Il maledetto United – Effetto Mourinho
Il maledetto United è la storia di una grande amicizia, di una grande rivalità e di quella particolare chimica che si può creare dentro una squadra di calcio. E siccome l’uomo è uguale oggi a quello che era 40 anni fa, malgrado i nostri spogliatoi laccati d’oro dove entrano le telecamere di Sky, malgrado gli iPhone, gli iPad e i telefonini, malgrado il progresso e la modernità con cui ci ammantiamo, quello che accadde all’allenatore Brian Clough nei suoi 44 giorni alla guida del Leeds United sono ancora una lezione di vita e di sport.
Così il regista de Il discorso del Re Tom Hopper ha preso il racconto di Dave Peace e lo ha messo in mano a Peter Morgan, uno che negli ultimi anni ha scritto o collaborato alla stesura di The Queen, Frost/Nixon, State of Play e Hereafter di Eastwood, ed ha fatto della storia di un allenatore un affresco molto, molto umano, pieno di dialoghi brillanti e vero.
Nel 1974 Brian Clough (Michael Sheen) è un giovane allenatore ambizioso e vincente. Insieme al suo secondo, Peter Taylor, ha portato una squadra di provincia a vincere il titolo inglese. Grande rivale è il Leeds United di Don Ravie, considerati, rispettivamente, la migliore squadra e il miglior allenatore di Inghilterra. Sono i poli del calcio: tanto è brillante nel gioco il Derby di Clough, tanto è sporco e scorretto il Leeds di Ravie. Per intenderci è come se confrontassimo la Juve di Lippi o Capello con la Roma di Spalletti. Senza contare che Clough, così come è raccontato, ricorda molto il Mourinho di oggi: una grande personalità che sa usare in maniera spregiudicata i media per raggiungere i suoi obiettivi. Quando Ravie è chiamato dalla Federazione inglese a risollevare le sorti della Nazionale, il Leeds chiama Clough ma Peter Taylor non lo seguirà. Tra il brillante allenatore e i calciatori smaliziati e duri, l’amore non sboccerà mai. Il rapporto tra Clough e il Leeds è alternato con le vicende che hanno portato lo stesso Clough e il suo secondo ai vertici del calcio nazionale, fino al momento in cui si sono separati.
Ne viene fuori un’ora e quaranta in cui le azioni di calcio sono lasciate sullo sfondo, affidate a filmati d’epoca (un po’ il limite dei grandi film sul calcio, l’impossibilità di rendere sullo schermo un grande gioco di squadra con sfumature che un non-addetto ai lavori non può cogliere) ma puntando deciso sull’umanità, i difetti e i pregi dei personaggi, con dinamiche che tutti sono in grado di gustare perchè appartengono profondamente all’animo di tutti.
***&1/2
Non hai mai sentito nominare il Millenium Falcon?
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