Prima visione/Solo Dio perdona… Capito Baldini e Sabatini?
Julian (Ryan Gosling) ha una palestra di thai boxing a Bangkok e organizza incontri, ma è una copertura per traffici più loschi. Una sera, il fratello maggiore con cui gestisce gli affari esce. “Vado a incontrare il diavolo”. La sua serata finirà con lo stupro e l’assassinio di una prostituta sedicenne. Una volta giunto sul luogo del delitto, il poliziotto a capo delle indagini chiude in una stanza il padre – nonché magnaccia della ragazza – e l’assassino. Il fratello di Julian ne esce massacrato, il poliziotto taglia il braccio destro del padre come lezione per i suoi errori. Julian cerca l’omicida del fratello, ma rifiuta di ucciderlo una volta conosciuta tutta la storia. Sua madre, arrivata a Bangkok per recuperare il corpo del figlio, pretende comunque la sua vendetta. Il poliziotto è sulle loro tracce, il confronto tra i due mondi e due modi di cercare Giustizia non potrà essere indolore.
Solo Dio perdona è il film di Nicolas Winding Refn che segue il meraviglioso Drive. Qui siamo in tutto altro territorio anche se i punti cardinali del regista ci sono tutti: simbolismo, atmosfere rarefatte, violenza, un’esperienza a tratti onirica e lisergica, molto vicina a Valhalla Rising. Se Drive era un’elementare storia d’amore, Solo Dio perdona è un labirinto di pulsioni e un’indagine intorno agli istinti, la ricerca di un ordine morale, la perversione – o meglio l’aberrazione sessuale – come frutto (o premessa?) di un ambiente violento e malato. Julian cerca di penetrare il mondo che lo circonda ma sembra riuscirlo a fare solo attraverso le sue mani, che possono dare piacere a una donna o essere strumento di morte. Non c’e alternativa.
Le mani di Julian/Ryan Gosling cercano la strada nel mondo, e trovano sesso e morte. In tal senso all’epilogo non c’è via di uscita: se l’Uomo vuole avere una chance di esistenza, incapace di trovare un ordine, una morale, essere giusto, un dio della giustizia e della vendetta armato di katana, come riesce il suo rivale. Julian è corrotto anche dal rapporto edipico con una madre, interpretata da Kristin Scott Thomas, un personaggio che si candida a essere la madre di tutte le bitches viste sul grande schermo. Si narra che Refn, Gosling e la Thomas facessero a gara a tirare fuori le peggiori espressioni, le più volgari che potessero scioccare e rappresentare un mondo in disfacimento etico e morale.
Nella costruzione di un’opera tanto complessa – in cui ogni tratto di sceneggiatura va interpretato e letto solo nell’intero contesto della pellicola – un ruolo chiave ha il rosso sangue della fotografia che cola da quasi ogni angolo dello schermo e una Bangkok terra oltre la mappa, “hic sunt leones”. [spoiler] Stavolta Gosling è un perdente, un perdente contro i suoi istinti che faticosamente cerca di controllare nel suo bisogno di cercare Giustizia per gli atti che compie, per ciò che accade intorno a lui e a cui lui non riesce a opporsi. Un ruolo difficile soprattutto nell’equivoco rapporto madre-figlio. Nella scena più inquietante e disturbante di Solo Dio perdona, Julian guarda il corpo senza vita di sua madre, con un colpo di katana le apre il ventre e lentamente infila la sua mano, frugando nell’addome squarciato della genitrice alla ricerca del principio primordiale dell’esistenza, la prima casa. Credetemi, a una settimana dalla visione, non mi tornano in mente i corpi aperti in due o le teste spappolate, ma la mano di Julian che cerca qualcosa dentro la donna che gli ha dato la vita.
In tutto questo via vai di psicologia, ricerca di Dio, del principio della vita o semplicemente di una giustizia terrena implacabile e senza alcun senso di corruzione da parte di emozioni come la pietà ed esente completamente dalla necessità del perdono, resta ancor più sotto traccia il confronto di civiltà. Bangkok è popolata da un folto gruppo di esuli americani, che portano avanti il malaffare e la perversione lì dove puo essere ancora tollerata. Ma non da tutti: il poliziotto, con la sua vita regolare, la famiglia da cui torna tutte le sere, la passione per il karaoke sembra il prototipo del cavaliere incorruttibile, se non fosse per questo primordiale senso della giustizia che lo accompagna nascosto nel fodero della katana che porta sempre con sé. Il confronto tra Occidente e Oriente arriva sottotraccia, ma non è possibile evitarlo: noi incestuosi, corrotti e spietati, senza alcun senso della misura, loro alla ricerca di un senso superiore che travalichi le leggi di questa o quella morale. E nel confronto, malgrado la gioventù di Julian/Gosling e gli anni di servizio del poliziotto indonesiano, è proprio la bella faccia di Gosling ad avere la peggio. Che sia una profezia?
La battuta
Wanna fight? (Julian/Ryan Gosling)
***** A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…
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Sorrentino e Winding Refn nello stesso giorno e’ considerabile onanismo ? i vicini di poltroncina non si sono lamentati per i mugolii e qualche spruzzo, chi tace acconsente :V
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A onor del vero pure in Drive era un perdente. Faceva più simpatia senz’altro, magari.
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Io mi riferivo alla parte più becera: fare a botte. Me ricorderò male io ma in Drive spaccava i culi, qui le prende come se non ci fosse un domani
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ciao, e credo che quella sia una delle cose piu belle del film ( il fatto che le prenda…)
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sono molto daccordo
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ciao alessandra. visto stasera. x me capolavoro! bellissimo.
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non sono alessandra ma se prometti che torni puoi chiamarmi anche così 🙂
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ok ale55andra. però continua con il blog… mi piace. ciao.
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😙
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