Visioni successive – L’autunno è soffocante, molto soffocante
Cosa c’è di meglio che creare delle regole espressive, infrangerle, assurgere a demiurgo del cinema e poi rinnegarsi per diventare il deus ex machina di una sorta di reality che si svolge in un piccolo ufficio sull’orlo di una crisi di nervi? È semplice solo superficialmente Il grande capo: dietro alla voglia, dichiarata, di giocare con le regole della commedia, si nasconde un grande affresco sul cinema, l’arte ed anche il sistema economico dei nostri giorni.
Un regista – Lars von Trier stesso –appare all’inizio del film (ed a più riprese) riflesso nei freddi vetri del palazzo dell’azienda, spiegando la sua intenzione di manipolare l’esistenza di uomini e personaggi e poi, ribaltarle ancora una volta, per dimostrare l’assoluta arbitrarietà dell’esistenza e strappare un sorriso; un attore, ingaggiato per fare la parte del “grande capo” dall’uomo che ne ha inventato uno per non avere sulla sua testa l’onere della corona, protagonista di una scrittura da poche ore e poche righe ma in cui leggere “molto di più di quello che c’è effettivamente scritto” mentre, invece, deve leggere solo quello che c’è scritto; un fantomatico scrittore di drammi, il luminare Gambini, “spazzacamino in un paese senza camini”; un gruppo di dipendenti vicini all’esaurimento nervoso, i cui briefing assomigliano a sedute di terapia di gruppo piuttosto che a riunioni aziendali; gli stessi personaggi, a turno, si elevano al rango di regista o di pubblico o di attori: Raun, il responsabile delle risorse umane, dirige l’attore/capo fantoccio per ottenere i suoi scopi grazie ai suoi cavilossimi contratti; Kristoffer, l’attore, spettatore delle riunioni di lavoro, a cui dà contributi suggeriti dal “suo grande capo” e che si infila, per il gusto di improvvisare, in una conversazione ispirata da un’email di cui si ignora il contenuto e che si conclude con una offerta di matrimonio che non aveva alcuna intenzione di fare; impiegate che fingono di interpretare segretarie compiacenti e finiscono compiacendo il grande capo. Sono i personaggi di una enorme commedia dell’assurdo in cui accade tutto ed il contrario di tutto ed in cui anche la forma espressiva aiuta questa gabbia di matti a comunicare qualcosa che va al di là della semplice e pura pazzia dei singoli (pazzia o idiozia? Ricordiamo “Idiots” dello stesso autore): il riferimento è ad Automavision, una tecnica di ripresa che delega al computer la scelta dei diaframmi, delle inquadrature, dei movimenti di macchina e così via. Un vero e proprio regista automatico, scelto da von Trier e che contribuisce allo spiazzamento dello spettatore: inquadrature “sbagliate”, luci assurde, voci fuori campo e montaggio televisivo. Ma, del resto, il pubblico non è in effetti il vero pubblico: sono gli attori stessi a rappresentarlo assistendo a quanto accade di fronte ai loro occhi nel normale orario di lavoro. Così, il regista danese si diverte a giocare a scacchi, muovendo tutti a proprio piacimento e per il proprio divertimento, come un dio dell’Antica Grecia.
E qui scendiamo nell’ultimo girone dell’inferno di von Trier: il sistema economico, con la coscienza così sporca da aver bisogno di un capro espiatorio di pennacchiana memoria per riuscire a sopravvivere alle difficili relazioni aziendali dei nostri giorni; con un capo fantoccio che alla fine, grazie alle procure, diventa il vero boss ed aliena l’azienda e causa la perdita del lavoro dei dipendenti. Sopravvivrà solo il brevetto, oggetto del desiderio e della ricchezza di tutti, alla faccia degli attori, del pubblico e dei dipendenti, a cui non resta che fare le valige. Voi ci avete capito qualcosa? Io forse sì, forse no ma come dice uno dei personaggi prima di sferrare un colpo al volto dell’attore/grandecapo/fandiunregistaalternativocomeGambini/padrepadronedell’aziendagrazieadunaprocura “l’autunno è soffocante, molto soffocante”, e giù botte. Fantastico! Io già inizio a sentire caldo…
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Pur amando Lars von Trier, IL GRANDE CAPO non mi è proprio piaciuto!
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A me questo mi è proprio piaciuto!!!
mi sono proprio divertita…
e poi quel finale che tiene tutti sulle spine.. stupendo!
OT: ho pubblicato una recensione su Zero – L’inchiesta sull’ 11 Settembre documentario presentato alla festa del cinema di Roma, e costretto all’autodistribuzione, perché film politicamente scomodo.
se ti va passa a dare un’occhiata e a scoprire tutte le bugie che ci hanno detto nella versione ufficiale.. ti aspetto!
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Accidenti, a me questo film ha proprio fatto infuriare… Talmente borioso e trasudante spocchia da offuscare anche i (teorici) momenti divertenti.
No no, Trier l’ha fatta fuori dal vaso, altroché..
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