Come era il regista che ha fatto la storia degli Oscar 2016 quando ancora non poteva girare con attori strafighi ma solo con sfigati messicani? Inarritu ha vinto il suo secondo Oscar consecutivo per la Miglior regia con The Revenant, che segue quello preso per Birdman, riuscendo in un’impresa simile a quella del suo protagonista Hugh Glass/Leonardo DiCaprio in quanto in 88 anni di storia del premio cinematografico più importante solo due volte era riuscita la doppietta: a John Ford e a Joseph Mankiewicz. Un premio conquistato grazie a un virtuosismo registico epico, a lunghe inquadrature in mezzo a furiose battaglie tra indiani e cacciatori di pelli, avventurieri e soldati statunitensi, pochi tagli di montaggio, sfidando condizioni meteorologiche a dir poco avverse andando a girare nel sud dell’Argentina, praticamente al polo sud. Inarritu è la quintessenza del virtuosismo registico e della sfida all’occhio dello spettatore.
Amores perros è l’opera prima di Inarritu. Apre quella ottimisticamente definita la trilogia della morte lavorando su un concetto semplice: un singolo episodio può segnare drammaticamente l’esistenza di una serie di personaggi che sono coinvolti, anche solo visivamente, nell’evento, cambiandone le vite.
Così, i personaggi di Amores Perros si “scontrano” a un incrocio, quando Octavio (Gael Garcia Bernal) inseguito da una banda di criminali decide di passare con il rosso e travolge l’auto di Valeria (Goya Toledo) una modella messicana che stava andando a comprare del vino per festeggiare la nuova casa in cui sarebbe andata a vivere con il suo compagno. Nell’incidente la donna subirà danni devastanti alle gambe che erano il pezzo forte della mercanzia e la sua vita ne sarà irrimediabilmente cambiata.
Octavio fuggiva dagli scagnozzi del suo rivale nei combattimenti clandestini di cani che ha sparato al suo imbattibile cane e Octavio lo ha accoltellato. Il ragazzo voleva raccogliere abbastanza soldi per fuggire dal barrio malfamato dove divideva la casa con la madre, il fratello Ramiro, la moglie del fratello e loro figlio. Octavio vuole portare con sé la donna con la quale ha intrecciato una relazione.
All’incidente assiste un barbone che fa il killer e si fa chiamare El Chivu. Nella confusione dei soccorsi, El Chivu deruba Octavio e porta via il suo cane ferito. Al momento dello scontro tra le automobili, El Chivu stava seguendo il suo ultimo obiettivo. Nel frattempo, il cane che ha salvato dall’incidente stradale, ormai abituato al sangue dei suoi simili, uccide tutti i cani de El Chivu. Sconvolto dalla morte di coloro che ormai rappresentavano i suoi unici affetti, decide di lasciare la città, rapendo la sua vittima e lasciandola nella sua casa con il mandante, legati e con una pistola da utilizzare per difesa personale. Prima di partire, lascerà un messaggio nella segreteria telefonica della figlia che abbandonò all’età di due anni per diventare un guerrigliero e che segue da lontano senza avere il coraggio di tornare da lei.
Amores Perros è pervaso da follia, disperazione e senso di morte. Benvenuti nel fantastico mondo di Inarritu! Tutti i personaggi sono poco piu che animali che cercano soldi, sesso, vendetta e amano e interagiscono con i cani; perfino gli animali uccidono e si sbranano tra di loro. Tutti divorano tutti: c’è quello che si tromba la moglie cozza del fratello che invece è uno psicopatico e si scopa la collega del supermercato quando non è in giro a rapinare farmacie o banche; El Chivu era un guerrigliero che sognava un mondo migliore e, deluso, è finito a vivere come un barbone e ad accettare di uccidere per quei soldi a cui sembra morbosamente, quasi sessualmente legato. Perfino la coppia formata dal direttore di giornale appena divorziato e la modella bonazza rimane bloccata sulla soglia di un’esistenza felice e vivrà un periodo difficile in cui dolore fisico e psicologico, paure, egoismi e insicurezze travolgono tutto. Questa è l’episodio più interessante, per la perversione di Inarritu a non mostrare le tettine deliziose di Valeria/Goya Toledo, mentre solo pochi minuti prima era stato più che generoso con la cozzissima moglie di Ramiro che Octavio si tromba sulla lavatrice. Inoltre, la loro vicenda è pervasa da venature horror (il cane della donna scompare nell’intercapedine sotto il pavimento dell’appartamento e non riesce più a uscire, così che Valeria inizia a immaginare che i topi lo stiano divorando mentre invece è lo stato psicologico devastato dalle ferite dell’incidente e la possibile fine della sua carriera a trascinarla in un gorgo di depressione e allucinazioni). Lo sviluppo della coppia di personaggi che affrontano l’avversità, sono devastati dalla crisi e ne escono affrontando la loro nuova vita diventa il momento più interessante del film…. sempre nella vana attesa che Valeria mostri le tette o faccia sesso selvaggio accovacciata sul pavimento, mentre scruta con la lampadina tascabile in cerca del suo cagnolino.
Alla fine, con Amores Perros si comprende appieno il talento di Inarritu, in grado di lavorare anche con attori brutti e puzzolenti e che si muovono in un mondo ferito dalla guerra, la delinquenza, brutto e puzzolente – in cui la gente può chiamare i figli con il nome del padre e della madre, cosicché ci sono sempre le solite Ramiro, Maria e così via e trasmettendosi malattie genetiche.
La battuta
Il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e lo prende in culo.
Se vuoi far ridere il buon dio, raccontagli i tuoi progetti
***** A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…
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