Prima visione/Quei miserabili cantanti – Les miserables
Quando si mette mano a un’opera teatrale per portarla al cinema, bisognerebbe pensare alle differenze ma soprattutto alle potenzialità dei due mezzi. E se lo spettacolo in questione vive sui numeri musicali, va bene rispettarne l’integrità e valorizzare le interpretazioni ma bisognerebbe anche pensare che il cinema è fotogrammi in movimento e bisognerebbe far muovere i personaggi. Questo potrebbe sembrare una pietra tombale sulla messinscena cinematografica di uno dei musical di maggior successo della storia, ma quello di Tom Hooper non è un film da buttare. Les Miserables ha forza, muscoli, emozioni.
Valjean (Jackman ex Wolverine) è rilasciato sulla parola, è spinto a cambiare vita quando un sacerdote lo perdona dopo che lui lo ha derubato dell’argenteria. Viola l’obbligo di firma e Javert, il suo carceriere, è sempre sulle sue tracce; diventa addirittura proprietario di una fabbrica e sindaco di un piccolo paese. Qui incrocia Fantine (Anne Hathaway). Prima di vederla spirare in un letto d’ospedale, Valjean prometterà di proteggere la figlia, Cosette, a cui dirà in seguito “I’ll be father and mother to you.” Detto da Wolverine sembra una minaccia… Sai che carezze? Inseguiti da Javert, i due giungono in una Parigi percorsa da fremiti rivoluzionari. Cosette si innamora di Marius di cui è innamorata Eponime. Sulle barricate dei moti rivoluzionari molti personaggi compiranno il proprio destino.
Ora. Dopo ‘sto riassunto so sfatto. Pensate npó come stavo dopo 158 minuti in compagnia di un plotone di personaggi che cantano arie, spesso poco orecchiabili, mica roba da canticchià ar teatro nooooo. E pure Hooper sparge sale sulla ferita perche vole che le canzoni siano cantate dar vivo, con gli attori che sentono nell’orecchio un pianoforte che li accompagna e l’orchestra aggiunta dopo. Npó come Jackson fa co’ i troll o Maicorbay con quei robó ncazzosi. Poi fa delle cose che nun so più cose de li tempi nostri tipo riprende in primissimo piano Fantine/Hathaway che canta I dreamed a dream, una cosa che a lei la aiuta sicuro a pijasse nOscar ma che aiuta a distrasse chi la guarda e c’ha tanti cazzi pe’ la testa. Senza considerà che la scena subbito prima, a Fantina j’hanno torto un dente e capisco che nun poi fa recita Anne Hathaway che deve prenne nOscar cor buco nbocca ma, ahhhh Hoopereee, me fai tanto er precisino e poi me caschi sull’incisivo?
Però, con questa scusa escono fuori delle interpretazioni potenti ma pallose, emozionanti ma un po’ troppo statiche, le grandi scene di gruppo – non parlo di ammucchiate – sono smorzate dai continui primi piani alle arcate dentarie e alle labbra a canotto di attori e attrici, privandole della magnificenza che richiederebbero. Con queste premesse non poteva certo venirne fuori una quinceanera. Però il risultato è una pellicola muscolare: come Jackman toglie dal fango la bandiera francese in apertura di film, alzando e trascinando da solo l’albero su cui sventola(va) cosi Hooper lascia che siano i suoi protagonisti, a sostenere l’albero maestro del film, Jackman ma soprattutto la Hathaway per ovvi motivi, il mio albero maestro è sempre ritto quando c’è lei in giro certo era meglio vestita di lattice e stronza che coperta de stracci e povera anima candida, mentre Crowe/Javert affossa il film ogni volta che apre bocca – con la faccia di quello che sta pensando a come tenere a memoria tutte quelle parole incomprensibili (“You can type this shit Alain Boublil, but you can’t sing it”). La Seyfried è della serie “Bitch, dont kill my vibe”, completamente frigida. Sacha Baron Cohen e la Bonham Carter sembrano nati per le canzoncine di ladri.
*** È stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere
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