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Prima visione – Indiana Jones e la ricerca del tempo perduto

indiana-jones-4-posterIndiana Jones e Il regno del teschio di cristallo

Fin dal momento in cui il logo della Paramount sfuma nella sagoma di una montagnola di terriccio costruita da una talpa (o un termitaio? boh…) capiamo che Indiana è tornato. Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo è intriso di storie predatoriamente e maledettamente “Indiana Jones” e, di rimbalzo, del suo padre genetico, George Lucas. Infatti, l’apertura è all’insegna di una folle corsa nel deserto del Nevada tra giovani che guidano rumorose auto rigorosamente fine anni Cinquanta che fanno tanto “American Graffiti”. Poi, qua e là durante le due ore di proiezione, ritroviamo, come tanti amici che non vedevano da tempo, i marchi di fabbrica che hanno fatto dell’archeologo con la frusta un eroe del pubblico del grande – e ormai piccolo – schermo: furiose scazzottate con colossi dal ghigno crudele che vogliono staccare la testa di Indy dal collo; folli inseguimenti su automobili, camion e carri armati; duelli cappa e spada; misteri da risolvere; cartine geografiche che aiutano a comprendere il percorso della storia; la celebre sagoma dell’archeologo che proietta la sua ombra sulle pareti di grotte o laboratori misteriosi; torna perfino l’Arca dell’Alleanza, ancora nascosta in quel magazzino che concludeva le avventure a perdifiato de “I predatori”, 21 anni “cinematografici” prima di questo episodio che apre nel 1957.

In questo, Spielberg e Lucas hanno voluto mettere in chiaro le cose: di anni “veri” dal primo episodio ne sono passati 27 ma l’amore per l’avventura è sempre lo stesso, anche se i tempi sono cambiati e, soprattutto, il cinema è cambiato.

Così gli effetti speciali vengono in aiuto di Indiana e i suoi amici (tra cui il ritorno di Karen Allen/Marion Ravenwood), regalandoci delle scene mozzafiato al livello di altri momenti simili dei primi tre film: duelli di spada in bilico tra due jeep nella foresta amazzonica, folli corse sulle moto, misteri da risolvere. Tutto questo non manca. Manca, forse, la forza di un genere che è invecchiato dall’ultima volta che Indiana ha impugnato la frusta e indossato il suo cappello: duelli ed inseguimenti che rincorrono la Grande Storia sono stati sfibrati da film in serie che hanno seguito il successo di Indiana; perfino Nicolas Cage si è finto esperto di storia e archeologia malgrado la sua faccia da ebete e, in quanto a enigmi ed indovinelli da risolvere, c’ha pensato “Il codice da Vinci” a farne svanire il fascino e a farceli venire ad uggia.

Resta così una parte centrale molto statica e che induce lo sbadiglio, con vicende difficili da seguire.

Però, il DNA dell’avventura c’è ancora tutto, eccome. Così come le gag divertenti che continuano ad abbondare, mentre Shia Labeouf gioca a fare Marlon Brando con molta auto – ironia; invece, alcuni allestimenti scenografici hanno degli echi così forzati da far balzare agli occhi la loro falsità. Una cosa che mi capita spesso, ultimamente, guardando i film di Spielberg.

Non manca la battuta da consegnare ai posteri, quando Indiana, in sella ad una motocicletta lanciata nel bel mezzo del Marshall College, grida ad uno studente: “Se vuoi diventare un bravo archeologo devi uscire dalla biblioteca”. Pollice alzato anche per una splendida Cate Blanchett dagli occhi spietati e le labbra tanto velenose per quanto sono affascinanti.

I grandi appassionati di Indiana non si spaventeranno certo per le note dolenti di questo film: poter incontrare di nuovo un vecchio amico val bene sopportare i tanti noiosi aneddoti che ci potrà raccontare. Indy is back, è questo quello che conta

 

5 pensieri riguardo “Prima visione – Indiana Jones e la ricerca del tempo perduto Lascia un commento

  1. Concordo pienamente sul fatto che l’introduzione alla vicenda del teschio dura troppo a lungo.
    Inoltre il personaggio di Mac è inutile e poco approfondito.
    Ma soprattutto, il finale è osceno.

    Però Harrison Ford è un grande e rivederlo nei panni di Indiana Jones vale da solo tutto il film!

    Valentina

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