La solitudine del primo episodio/Les Revenants
Che cosa è?
È una serie francese creata da Fabrice Gobert, adattamento di un film del 2004 di Robin Compillo. In un paesino in mezzo alle Alpi, le persone morte ritornano in vita. Non ricordano nulla di quanto è accaduto loro e cercano di riprendere le loro vite dal punto in cui le avevano lasciate. Nel frattempo l’acqua nella diga vicino al paesino si abbassa e la corrente elettrica va e viene.
Nella tradizione europea, la parola revenants indica proprio coloro tornati dalla morte, di solito riportati in vita dall’intervento di un negromante. Secondo Wikipedia si tratta di una categoria che comprende i vampiri.
Come è?
Una delle cose migliori viste quest’anno. A livello di scrittura: tutto è concentrato sull’evoluzione dei personaggi, le loro risposte alle domande suscitate dal ritorno dalla morte delle persone care, mai un “come?” ma un “perchè?”. Niente virus, tutto è lasciato aperto alla libera interpretazione, niente escalation militari tra uomini e zombie e tra uomini e uomini, ma soprattutto un flusso di coscienza in una comunità che vede “comparire” persone decedute da tempo: c’è chi li chiama mostri, chi pensa a Dio o alla fine dei tempi, chi vuole semplicemente ricacciarli da dove sono venuti perché rappresentano una minaccia alla nuova vita che le persone a loro legate si sono ricostruiti.
L’altra cosa che vince sui 4/5 della produzione seriale mondiale è l’ambientazione. Luci e scenografie sono ispirate ai lavori del fotografo statunitense Gregory Crewdson. La foto in basso vi darà un’idea di ciò di cui sto parlando e, se avete visto Les Revenants, vi darà i brividi come a me.

L’atmosfera di paese conferisce un tono di intimità ai rapporti tra i personaggi, un posto in cui tutti sembrano conoscersi e in cui, bene o male, tutti sono legati gli uni agli altri, una decisione di uno, influenza la vita di tutti.
Il tono della regia è il pezzo forte. Ricorda molto Twin Peaks, anche per il richiamo all’ambiente circostante incombente, quasi un personaggio: ricordate le inquadrature di Lynch dei boschi intorno a Twin Peaks che davano l’idea di un luogo vivo e pieno di mistero? Qui è lo stesso, aiutato dalle improvvise sterzate horror, con la tensione che scaturisce da uno specchio, un vetro, una porta semiaperta, ma anche esplosioni di violenza quasi selvaggia. Poi, c’è una profondità di campo impressionante e inquietante perché in ogni punto dello schermo potrebbe comparire qualcosa di spaventoso.
Che cosa mi ha ricordato?
Twin Peaks per i motivi spiegati sopra e perché proprio come la serie culto è ambientato in un piccolo paese. Mi ricorda anche Lost: siamo in effetti in un ambiente “chiuso” al mondo esterno, le montagne e la diga isolano di fatto il paese dal resto della nazione ma anche per i continui flashback: ogni episodio porta il nome di un personaggio e all’interno di questo scopriamo la sua “vecchia” vita e come sta cercando di riprenderne le fila dopo il suo “ritorno”.
Il gatto
Pochi giorni prima dell’inizio della visione de Les Revenants, Francesca mi ha parlato del Paradosso del gatto di Schrödinger. Lo riporto qui sotto nella descrizione ufficiale che troviamo nella pagina Wikipedia, nell’esatta formula usata dal suo autore.
«…Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione \Psi dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso».
Insomma, finché la particella non decade uccidendo il gatto, il gatto è vivo, quando decade, il gatto muore. Ma siccome siamo in un sistema chiuso, lo sapremo con certezza solamente quando apriremo la scatola e ce ne accerteremo con un’osservazione diretta. Forse, sarò stato certamente troppo intrippato con questo racconto ma quando ho iniziato a vedere Les Revenants ho pensato subito: il paese è la scatola chiusa, la diga è il materiale radioattivo, gli abitanti sono il gatto. Se sappiamo che la diga cederà, è come se tutti gli abitanti fossero vivi o morti nello stesso momento: il paese diventa una terra di confine dove i vivi e i morti si incontrano prima dei fatti tragici della diga.
Ora, questo non è uno spoiler perchè è una teoria, però la diga sta mal funzionando ma ancora non si capisce cosa ciò comporti.
C’è la fica?
Sì, c’è qualche bella gnocca ma non è che vanno in giro a illuderti. Céline Sallette (ha lavorato in Hereafter e in un film di Valeria Bruni Tedeschi), Jenna Thiam e Ana Girardot.



Hai dimenticato qualcosa?
La colonna sonora. Composta appositamente dal gruppo scozzese dei Mogwai, è una parte essenziale dell’atmosfera carica di tensione ed emozione che ogni episodio suscita
Considerazioni
Le solite che si leggono in giro. Ma non mi estraneo dalla lotta. Non riesco a capire perché nel nostro paese non si riescano a produrre idee simili, soprattutto perché non c’è bisogno di particolari investimenti, non stiamo parlando di Revolution o Falling skies o Terranova dove bisogna sborsare milioni per produrre un pilota. Qui si tratta di scrivere. Ora anche i francesi si mettono a produrre cose egregie. La cosa però mi stupisce fino a un certo punto. Noi italiani non riusciamo ad uscire dal piccolo seminato di una serialità vecchia, pensata per un pubblico di vecchi e destinata a essere esportata verso chi sta peggio di noi. Sono pochissimi i prodotti che escono dalla mediocrità e chi lo fa resta ancora ai nostri stilemi arcaici.
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serie capolavoro dell’anno!
in italia non si producono cose del genere forse perché siamo stati culturalmente azzerati da 30 anni di berlusconismo. oltre a mancare totalmente degli sceneggiatori degni di questo nome e avere un sacco di attori cani. ma magari mi sbaglio… 🙂
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Be qualche punto l’abbiamo segnato anche noi però nella serialità, negli ultimi anni, su: basti pensare a Romanzo criminale e Boris.
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So d’accordo ma non è proprio la stessa cosa. Mi piacerebbe dimostrare che sappiamo produrre anche cose “diverse”. Da questo punto di vista, forse solo Boris è un prodotto insolito per la nostra industria. Diciamo che sono fatti molto bene, e per noi è molto strano vista la media di immondizia prodotta.
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