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Visioni successive – The dangerous lives of the Vallanzasca boys

vallanzasca

Dentro al progetto artistico di Michele Placido c'è un approccio che mi sento di sostenere anche se, a volte, non lo condivido: è quello di fare un cinema aperto, capace di tutto, quasi un cinema industriale, che attraverso la pancia dell'artista porti in sala più persone possibile, anche raccontando storie di criminali che hanno ammazzato con le loro mani, o di poeti che si perdono sulle montagne per amarsi, basta che abbiano i gradevoli volti di un Accorsi o di una Morante.

È un cinema “americano”: credo nessuno si interroghi negli States sulla correttezza di un'operazione artistica che vuole raccontare le vicende di Dillinger o fare quasi un eroe di Don Vito Corleone. Da noi capita di trovare qualche sepolcro imbiancato che si erge a custode della pubblica morale artistica.

Così Michele Placido torna a raccontare storie di gangster, quasi un reboot di Romanzo criminale, considerando che il periodo storico è lo stesso. Ma, mentre il film sulla banda della Magliana era molto politico e tanto sull'Italia, questo Vallanzasca è un film che segue le vicende di una personalità che “non sono cattivo, ho solo un lato oscuro molto pronunciato”. Vallanzasca vive del suo protagonista e i guizzi talentuosi di un Kim Rossi Stuart in grandissima forma. Ma forse, è un po' anche il limite del film, un po' slegato, tra prodigiose scene di azione, montaggio veloce e mozzafiato, fotografia e costumi curatissimi, il battutismo del protagonista ma il suo girovagare tra violenza, indotta e praticata, è frutto di una personalità borderline, senza alcuna forza esemplare che racconti un qualcosa che vada al di là della sua stessa storia.

Non è una storia esemplare, non è una metafora di una cultura o di una società decadente, a parte il riferimento al corto circuito dei mass media di fronte a un tracimante Vallanzasca, quasi a rigirare l'accusa fatta a Placido di voler fare un eroe di un assassino: a vedere come sono trattati i media, sembra che l'attore/regista pugliese rivolga all'Italia questa accusa.

Così, slegato da qualsiasi altra considerazione “finale” su di un'interpretazione o un messaggio unico, Vallanzasca vive di alcune scene vigorose e potenti, due momenti strepitosi tra Timi/Enzo e Rossi Stuart/Renatino, la già citata messa in scena sontuosa. A me non sembra poco, in tempi di magra come quelli che viviamo.

3 e mezzo buono***½

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6 pensieri riguardo “Visioni successive – The dangerous lives of the Vallanzasca boys Lascia un commento

  1. Mi aspettavo un cagatone e invece mi è piaciuto moltissimo.
    Ci sono diverse scene stupende e addirittura alcune idee di regia notevoli!
    Kim Rossi Stuard fenomenale: la sua migliore interpretazione.

    Lo shock però è stato vedere sbucare all'improvvsio il roscio dei trailer di Maccio Capatonda!
    😀

    Valentina

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  2. Son d'accordo su tutto (aggiungerei che una visione del cinema come quella di Placido è sana e salutare… ne avessimo di più nel Belpaese), tranne su una cosa: io proprio sto Filippo Timi strafatto e fuori dalle righe con tanto di trip completamente fuori contesto, che spostano proprio il tono del prodotto filmico, insomma io sto folle con gli occhi spiritati a ogni costo (perché gli riesce bene, etc. etc.) proprio nun l'areggo! 🙂

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  3. Simile opinione la mia. Placido, pur non essendo tutto questo gran regista, fa i film a modo suo, riportando in vita un genere poco utilizzato in questi anni o se utilizzato, è fatto male. "Vallanzasca" è un gran bel film, forse troppo "americano" per stupire, ma buon segno per un certo tipo di cinema nostrano.

    Un Saluto.

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  4. D'accordo su tutto eccetto che su Timi, che trovo (anche questa volta) grufoloso e caricaturale…Insomma, non siamo a teatro, eccheccazz! Comunque un buon film su un personaggio di cui non si è girato mai nulla, che io sappia.
    Complimenti per il blog e i suoi toni: corro a metterti tra i miei link e ti aspetto sul mio "carrettino".
    Ciao
    Emmeggì

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