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Frankenstein di Guillermo del Toro – Mostri, padri e cattivi maestri su Netflix

Netflix ha deciso di metterlo in catalogo il 7 novembre, dopo un “passaggio tecnico” in sala: due proiezioni contate, giusto per dire che sì, è uscito anche al cinema.

Peccato, perché il Frankenstein di Guillermo del Toro è tutto ciò che un televisore non riesce a contenere: un film da schermo enorme, da pelle d’oca e velluto, da luci che fanno rumore, colori che ti restano attaccati addosso come brividi.

Un’opera fortemente estetizzata, gonfia di valori produttivi altissimi, con costumi, scenografie e bare scolpite nel marmo come se il gotico fosse diventato una sfilata di Alexander McQueen.

Un film che non chiede di credere alla scienza, ma alla bellezza della messa in scena.

Del Toro e la sindrome del cattivo maestro

“Solo i mostri giocano a fare dio, barone”. Elizabeth

Come Mary Shelley nel 1818, Del Toro guarda la creatura non con orrore, ma con pietà per l’innocenza maleducata.

Solo che qui Victor è il vero mostro: manipolatore, narcisista, un influencer della conoscenza.

Nel romanzo i genitori erano amorevoli; nel film il padre (Charles Dance, il Tywin Lannister della biologia) è un iceberg di superbia.

Victor è cresciuto nell’assenza di empatia e ripete il ciclo: combatte la morte che ha portato via sua madre troppo presto, lasciandolo in balia di un genitore anaffettivo e finisce con creare la vita solo per disprezzarla.

Il tema della genitorialità attraversa tutto — dal padre affettivamente analfabeta al figlio che non sa amare il proprio “figlio”.

Del Toro insiste sulla responsabilità dell’insegnamento: Victor è un maestro tossico; al contrario Elizabeth e il vecchio non vedente incarnano l’altra educazione, quella che guarda, accoglie e insegna a nominare il mondo.

Sono loro, non il creatore, a far nascere la vera umanità del mostro.

Insomma: la creatura non diventa umana grazie alla scienza, ma grazie a chi gli parla come a un essere vivente.

Bello, bello, bello in modo assurdo

Il potere del racconto (e del racconto che cresce su se stesso)

“Il mio creatore vi ha raccontato la sua storia. Allora io vi racconterò la mia”

Il suo Frankenstein è un film che parla di come le storie ci plasmano, di come chi racconta diventa responsabile della creatura che genera.

Victor crea il mostro; Del Toro crea Victor; e noi, spettatori, continuiamo a crearli entrambi ogni volta che ne parliamo.

È un film che interroga il rapporto tra narrazione e destino, tra chi scrive e chi viene scritto.

E questa, nel linguaggio di Del Toro, è pura metacinema gotica: un film che ti dice “ogni volta che guardi un mostro, stai guardando il tuo autore”.

Non a caso una delle novità più importanti rispetto al romanzo è la presenza di due punti di vista nella narrazione: prima Victor (Oscar Isaac) racconta al capitano Anderson (Lars Mikkelsen) la sua storia, ma poi tocca alla “Creatura” dire la sua. Bipartisan come manco le campagne elettorali in Italia. 

Una crocifissione in salotto sta sempre bene

Il peso dei fantasmi pop: quando la mente va a Mel Brooks

(“Oh mio Dio, Schwanzstücker!”) 

E qui arriva il problema per noi cresciuti a Frankenstein Junior.

Impossibile non pensare alla moglie isterica, a Frau Blücher, alla Elizabeth di Mel Brooks e al vecchio cieco che offriva un sigaro.

Del Toro li cita involontariamente, ma noi li vediamo lo stesso.

Quando la creatura entra in casa del cieco, la nostra memoria collettiva vola a Gene Hackman.

È l’effetto generazionale di chi ha imparato l’orrore attraverso la parodia: ogni volta che qualcuno urla “È vivo!”, sentiamo la risata di Mel Brooks dietro l’angolo.

Colpa nostra, non del film, ma resta lì come una colonna sonora fantasma che ne indebolisce la tensione.

Dal libro al film: i cambiamenti (e le libertà)

”Voi condividete la mia pazzia. Forse non è un caso che vi stia raccontando la mia storia”.

