Prima visione/Zero Dark Maya(lona)
Zero Dark Thirty è il nome in codice per l’ora più buia della notte, tra mezzanotte e mezzo e le quattro del mattino. Generalmente quando qui in Italia le cene eleganti si trasformano in orge, i senatori della repubblica sniffano cocaina, i governatori vanno a trans; oppure, quando mia figlia si sveglia all’improvviso urlando e non si capisce cosa cazzo vuole. È anche l’ora in cui i Navy Seals compiono i loro raid, come quando catturarono e uccisero Osama Bin Laden.
Da qualche anno molto interessata all’argomento terrorismo-Afghanistan-Iraq-11 settembre, Kathryn Bigelow ha preferito fare un film sulle indagini che hanno portato alla cattura del fondatore e capo di Al-Qaeda invece che investigare su ex primi ministri, senatori e governatori italiani o sulle turbe notturne di mia figlia. Che poi ho scoperto che c’è una band che si chiama La Fame di Camilla, pensa che fico avere in film intitolato L’insonnia di Camilla. Tant’e la Bigelow, che dopo essere stata sposata con James Cameron è probabilmente diventata lesbica, ha preferito fare un film su la donna che ha scoperto il rifugio di bin Laden, Maya, di seguito identificata con il nome in codice Mayalona, che oltre ad essere una ostinata, tenace, capace agente della Cia è anche un pezzo di fica clamoroso con volto, occhi e tette di Jessica Chastain. Sapete dove il film non funziona? Nessuno ci prova con Mayalona/Chastain. Tutti – agenti Cia, burocrati, terroristi – hanno accanto ‘sta gnocca spaziale e nessuno fa un apprezzamento, la invita a bere una birra o le propone di vedere un film porno. Niente. Sta lì e fa il suo lavoro. Immaginate in Italia? Nell’ufficio non avrebbe lavorato più nessuno e il capo avrebbe dovuto licenziarla e bacibaci, fine della storia, OBL ancora libero.
Aldilà di questo, la Bigelow fa le cose per bene. Gira un perfetto meccanismo cinematografico in bilico tra il racconto giornalistico e il documentario, con uno stile talmente naturale e teso da trascinarti dentro le nervature della storia, utilizzando addirittura nei veri black site usati dalla Cia per torturare e giocare ai Sims.
Il raid nel compound di bin Laden è esemplare: sappiamo tutti come sia andata, eppure saliamo le scale con i Navy Seals in attesa di cosa si nasconde dietro ogni angolo buio, per un momento ho pensato: “Sarà scappato?”. Alla fine sarà Mayalona a identificarlo, il che ti lascia pure il dubbio (il film sorvola sulla prova del dna che ha confermato l’identità). Del resto, sarebbe stato possibile da una che ha girato un film di fantascienza in cui Juliette Lewis appare come una rockstar strafiga. Magari far passare Jon Stewart per bin Laden.
Quello della Bigelow è un lavoro tanto accurato che non tralascia niente dei metodi usati dalla Cia per strappare informazioni ai terroristi. Qualche anno fa, chi scrive ha intrapreso una personale Via Crucis guardando i tantissimi film sull’argomento post 11 settembre. Perchè? Non lo so perché l’ho fatto, forse una scusa per guardare film iracheni prodotti dai turchi in Kurdistan. Zero Dark Thirty non è certo il primo che affronta l’argomento degli abusi e delle torture. Quello che disturba è che, in questo caso, la tortura ha funzionato. Gli americani si sono sentiti destabilizzati e ne sono scaturite una serie infinita di polemiche. Non lo puoi dire che la tortura funziona, non è politically correct. C’è una scena, in cui gli agenti Cia, i torturatori, ascoltano Obama che parla proprio di recuperare la leadership morale degli Usa nel mondo e il conseguente rifiuto dell’uso della tortura. Gli agenti Cia si guardano. Non sembrano sollevati. Credo che alle fonti, non ha fatto troppo piacere spiegare che hanno torturato un tizio per sei mesi e scoprire che ha detto un cumulo di cazzate solo per farla finita o peggio è morto. Moralmente Zero Dark Thirty ti mette alla prova e se alla Bigelow non danno la nomination come miglior regista, poco male: dovrebbero darle il Pulitzer. Credo non sia possibile girare un film più definitivo sull’argomento. Forse, tra cinque anni, qualcuno spiegherà che, prima di essere colpito a morte, bin Laden stava uscendo dal cesso e aveva appena cagato. Forse aveva il culo sporco o un pezzo di carta igienica era rimasto attaccato sotto la sua ciabatta. Probabilmente è l’unico dettaglio che si potrebbe aggiungere alla storia. Se vi piace questo genere di cose, fate voi. In Zero Dark Thirty c’è tutto. Pure la Mayalona. Bacibaci, fine della storia.
***** A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla…
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Ottimo resoconto, grazie. Ma rispetto a The Urt Locker com’è, secondo te?
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The hurt locker era un film che proponeva un’idea, una filosofia, sulla guerra e su chi la combatte, molto ben realizzato tecnicamente. Zero Dark Thirty è la storia di un inseguimento, un thriller spionistico. Dipende a te cosa piace di più. Sono due film sontuosi
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