Visioni (di molto) successive/La mafia uccide solo d’estate
La cosa che sorprende del film di Pif è che, in fin dei conti, con una trama cretina, il suo realismo nello spiattellare puri dato di fatto o interviste d’epoca, col suo bambino ingobbito che è un fan del pluri presidente del consiglio, La mafia uccide solo d’estate rischia di essere il più importante atto di accusa contro Giulio Andreotti della storia del cinema italiano. Più de Il Divo, che con il suo affresco quasi macchiettistico raccontava la realtà italiana degli anni Settanta e Ottanta lavorando di rimandi e dubbi, La mafia uccide solo di estate ci restituisce un mondo semplice, in bianco e nero, così come lo percepiscono i bambini e in cui, finalmente, ci sono i buoni e ci sono i cattivi. Il giudice che serba il segreto dell’amore di Arturo per Flora; il commissario amante delle paste morto con lo zucchero a velo tra i baffi, sono semplici immagini, non semplicistiche, che ci ricordano come in questo paese ci fossero (e probabilmente ci sono ancora) i Buoni e i cattivi e che ieri come oggi, è intellegibile chi sta da una parte e chi dall’altra. Del resto Pif mette insieme delle cose conosciute ma che semplicemente non volevamo ascoltare. Ieri come oggi. Purtroppo.
**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare
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