Del Toro non tradisce Mary Shelley: la reinventa.

Sposta l’azione nel 1857, trasforma Victor in un villain mutilato, toglie un po’ di scienza e aggiunge più mito.

Cambia i rapporti familiari, fa morire la madre subito, e disegna Elizabeth come figura indipendente, emotiva, quasi allegorica.

E poi c’è la creatura-Wolverine, con rigenerazione e fisicità marmorea: un mostro bello, ferito, quasi pop-rock — metà statua, metà David Bowie, con una striscia blu sul volto che sembra uscita da Aladdin Sane.

Scelta concettuale forte, ma rischiosa: troppo glamour per far paura, troppo visiva per farti credere al dolore.

È la bellezza che divora l’orrore, il che, nel cinema di Del Toro, è quasi inevitabile.

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Cosa non funziona

-Una compagna… un altro mostro come te.
-Sì possiamo essere mostri insieme.

Per tutta la sua potenza visiva, Frankenstein resta un film che dice troppo e conclude poco.

Vuole parlare di genitorialità, scienza, anima, arte, potere, educazione, conoscenza — ma non sceglie mai il terreno su cui morire. Ma sopratutto dice cose che Del Toro ha sviluppato meglio in altre opere. Ma non solo: perfino Povere Creature è un “Frankenstein” migliore di questo.

La colonna sonora è schizofrenica, a tratti troppo giocosa, incapace di sostenere la tragedia.

È come se Del Toro avesse costruito una cattedrale gotica per raccontare un trauma familiare: la storia si perde tra le vetrate.

È un film bellissimo da guardare e difficile da sentire.

Il verdetto Coccinema™

🎬 Film: Frankenstein (Netflix, regia di Guillermo del Toro)

💀 Cosa resta: la meraviglia estetica, la cura maniacale, il dolore di un padre che non sa amare.

💡 Cosa manca: un cuore che batta da solo.

😂 Cosa riaffiora: Gene Wilder che urla “Seda-ti!” e il vecchio che versa la zuppa sulla mano del mostro.

👁️‍🗨️ Voto immaginario: 7 e mezzo scolpito nel marmo.

Del Toro ha fatto il suo Frankenstein: bello, barocco, gotico e autoanalitico.

Un film che ti insegna che anche il creatore, a volte, ha bisogno di un buon maestro.

E che la cosa più mostruosa di tutte resta sempre la nostalgia.

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Ecco le migliori frasi e citazioni di Frankenstein

Le migliori frasi e citazioni di Frankenstein

Io sono il frutto di un ossario. Un rottame messo insieme da rifiuti e scarti di cadavere. Un mostro. 

Le risposte arrivano solo se ottenute con la disobbedienza.

-Siete un mercante d’armi.
-Un realista. 

Non fingete di essere ragionevole ora. Sarebbe un vero peccato. 

Se la vita può essere rigenerata, non come atto divino ma con agenti chimici e fisici perché sussurrarlo?

Per la prima volta provai interesse per la vita e meno per la morte. 

 

Elizabeth: L’uomo di sotto è un paziente? È una vittima?
Victor: È stato il mondo a ferirlo, io gli ho dato la vita. 

Victor, è Intelligente? William

Non capisco cosa hai fatto ma ne percepisco l’importanza. 

Di tutte le parti che compongono quell’uomo qual è quella che contiene l’anima? William

Il cacciatore non odia il lupo e il lupo non odia la pecora. Forse è cosi che va il mondo. Vieni cacciato e ucciso solo perché sei quello che sei. Mostro

Perdonare. Dimenticare. La misura della vera saggezza. 

Io per te sono osceno ma io per me semplicemente esisto. 

Il miracolo non è che io riesco a parlare ma che tu riesca ad ascoltare. 

Victor: Posso salvarti.
William: Da cosa? Da te?

Sentirsi persi ed essere trovati: è questa la durata dell’amore.

Tu puoi essere il mio creatore ma da questo momento in avanti sarò il tuo padrone. 

-Che cosa cacciate?
-Prede grosse. 

Victor tu ascolti solo quando ti faccio male. 

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