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Visioni successive – Le nascoste pulsioni sessuali di John Carter… A pensarci bene, neanche tanto nascoste

Al cinema, a grandi attese corrispondono grandi delusioni. È una regola. Ma vale anche il contrario: a piccole attese corrispondono piccole soddisfazioni. Sono quelle che ho provato durante la visione di John Carter. Spifferi, voci e post vari avevano lasciato trapelare pochissima considerazione per il film di Andrew Stanton. Devo dire che mi sono divertito, e molto, con due ore tirate a pieno ritmo.
John Carter parte, riparte e riparte ancora con tre prologhi a cui corrisponderanno due epiloghi; poi il cuore centrale del film, con il nostro eroe catapultato dalla Terra del XIX secolo su Marte.
C’erano poche cose che credevo essere certe come il fatto che su Marte non c’è ossigeno. Eppure John Carter respira normalmente, anzi, grazie alla differenza di gravita è come Superman: ha una forza straordinaria e, se non vola, con dei balzi prodigiosi può muoversi molto velocemente. Il nostro eroe, un reduce della Guerra di Secessione combattuta dal lato dei perdenti, si trova invischiato nella lotta che dura da mille anni tra le due città più importanti di Marte, una lotta senza quartiere che sta distruggendo il pianeta.
E benché si trovi su un altro pianeta, Carter scopre che nell’universo c’è una regola più costante delle leggi della forza di gravità: tira più un pelo di fica che un carro di buoi. Conosce una principessa marziana tutta scosciata e se ne invaghisce. Da vedovo del XIX secolo non può ammettere a se stesso che è l’uccello che lo guida e inizia una lotta con se stesso, il suo se stesso che gironzola su Marte in tunica e petto in fuori, ammazzando esseri a quattro braccia e altri incazzosi marziani, anch’essi ingrifati dai profumi della principessa di cui non ricordo il nome ma assomiglia tremendamente a Lynn Collins. Anzi è proprio Lynn Collins, una che precedentemente  ha fatto perdere la testa a Wolverine. E in effetti manca il supereroe Marvel con le lame di adamantio per fare strage di rivali amorosi su Marte – o Barsum come si da chiamare oggi per sfuggire all’IMU di Monti.
Così cantando e inneggiando contro il Primo Ministro compare Mark Strong, ormai la faccia da cattivo più consunta degli ultimi anni: prima del primo Sherlock Holmes non lo conoscevo e adesso porrei dichiarare al buio il prossimo cattivo che mi troverò ad affrontare/vedere. Come chi è? Mark Strong.
Arriviamo alla fine, non prima che Carter abbia cercato di farsi contro un muro di un tempio la principessa con la scusa di leggere meglio delle sacre iscrizioni in barsumese antico, tentato di infrattarsi con lei in una foresta di led luminosi e, finalmente, svuotato il proprio scroto come non avveniva da anni non senza aver fatto della principessa una donna onesta.
Così ho imparato un’altra cosa: le marziane sono bone ma bisogna dasse da fa. E alla fine sempre l’anello vogliono. Capito sì le donne di Marte?
Donne e uomini di un pianeta lontano che fronteggiano guerre e brame di potere che lo scrittore Edgar Rice Burroghs conosceva bene agli inizi del secolo scorso. L’uomo Pixar Stanton porta sul grande schermo in un inutile 3D il suo adattamento delle avventure di uno dei personaggi che hanno scritto il genere fantascientifico. Nella storia si riconoscono quarti di nobiltà. Il testo ha una naturale forza epica che lascia capire come in tanti si siano lasciati trasportare su Marte/Barsum e abbiano immaginato storie fantastiche su guerre aliene fra le stelle.
Nella sua opera di adattamento Stanton si ricorda di curare due fattori: ritmo e personaggi. Il film corre veloce e, a parte un quarto d’ora con frasi senza senso su dee e spiriti, non c’è tempo per annoiarsi. Poi, cura tutti i personaggi, regalandogli una personalità spiccata e peculiare – cosa certo facile quando nel cast metti insieme in ruoli più o meno importanti Willem Dafoe, Thomas Haden Church, James Purefoy, Ciaran Hinds, Samantha Morton, Dominic West e Bryan Cranston.  Per uno che per la prima volta si trovava in un set vero e proprio, non è niente male.

**** La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti può capitare

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