi che cercano di venderti una verità semplice: compra il biglietto, compra i nostri gadget, indossa i nostri eroi e sarai felice. Lo sappiamo che non è così. Strange, vero? 

Ps: Non mi sono dimenticato. Doctor Strange chiama America “Giovane”. Continuamente. Giovane qua, giovane là, giovane portami il caffè, giovane lavami la macchina. Strange chiama la ragazzina giovane come i vecchi di Trastevere chiamano i giovani sconsiderati che si alcolizzano nottola statua del Belli. Ehi giovane, vai a bere sta cazzo di birra nel multiverso accanto. Non è una follia in fondo? 

3 pensieri riguardo “Doctor Strange nel Multiverso della Follia Lascia un commento

  1. In inglese la chiama “kid”, che è un po’ meno accondiscendente e al contrario della traduzione italiana è lievemente più realistico.
    Ma li pagano ancora gli adattatori? Bah.
    Sembra un film della fase 1, comunque, quando invece dei film facevano i trailer per quello dopo, che era a sua volta un trailer di quello dopo…

    Piace a 1 persona

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