La prima linea e l’eterogenesi dei fini

Renato De Maria (che, per intenderci, è quello che in Aprile fa vedere a Moretti quanto gli resta da vivere utilizzando un metro, nonché regista di Paz!) propone un resoconto quasi documentaristico per chiudere i conti con una generazione sconfitta e che ha gettato via se stessa. Un gruppo di giovani che ha perso la strada e che, una volta impugnata la pistola, non riesce ad uscire dal gorgo della violenza: il bene non è possibile, la vittoria non riesce a fare breccia nemmeno nei sogni e qualsiasi azione finisce nel sangue anche quando si cerca di liberare i compagni senza spargimenti di sangue.
L’approccio battagliero è solo all’inizio e anche il paragone con La banda Baader Meinhof non è proponibile oltre. Nel film della Korilin c’è tanta azione, qui ci sono il dolore di un uomo e per ciò che rappresenta per una generazione. Tutta la vita di Sergio è rivista con lo sguardo triste e fisso di Scamarcio che, per inciso, ce la mette proprio tutta, e gli va riconosciuto, ma forse qui si trova con qualcosa che va al di là di ciò che ha nelle sue corde. Forse a De Maria deve essere piaciuta la fissità e la durezza dello sguardo del Nero di Scamarcio in “Romanzo Criminale” ma francamente, mentre quel personaggio non aveva sfaccettature ideologizzate, era quasi un cattivo da fumetto, Segio ha una storia e una propria idea di futuro – ancorché malato – che l’attore pugliese fatica a rappresentare. In questo, anche la Mezzogiorno convince poco ma forse per una scelta precisa: la sconfitta degli ideali, dei sogni e della guerra è un dato storico per De Maria.
La cosa che colpisce di più è ciò che sta intorno e che quelle persone non riuscirono a comprendere all’epoca, accecati dalla violenza: il popolo silente che partecipa ai funerali, le vite spezzate (bellissima la scena dell’omicidio Alessandrini, una perdita di verginità con una fotografia quasi caravaggesca anche se l’inquadratura è consumata in fretta, senza indugiare, forse per non cadere nella retorica); in quest’ottica, è l’amico Piero a commuovere, con il suo accorato appello a Sergio, oppure le carcerate che protestano per essere loro a dire a Susanna che la madre è morta. Così il terrorismo è un dato storico, fermo del tempo, sono le persone che reagiscono il vero attore sulla scena.
Se ve lo state chiedendo… sì, anche in questo film con Giovanna Mezzogiorno si vedono le tette di Giovanna Mezzogiorno. Non so voi, ma a me fanno sempre un certo bell’effetto.

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Io l’assalto al carcere l’ho trovato moscio, come se avessero avuto paura di metterci un pò d’azione
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