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Reality – Lo shock da Grande Fratello

La cinepresa segue la carrozza dentro il castello. Tutto devono avere i propri quindici minuti di celebrità. Tutti sono dei protagonisti.

Luciano vive di espedienti. Ha una pescheria, non fa mai uno scontrino. Con la moglie ha messo in piedi una truffa ai danni di un’azienda produttrice di robottini da cucina.

L’elicottero porta via sogni e il vento sferza i volti che sostengono occhi che guardano stupiti.

In città, al centro commerciale, arriva il circo della televisione, il Grande Fratello. Per accontentare le figlie, Luciano fa un provino. Il provino va bene. Lo richiamano per un’ulteriore selezione a Roma. Lui è convinto che la sua storia abbia fatto colpo. È sicuro che lo chiameranno. Questa certezza lo induce a scelte azzardate come quella di vendere la pescheria. Ma non solo: Luciano si convince di essere spiato dalla televisione, che lo stiano osservando per capire se merita di andare in televisione. Questa sua percezione distorce tutta la sua realtà.

Le luci della tv sono un riflesso blu nella stanza.
Reality

Perché Reality è bello? Ciò comporta un impegno del nostro senso estetico a sintetizzare un mondo. Potrei dire: perché è vero. È vero nell’analisi sociologica dei danni che la televisione ha inferto nelle menti di migliaia, milioni di persone in questo Paese. Guardiamo come la stella dello show è accolta da braccia e sguardi adoranti. “Enzo… Enzoooo”; la varia umanità raccolta ai cancelli di Cinecittà in attesa di entrare per un provino, tutti convinti di essere speciali; guardiamo i danni che il sogno di andare in televisione “e sistemarsi” provoca a Luciano, trasformandosi addirittura in una anamnesi clinica: lo shock da Grande Fratello.

Il grillo ci spia e le vecchie del cimitero.

Garrone restituisce dei “quadri” dell’Italia o almeno di una parte del paese: i matrimoni regali; le case antiche e diroccate del quartiere Barra, bellissime e terribili nell’essere un monumento a una nazione che cade a pezzi; le ampie zone di illegalità (in questo Reality è contiguo a Gomorra, sono due facce della stessa medaglia); la povertà che abbrutisce e dall’altra parte ispira una spasmodico bisogno di lustrini e pajette e abiti troppo scollati e tacchi troppo alti e grasso e fritto a tutte le ore.

 Cinecittà. Una volta ci facevano i film.

E i sogni. Sono i sogni che fanno ingrassare. Perché bisogna abbuffarsi di sogni per superare la realtà. Never give up grida l’eroe del Grande Fratello. Lui ce l’ha fatta ed è il testimonial del sogno mentre galleggia appeso a un filo sopra una marea di teste adoranti e la musica house spacca i timpani dentro una normale discoteca in un finesettimana qualunque. Sogni, rumore, luci intermittenti. E la vita sfugge, un poco alla volta ogni giorno.

Never give up. Il problema è proprio questo: a volte bisogna mollare i sogni. Attenti a ciò che sognate.

Ne vorrei scrivere ancora di cose: della colonna sonora di Desplat, essenziale, delirante eppure puro accompagnamento. Della cifra stilistica di una regia pura, incontaminata, pochi tagli, espressionista. Delle troppe donne nel meridione che a volte sono peggio dei sogni. Dei luccicanti centri commerciali e dei culi visti dentro la casa “finta” del Grande Fratello. Ah, dimenticavo: Aniello Arena.

***** A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…

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