No, i giorni dell’arcobaleno – La alegria ya viene? Semo sicuri?
Io già vi immagino voi zecchette comuniste che andate al mare sul motorino con la vostra ragazza, con una sacca Invicta arancione sulle spalle con dentro solo lo stuoino, sdraiati al sole, vi rollate le sigarette e a volte pure le canne e scambiate commenti sul film che avete visto la sera prima su Sky Cinema pagato da papà.
Mi sembra di vedervi mentre vi commuovete guardando No, i giorni dell’arcobaleno. Poi, imprecate contro Renzie ed esaltate Vendola. Vi siete commossi, ma mi chiedo perché visto che No, i giorni dell’arcobaleno è evidentemente un film sul renzismo, sullo smettere di piangersi addosso da comunisti malati o romanisti che ce l’hanno sempre con l’arbitro e cercare finalmente di guardare a come fare le cose, come realizzarle, come vincere. Sull’attivismo dei volantini davanti le scuole e le parrocchie sostituito dal marketing e dalla rivoluzione trasmessa in televisione. Vi siete commossi eh? Beh pure io, come non potrei. No, i giorni dell’arcobaleno è un gran film che, con taglio documentaristico ottenuto anche attraverso l’utilizzo di una qualità e inquadrature volutamente scadenti per non rendere evidente lo stacco con le immagini di repertorio inserite spesso qua e là per punteggiare alcuni momenti della storia, racconta i giorni della campagna elettorale del 1988 per il referendum su Pinochet: Sì, il dittatore continua a governare, No si torna alla democrazia. Larrain non rinuncia a raccontare una storia senza dimenticare la Storia, perché, come ripete il pubblicitario protagonista del film, “Questo spot corrisponde alle condizioni socio economiche del Paese”.
Durante la campagna elettorale, mentre i sostenitori del dittatore avevano campo libero, potevano utilizzare qualsiasi tipo di trucco, anche il più sporco, e raccontare una nazione che, bene o male, stava crescendo economicamente, gli avversari sembravano più presi dalla voglia di mostrare violenze, massacri, omicidi e persecuzioni della polizia e dell’esercito, trasmettendo un messaggio di orrore senza cercare nemmeno di vincere piuttosto che dare al popolo cileno una diversa prospettiva del futuro. Mentre il comitato per il No deve decidere quale campagna portare avanti, gli esponenti dei partiti ricordano che sono scelte di cui la Storia gli chiederà il conto. E se ci pensate, in questo cinema inflazionato da supereroi e superfumetti e superfantastici anelli o troni di spade, quante volte vi capita di fare i conti con la Storia vera, con scelte e decisioni che cambiano le singole vite delle persone la cui somma fa il destino di un popolo? Questa non è la terra di mezzo, è la Storia di un Paese che pochi giorni fa stava buttando fuori il Brasile dai Mondiali di calcio, magari risparmiandogli l’umiliazione del 7-1.
Ecco, ho fatto pure il comizio parrocchiale.
Renè, il protagonista, porta un modo nuovo di pensare e di vedere le cose, perché lui viene dalla pubblicità e non dalla politica, offre i primi rudimenti di quella comunicazione politica che diventerà fondamentale anche da noi, pone la questione se sia meglio darsi per sconfitti ma raccontare una “verità” piuttosto che provare a vincere spiegando un paese diverso, pieno di ottimismo e di allegria. Chile, La alegria ya viene è il nome della canzone che accompagna la campagna, con alcune concessioni ai fatti storici risalenti ad Allende ma soprattutto dettando un’agenda semplice fatta di ritorno alla normalità, di un Cile che pensa finalmente al futuro e che nel farlo possa parlare anche con delle voci dissonanti. No, i giorni dell’arcobaleno sembra freddo e distaccato, ma è ovviamente sbilanciato verso le ragioni (storiche) di chi vince: i personaggi sono degli archetipi che servono a rendere la vicenda netta come la risposta alla domanda fatta nel quesito referendario: volete continuare con la dittatura, con la polizia violenta, l’assenza di dibattito, con i padroni che opprimono i poveracci? Oppure volete un arcobaleno, paese libero, libero di pensare a un futuro per tutti in cui i diritti umani sono rispettati? Quello di Larrain non è solo un film politico, anzi. Racconta le esigenze della creatività contro l’establishment, i valori contro l’ideologia lucida ma ottusa dei droidi protocollari che da una parte e dall’altra della barricata continuavano combattere una batracomiomachia, a sbattere contro muri e manganelli o contro una visione falsa della realtà e dell’avversario.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
Categorie