Death of a Unicorn – Weekend con l’unicorno (quasi) morto
Paul Rudd, Jenna Ortega, un SUV e un unicorno morto: sapevamo che prima o poi sarebbe successo, a metterli insieme in Death of a Unicorn ci ha pensato Alex Scharfman, che dopo aver prodotto anche Ari Aster, decide che è giunto il momento di esordire alla regia. Tutto sotto il marchio A24, una delle realtà produttive più interessanti degli ultimi anni.
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Un tranquillo weekend di paura
La trama suona tipo: “Un tranquillo weekend di paura”, ma con più corna. Elliot (Paul Rudd), dipendente modello e papà della Gen Z Jenna Ortega (alias Ridley, alias piccola rompiballe col Wi-Fi integrato), è invitato a trascorrere un weekend nella mega-villa situata in una riserva naturale dei suoi boss super ricchi. L’obiettivo: mostrarsi padre e efficiente di una giovane donna sana di mente e cresciuta da solo, fare bella figura, salire la scala aziendale, magari scroccare una promozione e qualche tartina. Ma ecco l’inghippo. Nel mezzo di una discussione e di una rinite allergica alla natura del Canada, papà Rudd investe un animale. Morto. Anzi no. Guardando meglio scoprono un unicorno. Sì, proprio quello con la criniera arcobaleno e il sangue azzurro Pantone 0 72C. Ma l’unicorno non è solo un incidente da segnalare all’assicurazione: ha poteri curativi. E i padroni di casa, che sembrano usciti da un TED Talk su come essere psicopatici con stile, decidono che quel coso luccicante è il nuovo elisir di lunga vita. E da qui il disastro.

La Gen Z con il dito sullo schermo e il padre con il cric in mano
Jenna Ortega è perfetta nei panni di Ridley, una giovane universitaria con un sacco di opinioni su come stiamo distruggendo il pianeta, idee uscite da X o qualche altro social, che ti fa venir voglia di mettere in modalità aereo tutto il pianeta. Jenna/Ridley non chiude il cancello quando esce, ha un particolare interesse per il corno della bestia, si offende per ogni singola sillaba e ha l’aria di una che scriverebbe un thread di 14 storie Instagram per lamentarsi del cibo vegano servito alla mensa dell’università. Il padre, invece, cerca di mantenere la calma… almeno finché non si trova a spaccare la testa a un unicorno col cric del SUV, mentre il sangue blu gli cola sulla faccia. Momento topico, tra l’altro. Ant-Man meets American Psycho, versione fantasy.
La chimica tra i due regge, perché la scrittura è intelligente, consapevole, e dietro l’assurdo si nasconde la solita verità: genitori e figli non si capiscono, ma alla fine devono unirsi contro il nemico comune. Che in questo caso non è il patriarcato o TikTok, ma un gruppo di capitalisti allucinati e un cavallo col corno che fa impazzire tutti.

Un Jurassic Park per gli amanti del paradosso
Quando i ricconi scoprono che l’unicorno può curare le malattie, il film si trasforma nel Jurassic Park degli unicorni. Ma low budget. Tipo i T-Rex in CGI, ma con la criniera di Lady Gaga. E forse è il punto debole del film, ‘sti unicorni un po’ posticci: non abbastanza grottesco, non abbastanza kitsch.
Sotto la superficie di un fantasy postmoderno, Death of a Unicorn racconta la solita storia: la comunicazione interrotta, la distanza tra chi educa e chi subisce l’educazione, tra chi cerca di far carriera e chi vuole solo respirare. Ma soprattutto un mondo malato di profitto, oggi nascosto sotto il belletto delle iniziative sociali, le ong, la beneficenza. “Non lo stiamo facendo per il nostro tornaconto ma per il bene del mondo” esclama la regina consorte Belinda, moglie del turbo capitalista Richard E. Grant, casualmente oligarca della farmaceutica, malato terminale di cancro. Che culo che ti muove un unicorno col sangue dai poteri curativi nel giardino..
Alex Scharfman fa tutto con un certo stile e buon gusto, con attori che sanno esattamente quanto marciare col piede sull’acceleratore del surreale senza perdere il contatto con l’umanità dei personaggi.
Paul Rudd è ancora l’uomo a metà tra il boy scout e l’impiegato esasperato, Jenna Ortega ha finalmente un ruolo dove può essere insopportabile a fin di bene. La chimica tra loro due funziona bene ed è il combustibile che fa marciare il film. E se Tea Leoni compare addirittura nel manifesto è solo perché la vita è piena di sorprese, tipo scoprire che il corno di unicorno può guarire l’artrite.
Conclusione: ne vale la pena? Unicornamente sì
Death of a Unicorn è l’ennesima gemma weird partorita da quella fucina indie che è A24. Esordio brillante per Alex Scharfman, che riesce a domare i toni, il ritmo, gli attori e pure una creatura mitologica, costruendo un film che, a modo suo, dice molto più di quanto sembri. Ride, stordisce, inquieta. E alla fine ti fa riflettere.
Guardatelo. Poi passate in farmacia e chiedete se hanno le goccine di corno di unicorno. Però chiedetelo sottovoce.
****½ Fa un po’ di tutto, anche se tutto quello che fa è bello ma inutile, un po’ come la matematica pura: magari non serve, ma è sublime.
Ecco le migliori frasi e citazioni di Death of a Unicorn.
Le migliori frasi e citazioni di Death of a Unicorn
Credo che non dovrei essere in pantaloncini in questo momento. Shepard
Belinda: Le congetture sono buone. Sulle congetture possiamo lavorare.
Shepard: No se restano delle congetture.
Un feedback fa sempre bene, non avere paura. Shepard
Vivremo per sempre. Odell
Quel corno era davvero bello grosso.
Non lo stiamo facendo per il nostro tornaconto ma per il bene del mondo.
Un po’ ingenua ma almeno dimostra un certo rigore intellettuale. Odell
Cosa cazzo succede? Stavo cercando di piangere! Shepard
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